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Misura di sicurezza: quando è legittima nel patteggiamento

La Corte di Cassazione ha stabilito che un giudice può imporre una misura di sicurezza, come la libertà vigilata, anche se non inclusa nell’accordo di patteggiamento. In un caso riguardante tre imputati, la Corte ha rigettato i loro ricorsi, ritenendo che la decisione del giudice di primo grado fosse legittima e sufficientemente motivata, basandosi sulla pericolosità oggettiva dimostrata dagli imputati attraverso la loro condotta criminale. La sentenza chiarisce che, se la misura di sicurezza non è oggetto di accordo, la sentenza è impugnabile per vizio di motivazione, ma in questo caso specifico, la motivazione, seppur concisa, è stata ritenuta adeguata.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misura di Sicurezza nel Patteggiamento: La Decisione della Cassazione

Il procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente noto come ‘patteggiamento’, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei processi penali. Tuttavia, sorgono spesso questioni complesse quando il giudice, nell’accogliere l’accordo, applica d’ufficio una misura di sicurezza non concordata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 5030 del 2024, fa luce proprio su questo punto, chiarendo i limiti del potere del giudice e le tutele per l’imputato.

I Fatti del Caso: Patteggiamento e Aggiunta Giudiziale

Il caso ha origine dalla decisione del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Nocera Inferiore. Tre imputati avevano concordato con il Pubblico Ministero l’applicazione di pene detentive (tutte nell’ordine dei 3 anni di reclusione) e pecuniarie. Il Giudice, nel ratificare l’accordo, applicava a tutti e tre gli imputati anche la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di un anno, ai sensi degli articoli 228 e 229 del codice penale.

Questa aggiunta non era stata oggetto di accordo tra le parti. Di conseguenza, i difensori degli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’applicazione di tale misura.

L’Impugnazione e la Posizione della Cassazione

I ricorsi, trattati congiuntamente per l’identità della tematica, hanno posto alla Suprema Corte due questioni principali: l’ammissibilità dell’impugnazione e la fondatezza delle censure mosse alla decisione del GIP.

Ammissibilità del Ricorso: Una Porta Aperta

La Corte ha innanzitutto chiarito un punto procedurale fondamentale. Generalmente, le sentenze di patteggiamento sono ricorribili per cassazione solo per motivi molto specifici (elencati nell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.). Tuttavia, la giurisprudenza delle Sezioni Unite ha stabilito che quando la misura di sicurezza non è stata concordata tra le parti ma imposta dal giudice, la sentenza è soggetta alle regole generali di impugnazione. Questo significa che l’imputato può lamentare non solo la violazione di legge, ma anche il vizio di motivazione (mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità). Su questa base, i ricorsi sono stati ritenuti ammissibili.

La legittimità della misura di sicurezza non concordata

Nonostante l’ammissibilità, la Corte ha ritenuto i ricorsi infondati nel merito. Gli Ermellini hanno affermato che il GIP ha agito correttamente. La legge (in particolare l’art. 229 c.p.) prevede l’applicazione della libertà vigilata per determinate soglie di pena, e il giudice ha semplicemente dato seguito a questa disposizione.

Le motivazioni della Corte

Il cuore della decisione risiede nella valutazione della motivazione fornita dal giudice di primo grado. La difesa lamentava una motivazione carente o illogica. La Cassazione, al contrario, ha ritenuto che la motivazione, seppur espressa in modo conciso, fosse sufficiente.

Il GIP aveva infatti spiegato che la misura di sicurezza si rendeva necessaria in considerazione dell'”obiettiva pericolosità dimostrata dagli imputati con il loro «agere» delittuoso”. Secondo la Suprema Corte, questo riferimento alla condotta criminale concreta è un fondamento adeguato per giustificare un giudizio di pericolosità sociale e, di conseguenza, l’applicazione della libertà vigilata. Non è quindi necessario un elaborato percorso argomentativo, purché il giudice ancori la sua decisione a elementi fattuali emersi dal procedimento.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio importante: nel patteggiamento, l’accordo tra accusa e difesa riguarda la pena, ma non preclude al giudice l’esercizio dei poteri che la legge gli attribuisce, come l’applicazione di una misura di sicurezza. Le conclusioni pratiche sono le seguenti:

1. Potere del Giudice: Il giudice non è un mero ratificatore dell’accordo, ma conserva il potere-dovere di applicare le misure di sicurezza quando ne ricorrano i presupposti di legge.
2. Onere di Motivazione: Se la misura non è concordata, il giudice ha l’obbligo di motivare la sua decisione, spiegando le ragioni del giudizio di pericolosità sociale. Una motivazione concisa ma ancorata ai fatti è sufficiente.
3. Tutela dell’Imputato: L’imputato può contestare tale decisione tramite ricorso per cassazione, facendo valere non solo la violazione di legge ma anche il vizio di motivazione, garantendo così un controllo di legittimità sulla decisione del giudice.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per l’applicazione di una misura di sicurezza non concordata?
Sì. La sentenza chiarisce che se la misura di sicurezza non era parte dell’accordo tra accusa e difesa, la sentenza può essere impugnata per cassazione anche per vizio di motivazione, secondo le regole generali (art. 606 c.p.p.), e non solo per i motivi limitati previsti per il patteggiamento (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.).

Il giudice è obbligato ad attenersi solo a quanto previsto nell’accordo di patteggiamento?
No. Il giudice, pur ratificando l’accordo sulla pena, mantiene il potere di applicare d’ufficio una misura di sicurezza se ne sussistono i presupposti legali, come una specifica previsione di legge legata all’entità della pena e un giudizio di pericolosità sociale dell’imputato.

Quale tipo di motivazione è sufficiente per il giudice per applicare una misura di sicurezza non concordata?
Secondo la Corte, è sufficiente una motivazione anche concisa, a patto che spieghi le ragioni del giudizio di pericolosità sociale. Nel caso di specie, il riferimento all'”obiettiva pericolosità dimostrata dagli imputati con il loro «agere» delittuoso” è stato ritenuto adeguato e sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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