Misura di Prevenzione: Quando un Ricorso è Troppo Generico per Essere Accolto
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i requisiti di specificità necessari per impugnare un provvedimento che applica una misura di prevenzione. Il caso analizzato riguarda un soggetto sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di cinque anni, a causa della sua ritenuta pericolosità sociale derivante da legami con un’associazione di stampo mafioso. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti indicazioni sui limiti della critica alla motivazione del giudice e sulla formulazione delle istanze difensive.
I Fatti del Caso
Il ricorrente si era opposto al decreto della Corte di Appello di Palermo, che aveva confermato la decisione di primo grado. Questa decisione imponeva una misura di prevenzione personale, ovvero la sorveglianza speciale per cinque anni, con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza e il versamento di una cauzione di cinquemila euro.
Nel suo ricorso alla Corte di Cassazione, il soggetto lamentava principalmente due aspetti: la carenza e la manifesta illogicità della motivazione con cui i giudici avevano valutato la sua attuale pericolosità sociale, e la mancata risposta alla sua richiesta di ridurre la durata della misura applicata. La difesa sosteneva che la decisione si basasse su elementi insufficienti per giustificare un provvedimento così afflittivo.
La Decisione della Corte e la Misura di Prevenzione
La Suprema Corte ha respinto completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, il motivo di ricorso era formulato in modo eccessivamente generico e indeterminato. Non contestava in modo puntuale gli elementi fattuali e giuridici posti a fondamento della decisione impugnata, ma si limitava a una critica generale senza individuare specifiche falle logiche o giuridiche nel ragionamento della Corte d’Appello.
La Valutazione della Pericolosità Sociale
La Cassazione ha sottolineato che la motivazione della Corte territoriale appariva, al contrario, logica e completa. La valutazione della pericolosità si basava su considerazioni puntuali relative a un’appartenenza al sodalizio mafioso protrattasi per un lungo periodo. La difesa aveva tentato di minimizzare la condotta, sostenendo che la condanna per associazione mafiosa fosse intervenuta solo di recente. Tuttavia, la Corte ha precisato che la nozione di “appartenenza” non richiede necessariamente la prova di una condotta partecipativa attiva e continuativa. Essa può essere desunta anche da altri fatti, come la commissione di reati aggravati dal metodo mafioso, che dimostrano la persistenza del legame con l’organizzazione criminale.
La Richiesta di Riduzione della Misura di Prevenzione
Anche la censura relativa alla mancata risposta sulla richiesta di riduzione della durata della misura di prevenzione è stata rigettata. La Corte ha spiegato che il silenzio del giudice su una specifica richiesta può essere giustificato se la richiesta stessa era, in origine, inammissibile. Nel caso di specie, già nell’atto di appello la richiesta di riduzione della durata era stata formulata in modo generico e privo di una sostanziale motivazione a supporto. Di conseguenza, i giudici non erano tenuti a fornire una risposta esplicita.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda sul principio fondamentale secondo cui un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere motivi specifici e non limitarsi a una critica generica del provvedimento impugnato. Non è sufficiente denunciare una presunta “illogicità” della motivazione, ma è necessario indicare con precisione quali elementi fattuali o passaggi logici del ragionamento del giudice siano errati o contraddittori.
In questo caso, il ricorso non ha superato tale soglia di specificità. La Corte ha ritenuto che la difesa si fosse limitata a contrapporre la propria valutazione a quella, ben argomentata, dei giudici di merito, senza però far emergere vizi concreti nel provvedimento. La motivazione della Corte d’Appello, fondata sulla lunga durata dell’appartenenza a un sodalizio mafioso e su altri reati satellite, è stata considerata sufficiente e coerente per giustificare sia l’applicazione della misura sia la sua durata quinquennale.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per la pratica legale: l’importanza della specificità e della concretezza nella redazione degli atti di impugnazione. Qualsiasi ricorso, specialmente in una materia delicata come quella delle misure di prevenzione, deve essere supportato da argomentazioni puntuali che attacchino specifici punti della decisione contestata. Le critiche generiche o la semplice riproposizione di argomenti già vagliati non sono sufficienti per ottenere un esame nel merito da parte della Corte di Cassazione. La decisione evidenzia inoltre come l’onere della motivazione per la difesa sia fondamentale sin dai primi gradi di giudizio: una richiesta formulata in modo generico in appello non può essere sanata o rivalutata in sede di legittimità.
Perché un ricorso contro una misura di prevenzione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi sono formulati in modo generico e indeterminato, cioè se non indicano in modo puntuale gli elementi giuridico-fattuali alla base della censura e si limitano a una critica generale della motivazione del giudice, senza evidenziare vizi specifici.
Cosa si intende per ‘appartenenza’ a un’associazione mafiosa ai fini di una misura di prevenzione?
Secondo la Corte, la nozione di ‘appartenenza’ a un sodalizio mafioso non implica necessariamente la dimostrazione di una condotta partecipativa attiva. Può essere motivata facendo riferimento ad altri fatti, come la commissione di reati con l’aggravante mafiosa, che dimostrano la persistenza del legame con l’associazione criminale.
Se il giudice non risponde a una richiesta specifica, il provvedimento è sempre illegittimo?
No. Secondo la sentenza, la mancata risposta a una richiesta può essere giustificata se la richiesta stessa era originariamente inammissibile. Se un’istanza, come quella di ridurre la durata di una misura, è formulata in modo generico e senza sostanziale motivazione già nel primo atto di appello, il giudice non è tenuto a fornire una risposta esplicita su di essa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2924 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2924 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ERICE il 07/05/1973
avverso il decreto del 05/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso il decreto della Corte di appello di Palermo che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale gli era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di 5 anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e l’imposizione di versare la somma di cinquemila euro a titolo di cauzione;
letta la memoria pervenuta via PEC in data 18/11/2024 a firma dell’avv. COGNOME difensore di fiducia di COGNOME
rilevato che, con l’unico motivo di ricorso, viene denunziata la carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine al giudizio di attuale pericolosità del proposto effettuato dalla Corte di merito, sul presupposto che esso sia stato fondato su elementi insufficienti ed eccependo la mancata risposta alla richiesta di ridurre la durata della misura di prevenzione;
ritenuto che il motivo sia generico per indeterminatezza, atteso che esso, a fronte di una motivazione che appare logicamente corretta e completa in ordine al giudizio di pericolosità (si vedano, in particolare, le puntuali considerazioni sviluppate a pag. 5 del provvedimento impugnato in relazione alla appartenenza al sodalizio mafioso, protrattasi per un tempo assai lungo), non indica, puntualmente, gli elementi giuridico-fattuali alla base della censura formulata, essendosi la Difesa limitata a sottolineare che la condotta per associazione mafiosa sia intervenuta solo recentemente, laddove la nozione di “appartenenza” al sodalizio non implica la dimostrazione di una condotta partecipativa e ben può essere motivata con il riferimento ad altri fatti, comunque realizzati, come nel caso qui esaminato, con l’aggravante mafiosa, commessi tra le due condanne per associazione mafiosa;
ritenuto che la mancata risposta alla richiesta di ridurre la durata della misura di prevenzione possa giustificarsi in ragione della sua originaria inammissibilità, in quanto formulata, con l’appello, in modo generico e senza sostanziale motivazione;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024.