Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7544 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 7544 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Tunisia il 12/09/1984
avverso la ordinanza del 05/12/2024 del Tribunale di L’Aquila visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; lette le conclusioni del difensore, avv. NOME COGNOME che ha chiesto di accogliere di motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale dell’Aquila rigettava l’appello cautelare proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari in sede, che aveva rigettato la sua istanza volta alla declaratoria di inefficacia della misura cautelare in carcere a lui applicata,pér i delitti di cui agli artt. 270-bis (capo a) e 414 cod. pen. (capo b).
Il Tribunale dava atto che l’ordinanza genetica del 13 giugno 2024 era stata impugnata con riesame e che il provvedimento di conferma del 4 luglio 2024 era stato annullato con sentenza del 15 ottobre 2024 della Corte di cassazione con rinvio limitatamente al capo relativo al reato di cui all’art. 270-bis cod. pen. (risultando per il resto il ricorso dell’indagato inammissibile).
Con l’appello, l’indagato aveva dedotto che il Giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto inalterato il quadro indiziario per il capo a), nonostante il provvedimento di annullamento della Corte di cassazione; che erroneamente erano stati ritenuti gravi gli indizi per il capo b), benché l’ordinanza genetica fosse stata adottata solo per il capo a); la erronea valutazione delle esigenze cautelari per il capo b).
Secondo il Tribunale, l’ordinanza genetica era stata emessa per entrambe le ipotesi delittuose, l’annullamento in sede di legittimità non determinava di per sé il venir meno del quadro indiziario e che infine le esigenze cautelari, alla luce del reato di cui al capo b), aggravato ex art. 270-bis.1 cod. pen. per condotte commesse via internet, non erano soggette alla disciplina di favore dell’art. 275, comma 2-bis cod. proc. pen., risultando comunque inidonee per la gravità delle condotte, misure meno afflittive, considerata anche la assenza di un domicilio idoneo.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Inefficacia ex art. 311, comma 5-bis cod. proc. pen. della misura cautelare e remissione in libertà.
La difesa aveva avanzato istanza de libertate, sostenendo che la misura cautelare era stata emessa solo per il reato di cui al capo a) e che dopo l’annullamento della Corte di cassazione per tale capo la stessa aveva perso di efficacia, per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza.
In ogni caso, la misura non poteva giustificarsi per il reato sub b) alla luce dei limiti edittali per esso previsti, che implicavano l’applicazione dei commi 2, 2-bis e 3 dell’art. 275 cod. proc. pen. (essendo incensurato, poteva beneficiare del beneficio sospensivo della pena e comunque aveva intenzione di scegliere riti alternativi) e del rito ex art. 168-bis cod. pen.
La misura è comunque divenuta inefficace in quanto è mancato il giudizio di rinvio nel termine di legge ex art. 311, comma 5-bis cod. proc. pen.
Tale vizio non è stato sollevato nel giudizio a quo in quanto i termini, non erano ancora scaduti e comunque è rilevabile d’ufficio.
2.2. Vizio di motivazione quanto alla esistenza dell’ordinanza genetica anche per il capo b).
L’affermazione sull’oggetto della misura cautelare è assolutamente incongrua e infondata, come è agevole rilevare dalla lettura del provvedimento (la misura è scelta solo sull’art. 270-bis cod. pen., in quanto il Giudice per le indagini preliminari fa riferimento all’art. 275, comma 3 cod. proc. pen., applicabile solo per il capo a e ritiene assolutamente non concedibile il beneficio sospensivo).
A rafforzare questa tesi e che quindi la Suprema Corte intendeva rimettere in libertà il detenuto è l’avviso ex art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Tutti gli argomenti sollevati dalla difesa sono stati completamente omessi.
2.3. Vizio di motivazione sulla conferma della misura per il capo b).
Tale reato non consente l’applicazione della misura cautelare (essendo imprevedibile e inverosimile l’applicazione di una pena superiore ai tre anni).
Non è richiesta la formulazione di domande per i riti alternativi.
2.4. Vizio di motivazione ex art. 275, comma 3-bis cod. proc. pen.
Il giudice era tenuto a indicare le ragioni che rendevano inidonea la misura domiciliare anche assistita dal controllo elettronico.
In modo incongruo si sostiene che non vi sia un domicilio idoneo, essendo il ricorrente residente in Italia dove era stato prelevato in sede di arresto.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale e la difesa hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in quanto tutti gli argomenti e le questioni esposti nel ricorso sono manifestamente infondati e taluni anche preclusi.
Come lo stesso ricorrente illustra, l’istanza de libertate era imperniata sulla tesi della inefficacia della misura cautelare derivante dall’annullamento della Corte di cassazione per il capo a) e sulla applicazione della misura cautelare solo per tale capo.
Il Tribunale ha ritenuto che la misura fosse ancora comunque efficace per l’altro reato, affrontando correttamente e adeguatamente tutti gli argomenti in questa sede reiterati.
Il ricorrente, infatti, non si confronta con la previsione per il capo b dell’aggravante ad effetto speciale ex art. 270-bis.1 cod. pen., che determintíVa sia, ex art. 278 cod. proc. pen., un quadro edittale superiore a quello previto per
il suddetto reato, sia ex art. 275, comma 3, cod. proc. pen. un regime cautelare più gravoso.
Anche la tesi che la misura genetica fosse limitata al solo capo a) è destituita di ogni fondamento.
La stessa sentenza della Corte di cassazione di annullamento, richiamata dalla difesa, dà atto delle due contestazioni cautelari: non solo il ricorrente aveva avanzato censure sulla gravità indiziaria anche per il capo b), ma la Corte di cassazione aveva affrontato tale motivo (ritenendolo aspecifico e manifestamente infondato).
E’ appena il caso di rammentare che la comunicazione ex art. 94, comma Iter disp. att. cod. proc. pen. viene data dall’autorità giudiziaria che pronuncia un provvedimento da cui “non consegue” la rimessione in libertà del detenuto.
La questione della perdita di efficacia della misura cautelare ex art. 311, comma 5-bis cod. proc. pen. non può essere sollevata in questa sede.
Non solo perché non dedotta nel precedente giudizio di merito, ma anche perché, applicando i principi in caso di tardivo deposito ex art. 309, comma 10, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 14 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216261), la questione andava sollevata nell’ambito del procedimento (nella specie incidentale) in cui l’evento si è verificato (Sez. 4, n. 33944 del 13/07/2023, Rv. 285223).
In ogni caso anche la dedotta inefficacia della misura appare priva di ogni fondamento, posto che la sentenza della Corte di cassazione di annullamento è stata depositata solo in data 14 gennaio 2025 (quindi ben oltre il deposito del ricorso). Il giudice del rinvio è infatti tenuto a decidere dalla ricezione degli at compresa la sentenza rescindente.
Quanto alle esigenze cautelari, è sufficiente richiamare quanto già illustrato sull’applicazione nella specie per il capo b) della doppia presunzione relativa ex art. 275, comma 3, cod. proc. pen. che rendono aspecifiche le critiche difensive.
Il Tribunale ha comunque anche rilevato la mancanza agli atti di un domicilio idoneo e tale dato non può essere colmato con produzioni in questa sede.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, GLYPH -tremila euro, in favore della Cassa delle ammende
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa del ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 31/011(2025.