Misura Cautelare per Traffico di Droga: La Cassazione Conferma il Carcere
L’applicazione di una misura cautelare, specialmente quella della custodia in carcere, rappresenta una delle decisioni più delicate nel corso di un procedimento penale, soprattutto quando riguarda un soggetto giovane e senza precedenti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo tema, confermando la detenzione per un giovane accusato di essere coinvolto in un ingente traffico di cocaina. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.
I Fatti del Caso: un Giovane Coinvolto in un Grosso Affare
Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Lecce che confermava la custodia in carcere per un giovane uomo. L’accusa era gravissima: l’acquisto di un notevole quantitativo di cocaina. Nello specifico, il ricorrente era stato osservato mentre consegnava la somma di 43.000 euro a un altro individuo, il quale era in possesso di quasi 12 kg di cocaina.
Nonostante la giovane età, lo stato di incensuratezza e il fatto che fosse dedito al lavoro, i giudici di merito avevano ritenuto necessaria la massima misura restrittiva della libertà personale.
Il Ricorso in Cassazione e le Motivazioni della Difesa
La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione delle norme che regolano le esigenze cautelari e l’adeguatezza delle misure (artt. 274 e 275 c.p.p.). Secondo il difensore, il provvedimento impugnato mancava di una motivazione autonoma e approfondita. In particolare, si contestava che non fosse stata adeguatamente valutata:
* La posizione del giovane, incensurato e al suo primo contatto con la giustizia.
* L’assenza di una concreta possibilità di reiterazione del reato.
* La mancata giustificazione dell’adeguatezza della misura carceraria, la più afflittiva di tutte.
In sostanza, la difesa chiedeva una valutazione più personalizzata e meno severa, tenendo conto delle caratteristiche individuali del suo assistito.
La Decisione della Cassazione sulla Misura Cautelare
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo “manifestamente infondato” e quindi inammissibile. I giudici supremi hanno ritenuto che la decisione del Tribunale di Lecce fosse immune da vizi logici o giuridici, fornendo una risposta chiara e pertinente a tutte le obiezioni della difesa.
La Gravità del Fatto come Indice di Pericolosità
Il punto centrale della motivazione della Cassazione risiede nella connotata gravità del fatto. La consegna di una somma così ingente (43.000 euro) a un soggetto che deteneva quasi 12 kg di cocaina è stata interpretata come la prova inequivocabile della capacità economica e della volontà di acquistare almeno un chilogrammo di sostanza stupefacente. Questo, secondo la Corte, non è un episodio isolato o marginale, ma dimostra l’inserimento del soggetto in un qualificato e notevole contesto di traffico di stupefacenti.
Da questa gravità oggettiva, i giudici hanno desunto, in modo non illogico, l’esistenza di un pericolo concreto e attuale di reiterazione della condotta.
Adeguatezza della Custodia in Carcere
Anche la scelta della misura più severa è stata ritenuta corretta. La Cassazione ha sottolineato che la custodia in carcere era giustificata dalla cogente necessità di impedire i contatti con il circuito criminale nel quale l’indagato si era evidentemente inserito. Qualsiasi altra misura meno restrittiva non sarebbe stata sufficiente a neutralizzare questo rischio. Infine, è stata esclusa la disparità di trattamento rispetto al coindagato, proprio in ragione dell’estrema gravità della condotta del ricorrente.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte si basano su un principio fondamentale: la valutazione delle esigenze cautelari deve partire dalla gravità oggettiva e dalle modalità specifiche del fatto contestato. In questo caso, l’entità della somma di denaro e del quantitativo di droga in gioco sono state considerate elementi talmente significativi da superare le considerazioni relative alla giovane età e all’assenza di precedenti penali. La Corte ha ritenuto che la condotta dell’indagato rivelasse una pericolosità sociale tale da rendere proporzionata e necessaria la misura della custodia in carcere, unico strumento idoneo a interrompere i legami con l’organizzazione criminale.
Le Conclusioni
Questa sentenza ribadisce come, in materia di reati di particolare gravità come il narcotraffico, la valutazione del pericolo di reiterazione possa essere strettamente ancorata alla natura stessa del fatto. L’essere incensurato o avere un lavoro stabile non costituiscono un salvacondotto automatico contro la misura cautelare più severa se le circostanze concrete del reato dimostrano un elevato livello di coinvolgimento e pericolosità. La decisione sottolinea l’importanza di recidere i contatti con l’ambiente criminale come obiettivo primario della misura cautelare.
Un giovane incensurato e lavoratore può essere sottoposto alla custodia in carcere?
Sì. Secondo la Corte, la gravità estrema del fatto, come il coinvolgimento nell’acquisto di un ingente quantitativo di droga, può giustificare la massima misura cautelare anche per un soggetto giovane e senza precedenti penali.
Perché la Corte ha ritenuto concreto il pericolo di reiterazione del reato?
La Corte ha dedotto il pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato dalla gravità del fatto stesso. Aver consegnato 43.000 euro per l’acquisto di cocaina dimostra, secondo i giudici, l’inserimento del soggetto in un qualificato e notevole contesto di traffico di stupefacenti.
Qual è la giustificazione per l’applicazione della misura più grave, ovvero la custodia in carcere?
La misura della custodia in carcere è stata ritenuta giustificata dalla “cogente necessità di impedire i contatti con il circuito criminale”, contatti che la condotta posta in essere aveva reso evidenti.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26808 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26808 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Albania il 06/02/2002
avverso la ordinanza del 18/03/2025 del Tribunale di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Lecce ha confermato l’ordinanza cautelare emessa il 7 marzo 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi con la quale è stata applicata a NOME COGNOME la custodia in carcere in relazione all’acquisto di un ingente quantitativo di sostanza stupefacente (cocaina).
Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del Proshka deducendo con unico motivo / inosservanza degli artt. 274 e 275 cod. proc. -t pen. e vizio della motivazione in relazione alla ritenuta attualità delle esigenze cautelari e alla adeguatezza della misura cautelare, non avendo la ordinanza fornito risposta esaustiva ai rilievi formulati dalla difesa in ordine alla necessari autonoma motivazione rispetto alla posizione del coindagato, tenuto conto della incensuratezza del giovanissimo ricorrente, alla sua prima esperienza con la giustizia e normalmente dedito al lavoro. Inoltre, non è stata individuata la concreta possibilità che il ricorrente reiteri il reato né giustificata l’adeguatezz della massima misura applicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Il Tribunale, senza incorrere in vizi logici e giuridici, ha risposto al pertinenti deduzioni difensive, escludendone il fondamento, sul rilievo della connotata gravità del fatto essendoil ricorrente stato visto consegnare la somma di 43.000 euro ad un soggetto, con il quale aveva realizzato un appuntamento, in possesso di 11,890 kg di cocaina, così dimostrando la sua disponibilità a pagare almeno un chilogrammo di cocaina, desumendo non illogicamente da tale fatto il suo inserimento in un qualificato notevole contesto di traffico di stupefacenti e, quindi, il pericolo concreto e attuale di reiterazione della condotta. Quanto alla adeguatezza della misura, la stessa è stata incensurabilmente giustificata dalla cogente necessità di impedire i contatti con il circuito criminale che tale condotta hanno consentito, altrimenti possibili, escludendo la disparità di trattamento con il coindagato in ragione della estrema gravità della condotta del ricorrente.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
4. Devono essere disposti gli adempimenti di Cancelleria di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
I- ter,
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 04/07/2025.