Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44718 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44718 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a Napoli il 16/2/1986 avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Roma in data 12/7/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni con le quali il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Roma ha accolto l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Roma che aveva sostituito la misura cautelare della custodia in carcere applicata a COGNOME in relazione al delitto di associazione per delinquere, con ruolo di
promotore organizzatore e per il delitto di estorsione, con quella degli arresti domiciliari, ripristinando la misura massima.
2.Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione COGNOME per mezzo dei difensori di fiducia, avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali, con un unico articolato motivo lamentano carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in punto di adeguatezza della sola misura carceraria a fronteggiare i pericolo di reiterazione del reato.
Secondo la difesa la motivazione del Tribunale del riesame sarebbe carente sia per ciò che concerne il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, non avendo il collegio cautelare considerato il rilievo difensivo GLYPH che rimarcava, come dato positivo, la collocazione cronologica delle condotte ( anno 2022) ed il tempo di sottoposizione dell’indagato al regime carcerario (otto mesi); sia perciò che concerne la ritenuta inadeguatezza della misura minore degli arresti domiciliari, a garantire le esigenze di social prevenzione.
Il Tribunale, sul punto, si sarebbe limitato a rimarcare la facile eludibilità delle prescrizioni imposte ricorrendo ad elementi come la connivenza di soggetti vicini alla famiglia dell’indagato o la consumazione del reato col mezzo del telefono, a parere della difesa non significativi.
Irrilevante sarebbe poi l’ulteriore elemento valorizzato dal riesame e cioè la vicinanza dell’abitazione dell’indagato rispetto ai luoghi in cui sono stati commessi i reati, posto che il COGNOME potrebbe essere monitorato con l’applicazione del braccialetto elettronico.
In data 21/10/2024 la difesa ha depositato una nota di produzione documentale con allegati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi aspecifici. Ed invero, la mancanza di specificità del motivo, dalla quale, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), c.p.p., deriva l’inammissibilità, si desume dalla mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione.
Va anzitutto rilevata l’intempestività della nota di produzione documentale intervenuta il 21/10/2024, decorsi cinque giorni prima dell’udienza.
Va poi osservato che la decisione del giudice di appello, è vincolata oltre che dall’effetto devolutivo proprio di questo tipo di impugnazione, per cui la sua cognizione non può superare i confini tracciati dai motivi, anche dalla natura del provvedimento impugnato, che è del tutto autonomo rispetto all’ordinanza
impositiva della misura. Il giudice, non è tenuto a riesaminare la questione della sussistenza delle condizioni di applicabilità della misura stessa, ma solo a stabilire se il provvedimento gravato sia immune da violazioni di legge ed adeguatamente motivato in relazione all’eventuale allegazione di fatti nuovi, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare il quadro probatorio o ad influire sull’esigenza della misura cautelare, fermo restando il dovere, in ogni caso, e cioè anche indipendentemente da qualsiasi sollecitazione dell’interessato, di revocare immediatamente la misura allorché ne siano venute meno le condizioni di applicabilità ( Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Rv. 266676).
Fatta questa premessa, rileva il collegio che il Tribunale del riesame si è attenuto a tali coordinate ermeneutiche vagliando l’ordinanza del Giudice dell’Udienza preliminare che aveva sostituito la misura carceraria senza considerare che non erano intervenuti elementi di novità tali da far ritenere attenuate le esigenze cautela ri.
Contrariamente a quanto si assume nel ricorso, l’ordinanza impugnata ha reso un’esaustiva motivazione con la quale il ricorrente non si confronta in termini di puntualità censoria. I giudici cautelari hanno rimarcato che il tempo trascorso è elemento, ex se, inidoneo a modificare il giudizio sulla persistenza delle esigenze cautelari (Sez. 4, n. 5700 del 02/02/2016, Rv. 265949; Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2018, Rv. 273139), per cui in accoglimento del ricorso del P.M. ha ripristinato la misura carceraria originariamente applicata al ricorrente, indagato per i delitti di associazione per delinquere finalizzata ad una serie di truffe in danno di persone anziane ed estorsione, evidenziando la carenza motivazionale del provvedimento del Giudice dell’Udienza preliminare che aveva sostituito la misura carceraria con gli arresti domiciliari, pur in assenza di elementi di novità tali da far ritenere attenuate le originarie esigenze di tutela della collettività.
Il Tribunale, poi, ha evidenziato che il Giudice, erroneamente, aveva valutato l’accesso al rito abbreviato come elemento positivo ai fini della attenuazione delle esigenze cautelari. Questa Corte, in relazione al trattamento sanzionatorio ed in particolare alla applicazione delle circostanze attenuanti generiche (ma il principio è esportabile anche con riferimento al tema della cautela), ha affermato che, Via valutazione premiale di tale scelta è già posta a fondamento del riconoscimento della diminuzione di pena prevista per il rito alternativo e non può dar luogo a due distinte determinazioni favorevoli per l’imputato ( Sez. 3, n. 17537 del 01/04/2008, Rv. 240394) dovendosi qui aggiungere che trattasi di una scelta che attiene a logiche difensive di merito e che nulla aggiunge al quadro cautelare.
Il Tribunale ha poi significativamente rimarcato, per dimostrare la inidoneità degli arresti domiciliari sia pure con le prescrizioni accessorie disposte dal Giudice dell’Udienza preliminare, a prevenire il pericolo di reiterazione del reato, le modalità operative dell’azione, il ruolo apicale svolto da COGNOME e la rete di collegamenti con soggetti estranei alla rete familiare che gli garantivano il contatto con i sodali, si tratta di circostanze che il ricorrente cerca di confutare con argomenti già sottoposti all’esame del collegio cautelare che quest’ultimo ha superato con motivazione tutt’altro che carente o illogica.
Non è un fuor d’opera infatti motivare sull’attualità di un pericolo di reiterazione dei reati avendo riguardo alle modalità delle condotte, affermando che l’attualità non è venuta meno nel tempo, a fronte della commissione di plurimi reati di rilevante gravità (associazione per delinquere finalizzata alle truffe ed estorsione) posti in essere con continuità nel periodo di osservazione e con modalità omogenee, tenuto conto altresì del ruolo apicale ricoperto dal COGNOME la cui rete di contatti potrebbe consentire, a fronte di specifici episodi pertinentemente richiamati nel provvedimento impugnato, l’elusione delle prescrizioni imposte Così argomentando, il Tribunale ha ritenuto che il presupposto dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato fosse già esistente al momento dell’applicazione della misura e costantemente persistente nel tempo; cosicché risulta corretta l’affermazione, contenuta nell’ordinanza impugnata, relativa alla stabile sussistenza di esigenze cautelari tali da imporre il ripristino della custodia in carcere senza che siano intervenuti elementi di novità.
Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 25/10/2024