Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46814 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46814 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 29/11/1956 avverso l’ordinanza emessa il 10/06/2024 dal Tribunale del riesame di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 10 giugno 2024 il Tribunale del riesame di Napoli confermava il rigetto della richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata a NOME COGNOME disposta dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli il 4 giugno 2024, con quella degli arresti domiciliari, presentata nell’interesse dell’indagato, ai sensi dell’art. 29 cod. proc. pen.
L’indagato, in particolare, risultava sottoposto al regime della custodia cautelare in carcere, del quale si invocava la sostituzione, per effetto dell’ordinanza genetica emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli nei suoi confronti, quale concorrente esterno del Clan NOME COGNOME e del Clan COGNOME, entrambi attivi nell’area metropolitana di Napoli, ai cui esponenti forniva informazioni riservate, acquisite nella sua veste professionale di autista giudiziario.
Nel confermare il provvedimento impugnato, il Giudice dell’appello richiamava preliminarmente la decisione intervenuta ex art. 309 cod. proc. peri., evidenziando che, rispetto a tale pronunzia, non erano stati acquisiti elementi di novità processuale, valorizzabili, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., in senso conforme alla richiesta dell’indagato, finalizzata a ottenere la rivalutazione del compendio indiziario acquisito nel corso delle indagini preliminari e la concessione del regime degli arresti domiciliari, eventualmente da svolgersi in un’area diversa da quella di provenienza del ricorrente, individuata nel Comune di Venafro.
Sulla scorta degli elementi indiziari che erano già stati valutati sfavorevolmente nel senso evidenziato, il Tribunale del riesame di Napoli confermava il giudizio di gravità indiziaria e di pericolosità social precedentemente formulato nei confronti di COGNOME rilevando che, rispetto all’originario vaglio cautelare, non erano emersi elementi di novità processuali, non rilevando, in tal senso, l’intervenuto pensionamento del ricorrente, avvenuto nel dicembre del 2023.
Non si riteneva, in ogni caso, possibile la rivalutazione del compendio indiziario acquisito, che imponeva di ribadire l’elevato disvalore delle condotte illecite del ricorrente, che si collegavano a due consorterie camorristiche particolarmente invasive, che, da tempo, erano attive nell’area metropolitana partenopea.
Si escludeva, infine, che costituisse un elemento di novità processuale, rilevante in senso favorevole a COGNOME, il decorso del tempo rispetto ai fatti di reato oggetto contestati e la sua disponibilità a trasferirsi provvisoriamente in
un’altra area geografica. Tali elementi, infatti, assumevano una connotazione cautelare neutrale, in assenza della prova dell’effettiva attenuazione della condizione di pericolosità sociale dell’indagato, non riscontrabile nel caso in esame.
Ricostruita in questi termini la vicenda processuale, il Tribunale del riesame di Napoli confermava l’ordinanza impugnata.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME, ricorreva per cassazione, articolando promiscuamente un’unica censura difensiva.
Con tale doglianza si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, in riferimento all’art. 274 cod. proc. pen., per non avere il Tribunale del riesame di Napoli dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano il mantenimento del regime cautelare carcerario, a fronte del significativo lasso di tempo trascorso dai fatti di reato contestati a COGNOME, che, in assenza di un processo di attualizzazione della custodia cautelare applicata, non riscontrabile nel caso di specie, non legittimava l’adozione del provvedimento censurato.
Si deduceva, al contempo, che il Tribunale del riesame di Napoli, pur richiamando formalmente i parametri che consentivano di ritenere immutato il quadro cautelare, aveva eluso il tema censorio sottoposto al suo giudizio, costituito dalla valutazione dell’idoneità del regime degli arresti domiciliari, svolt in una località distante dal /ocus commissi delicti, indicata nel Comune di Venafro, ad attenuare le esigenze restrittive relative alla posizione di COGNOME, anche tenuto conto del suo intervenuto pensionamento, avvenuto nel corso del 2023.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Osserva preliminarmente il Collegio che sulla posizione di NOME COGNOME si è formato un ‘giudicato cautelarerper effetto del quale la revoca dell’ordinanza restrittiva applicata nei suoi confronti è possibile soltanto in conseguenza del sopraggiungere di elementi di novità processuale, di portata tale da potere indurre il giudice dell’appello, ex art. 310 cod. proc. pen., a una rivalutazione in senso favorevole al ricorrente.
Nel valutare eventuali elementi di novità occorre tenere presente che la possibilità di sostituire la custodia in carcere con una misura meno afflittiva, nel caso di attenuazione delle esigenze cautelari, impone una verifica, da parte del giudice sul permanere delle condizioni che hanno determinato l’originaria limitazione della libertà personale. Questo principio – che governa l’aspetto dinamico della vicenda cautelare disciplinato dall’art. 299 cod. proc. pen., certamente rilevante nel caso di NOME Rizzo – comporta che l’adeguatezza del provvedimento restrittivo deve essere valutata non soltanto in occasione dell’applicazione della misura coercitiva genetica, ma anche ai fini del suo mantenimento (tra le altre, Sez. 5, n. 45840 del 14/06/2018, M., Rv. 274180 01; Sez. 6, n. 32412 del 27/06/2013, Cosentino, Rv. 255751 – 01; Sez. 1, n. 45379 del 27/10/2004, COGNOME, Rv. 231025 – 01).
Ne discende che, nella verifica di questo aspetto dinamico della vicenda cautelare, governato dal combinato disposto degli artt. 275, 299 e 310 cod. proc. pen., occorre considerare il sopraggiungere di eventuali elementi di effettiva novità processuale, che dovranno essere valutati alla luce della giurisprudenza di legittimità, da tempo consolidata, secondo cui l’istanza di revoca o di modifica «della misura cautelare non può trovare adito allorché si fonda su censure che investono quegli stessi elementi indiziari posti a base dell’ordinanza applicativa della misura cautelare, e questi risultano immutati nella loro valenza e gravità in quanto, nelle sedi di esame dell’istanza di revoca e dell’appello avverso il provvedimento di diniego, avuto riguardo ara formulazione dell’art. 299 cod. proc. pen., possono essere oggetto di valutazione solo fatti nuovi “anche” se apprezzati congiuntamente a quelli originariamente esaminati, dai quali risulti un mutamento “in melius” del quadro indiziario, e non gli stessi elementi già apprezzati anche in sede di riesame» (Sez. 6, n. 14300 del 04/02/2014, COGNOME, Rv. 259450 – 01).
3. Tanto premesso, deve rilevarsi che l’assunto difensivo, secondo cui il Tribunale del riesame di Napoli non aveva dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano il mantenimento del regime carcerario nei confronti di NOME COGNOME a fronte del lasso di tempo trascorso dai fatti di reato contestati e del mutamento della sua condizione professionale, conseguente al suo pensionamento, è smentito dalle emergenze processuali.
Osserva il Collegio che tenuto conto della gravità della contestazione elevata al ricorrente – riguardante il concorso esterno posto in essere nei confronti del Clan NOME COGNOME e del Clan COGNOME, entrambi attivi e radicati nell’area metropolitana partenopea, ai cui esponenti forniva informazioni riservate, acquisite nella sua veste professionale di autista giudiziario – e delle sue
I
condizioni soggettive, gli elementi acquisiti non consentivano di ritenere superato il giudizio di elevata pericolosità sociale formulato in sede di applicazione della misura cautelare genetica e imponevano di ritenere immutata la posizione dell’indagato.
Né può rilevare in senso favorevole a COGNOME il lasso di tempo trascorso dalla commissione del delitto oggetto di contestazione, nel valutare il quale occorreva considerare l’estrema gravità delle condotte illecite ascritte al ricorrente, che intratteneva rapporti privilegiati con gli esponenti di vertice del Clan NOME COGNOME e del Clan COGNOME, resi incontroversi dall’attività di procacciamento di notizie riservate svolta dall’indagato e dalla sua partecipazione a riunioni riservate dei due consessi camorristici.
Non può, in proposito, non rilevarsi che il mero decorso del tempo, in assenza di elementi di novità processuale incidenti sulla posizione cautelare di COGNOME, rende irrilevante il profilo cronologico dedotto, che non può assumere rilievo, di per sé solo, in assenza di un’attenuazione delle esigenze cautelari, che deve essere esclusa per il ricorrente, tenuto conto delle condotte illecite in esame e della notevole pervasività delle consorterie camorristiche nell’interesse delle quali venivano commesse, come detto, storicamente presenti nell’area metropolitana napoletana.
Su questo profilo censorio, dunque, il percorso argomentativo seguito dal Tribunale del riesame di Napoli rispetto del compendio indiziario risulta pienamente conforme alla giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui «l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal solo decorso del tempo di esecuzione della misura o dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni, dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare» (Sez. 2, n. 1858 del 09/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258191 – 01).
3.1. Deve, per altro verso, evidenziarsi che, al contrario di quanto dedotto dalla difesa di NOME COGNOME il Tribunale del riesame di Napoli ricostruiva correttamente la posizione cautelare del ricorrente, attualizzandola sulla base delle emergenze processuali antecedenti e susseguenti all’adozione del provvedimento restrittivo genetico e formulando un giudizio sulla pericolosità sociale dell’indagato pienamente rispettoso del compendio indiziario acquisito nel corso delle indagini preliminari, che veniva richiamato con argomentazioni assolutamente pertinenti.
Non può, in proposito, non ribadirsi che l’elevato disvalore delle condotte illecite contestate a COGNOME imponeva di ritenere altamente pericolosi i comportamenti criminosi oggetto di vaglio cautelare, relativi ai suoi rapporti di
contiguità criminale con due consorterie camorristiche radicate, da decenni, nel territorio partenopeo, rendendo congruo il giudizio formulato dal Tribunale del riesame di Napoli sull’adeguatezza del regime carcerario a contenere il rischio di recidiva dell’indagato, adeguatamente valutato alla luce delle emergenze indiziarie, che non consentivano la concessione degli arresti domiciliari in assenza di un’attenuazione della sua condizione di pericolosità.
Le condotte illecite del ricorrente, dunque, venivano ritenute pericolose e connotate da persistente attualità, rendendo ineccepibile il giudizio formulato dal Giudice dell’appello sull’adeguatezza del regime carcerario a contenere il rischio di recidiva di COGNOME, anche alla luce dell’assenza di sintomi di resipiscenza del suo vissuto criminale, rispetto ai quali non assumeva un rilievo favorevole l’intervenuto pensionamento del ricorrente, avvenuto nel corso del 2023, che non permetteva l’attenuazione del regime cautelare patito dal ricorrente e la sua sostituzione con la misura degli arresti domiciliari, ritenuta inadeguata a contenere l’indole particolarmente pericolosa dei comportamenti collusivi dell’indagato.
Non appaiono, quindi, pertinenti i richiami difensivi all’attenuazione della pericolosità sociale di COGNOME, asseritamente riscontrabile nel caso in esame, che non può essere superata dal solo elemento, peraltro estrinseco, costituito dalla possibilità di eseguire gli arresti domiciliari in un luogo lontano rispetto a quell dove il fatto è stato commesso, indicato dal ricorrente nel Comune di Venafro, tenuto conto del collegamento collusivo del ricorrente con le consorterie camorristiche alle quali era contiguo.
Tali richiami, a ben vedere, appaiono impropri, oltre a non confrontarsi con il percorso argomentativo seguito dal Tribunale del riesame di Napoli, che ribadiva, con argomenti- ineccepibili, l’estrema pericolosità del ricorrente, alla luce della sua posizione di concorrente esterno, valutata nel rispetto della giurisprudenza consolidata di questa Corte, che la difesa del ricorrente avrebbe dovuto correlare alla sua condizione di mutata pericolosità, secondo cui «assume il ruolo di “concorrente esterno” il soggetto che, non in serito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell’ “affectio societatis”, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima» (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231671 – 01).
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente di rigettare il ricorso proposto da NOME COGNOME con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si manda, infine, alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter cod. proc. pen.
Così deciso il 21 novembre 2024.