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Misura cautelare: quando il ricorso è infondato

La Cassazione ha respinto il ricorso contro un’ordinanza di misura cautelare in carcere per estorsione e spaccio. I giudici hanno ritenuto infondati i motivi relativi a vizi procedurali, come la mancata trasmissione di atti e il negato accesso alle intercettazioni, e hanno confermato la sussistenza dei gravi indizi e l’adeguatezza della misura applicata.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misura Cautelare: la Cassazione delinea i confini del ricorso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19631/2024, è intervenuta su un caso complesso relativo all’applicazione di una misura cautelare in carcere, offrendo chiarimenti cruciali sui motivi di ricorso e sui poteri del Tribunale del Riesame. La pronuncia analizza diversi aspetti procedurali, dalla trasmissione degli atti alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, fino ai criteri di scelta della misura più afflittiva.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva sottoposto alla custodia cautelare in carcere in quanto gravemente indiziato per una serie di reati, tra cui estorsione, tentata estorsione e traffico di sostanze stupefacenti. L’ordinanza restrittiva si basava su denunce delle persone offese, riconoscimenti fotografici e risultati di intercettazioni telefoniche. Secondo l’accusa, l’indagato, agendo in concorso con il padre, avrebbe partecipato ad azioni estorsive per recuperare i crediti derivanti da un’attività di spaccio.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha impugnato l’ordinanza del Tribunale del Riesame, che aveva confermato la misura, articolando cinque distinti motivi di ricorso:

1. Vizio procedurale: La mancata trasmissione di atti fondamentali (querele, individuazioni fotografiche, decreti di intercettazione) al Tribunale del Riesame avrebbe dovuto comportare la perdita di efficacia della misura.
2. Violazione del diritto di difesa: L’impossibilità di accedere ai supporti informatici delle intercettazioni, a causa di un provvedimento di ritardato deposito autorizzato dal GIP, avrebbe leso il diritto di difesa.
3. Insussistenza dei gravi indizi: La difesa contestava il valore probatorio delle querele e delle intercettazioni, ritenendole insufficienti a configurare un quadro indiziario solido.
4. Inadeguatezza della misura: Mancata motivazione sulla scelta della custodia in carcere rispetto a misure meno gravose, come gli arresti domiciliari con controllo elettronico.
5. Difetto di autonoma valutazione: Il GIP si sarebbe limitato a un ‘copia-incolla’ della richiesta del Pubblico Ministero, senza procedere a una critica e autonoma valutazione degli elementi.

La Decisione della Suprema Corte: la misura cautelare è legittima

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo tutti i motivi infondati o inammissibili. La sentenza conferma la legittimità della misura cautelare applicata e fornisce importanti principi di diritto applicabili in casi analoghi.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto le censure difensive con un’articolata motivazione.

Sulla trasmissione degli atti: I giudici hanno chiarito la distinzione tra ‘mancata trasmissione’ e ‘trasmissione difettosa’. Nel caso di specie, un problema tecnico del sistema telematico (TIAP) aveva impedito il corretto caricamento di alcuni allegati. Non si trattava di un’omissione volontaria del PM, ma di un incidente tecnico. In tali circostanze, il Tribunale del Riesame ha il potere di ordinare l’acquisizione degli atti mancanti, senza che ciò determini l’automatica inefficacia della misura. Ciò che conta è che la decisione venga presa entro i termini di legge.

Sull’accesso alle intercettazioni: La Corte ha sottolineato che l’onere di provare la richiesta di accesso ai supporti informatici grava sulla difesa. Il ricorrente si era limitato a eccepire genericamente la violazione del diritto di difesa, senza dimostrare di aver effettivamente presentato un’istanza al PM per ottenere le registrazioni. In assenza di tale prova, nessuna nullità può essere eccepita.

Sui gravi indizi di colpevolezza: Il ricorso è stato giudicato inammissibile su questo punto, poiché tendeva a una rivalutazione dei fatti, preclusa in sede di legittimità. La Cassazione può solo verificare la logicità e la coerenza della motivazione del giudice di merito. In questo caso, il Tribunale del Riesame aveva adeguatamente argomentato, fondando la propria decisione su elementi convergenti: le denunce, le univoche individuazioni fotografiche e le intercettazioni telefoniche.

Sulla scelta della misura cautelare: La motivazione del Tribunale è stata ritenuta congrua. La scelta della custodia in carcere era giustificata dalla gravità delle condotte, inserite in un contesto di intimidazione e violenza, e dalla personalità dell’indagato, gravato da precedenti specifici. La valutazione di assoluta inadeguatezza degli arresti domiciliari, secondo la Corte, assorbe e rende implicito il giudizio di inidoneità anche della stessa misura con braccialetto elettronico.

Sul difetto di valutazione autonoma: Anche questo motivo è stato giudicato generico. Per denunciare la nullità per ‘copia-incolla’, non basta indicare la somiglianza formale tra richiesta del PM e ordinanza del GIP. La difesa deve specificare quali aspetti critici non sarebbero stati vagliati e come una valutazione autonoma avrebbe potuto condurre a una decisione diversa. Una critica generica si risolve in una mera contestazione della motivazione, non in una valida eccezione di nullità.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce il rigore con cui la Corte di Cassazione valuta i ricorsi in materia di misure cautelari. Emerge con chiarezza che i vizi procedurali, per essere rilevanti, devono essere specifici, provati e avere un’incidenza concreta sulla decisione. La distinzione tra trasmissione omessa e difettosa protegge l’efficacia delle misure da meri incidenti tecnici, mentre l’onere della prova in capo alla difesa per l’accesso agli atti rafforza la necessità di un’azione difensiva proattiva. Infine, la pronuncia conferma che la censura sulla scelta della misura e sulla valutazione degli indizi non può tradursi in una richiesta di un nuovo giudizio di merito, ma deve limitarsi a evidenziare vizi logici manifesti o violazioni di legge.

Un errore tecnico nella trasmissione degli atti al Tribunale del Riesame causa la perdita di efficacia della misura cautelare?
No. La Corte di Cassazione distingue tra ‘omessa trasmissione’, che può causare l’inefficacia, e ‘trasmissione difettosa’ dovuta a problemi tecnici. In quest’ultimo caso, il Tribunale può disporre l’acquisizione degli atti mancanti senza che la misura perda efficacia.

È sufficiente lamentare la mancata valutazione autonoma del GIP per annullare un’ordinanza cautelare?
No. Non basta affermare che il giudice ha usato la tecnica del ‘copia-incolla’. La difesa deve dimostrare in modo specifico quali aspetti non sono stati valutati criticamente e come una valutazione autonoma avrebbe portato a una conclusione diversa. Una doglianza generica è inammissibile.

A chi spetta l’onere di provare la richiesta di accesso alle registrazioni delle intercettazioni?
Spetta alla difesa. Secondo la sentenza, il difensore che lamenta la violazione del diritto di difesa per mancato accesso ai supporti informatici delle intercettazioni deve provare di aver formulato una tempestiva istanza al pubblico ministero e che questa sia stata omessa o ritardata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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