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Misura cautelare: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due soggetti destinatari di una misura cautelare in carcere per traffico di un ingente quantitativo di cocaina. La Corte ha stabilito che la mancata trasmissione di alcuni atti al Tribunale del riesame non invalida la misura, se non viene provata la loro decisività. Inoltre, ha confermato che il ritrovamento di quasi 20 kg di droga costituisce un grave indizio di colpevolezza e che, per l’aggravante dell’ingente quantità, non è necessaria una perizia tossicologica in fase cautelare.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misura Cautelare per Droga: La Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6581/2025, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi contro una misura cautelare. Il caso riguardava due persone arrestate per il trasporto di un ingente quantitativo di cocaina. La Corte ha respinto i loro ricorsi, ritenendoli inammissibili e manifestamente infondati, consolidando principi chiave in materia di trasmissione degli atti al Tribunale del riesame, valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e contestazione dell’aggravante dell’ingente quantità.

I Fatti del Caso

Due individui venivano sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere dal Giudice per le Indagini Preliminari, con l’accusa di traffico di sostanze stupefacenti. Nelle rispettive auto, che viaggiavano in stretta successione, venivano rinvenuti quasi 20 kg di cocaina (circa 9,8 kg in una e 10 kg nell’altra), abilmente occultati in un vano sotto il cambio. Gli indagati, tramite il loro difensore, proponevano istanza di riesame al Tribunale competente, che però confermava il provvedimento restrittivo. Contro tale ordinanza, veniva proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi principali: un vizio procedurale, la carenza di gravi indizi di colpevolezza e l’illegittima contestazione dell’aggravante dell’ingente quantità.

La Decisione della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi. Ha stabilito che le censure sollevate dalla difesa non avevano fondamento giuridico e si risolvevano, in parte, in un tentativo non consentito di ottenere una nuova valutazione dei fatti, preclusa in sede di legittimità. La decisione ha confermato la solidità dell’impianto accusatorio alla base della misura cautelare e ha ribadito la correttezza procedurale e motivazionale dell’ordinanza impugnata.

Le Motivazioni dietro la Misura Cautelare

La sentenza analizza dettagliatamente ciascuno dei tre motivi di ricorso, offrendo una guida preziosa sull’interpretazione delle norme procedurali e sostanziali in materia.

Il Primo Motivo: La Trasmissione degli Atti al Tribunale del Riesame

La difesa lamentava l’inefficacia della misura per la mancata trasmissione al Tribunale del riesame di alcuni CD-Rom menzionati dal Pubblico Ministero. La Cassazione ha respinto questa tesi, qualificandola come generica e manifestamente infondata. Secondo la Corte, l’obbligo di trasmissione previsto dall’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. riguarda solo gli atti selezionati dal PM a sostegno della sua richiesta e gli elementi a favore dell’indagato. Non vi è alcun obbligo di trasmettere l’intero fascicolo processuale. In questo caso, i CD non erano stati nemmeno trasmessi al GIP, che ne aveva avuto conoscenza solo indirettamente tramite i verbali di arresto. Pertanto, non rientrando tra gli atti posti a fondamento diretto della richiesta, la loro mancata trasmissione era irrilevante. Spetta inoltre alla difesa, ha ricordato la Corte, dimostrare perché gli atti mancanti sarebbero stati decisivi, onere che nel caso di specie non è stato assolto.

Il Secondo Motivo: La Valutazione dei Gravi Indizi di Colpevolezza

Il secondo motivo, relativo alla presunta assenza di gravi indizi di colpevolezza, è stato parimenti giudicato infondato. La Corte ha ribadito che, in fase cautelare, non si richiede una prova della colpevolezza “oltre ogni ragionevole dubbio”, ma una “qualificata probabilità” che essa sussista. Il Tribunale del riesame aveva correttamente motivato la sussistenza di tali indizi basandosi su elementi fattuali inequivocabili: il rinvenimento di un enorme quantitativo di cocaina, occultato con modalità identiche in due auto che viaggiavano insieme, dividendo così il rischio del trasporto. Questi elementi erano più che sufficienti per fondare un giudizio prognostico di colpevolezza ai fini dell’applicazione della misura cautelare.

Il Terzo Motivo: L’Aggravante dell’Ingente Quantità

Infine, la Corte ha respinto la censura relativa all’aggravante dell’ingente quantità (art. 80, comma 2, d.P.R. 309/1990). La difesa sosteneva che l’aggravante non potesse essere ritenuta sussistente senza una perizia tossicologica che accertasse la qualità e la percentuale di principio attivo dello stupefacente. La Cassazione ha confermato l’orientamento consolidato secondo cui, pur in assenza di perizia, l’aggravante è configurabile quando il dato quantitativo è talmente elevato da superare di gran lunga la soglia minima. Nel caso specifico, la quantità di cocaina sequestrata (quasi 20 kg) era sufficiente a ricavare un numero di dosi superiore di 2000 volte il valore-soglia, rendendo superflua, in questa fase procedimentale, un’analisi tecnica per affermare la sussistenza dell’aggravante.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma principi fondamentali del diritto processuale penale. In primo luogo, delimita con precisione l’onere di trasmissione degli atti nel procedimento di riesame, evitando che cavilli procedurali possano indebolire l’efficacia delle misure cautelari. In secondo luogo, chiarisce ancora una volta la differenza tra il quadro indiziario necessario per una misura restrittiva e la prova richiesta per una condanna definitiva. Infine, consolida il principio per cui dati fattuali macroscopici, come il sequestro di un quantitativo eccezionale di droga, possono essere sufficienti a configurare gravi indizi e circostanze aggravanti anche in assenza di accertamenti tecnici completi, la cui sede naturale resta il dibattimento.

L’omessa trasmissione di tutti gli atti al Tribunale del riesame rende automaticamente inefficace la misura cautelare?
No. Secondo la Corte, l’inefficacia si determina solo se gli atti non trasmessi erano stati ritenuti determinanti per l’applicazione della misura. L’obbligo di trasmissione riguarda solo gli atti selezionati dal Pubblico Ministero a sostegno della richiesta e gli elementi a favore dell’indagato, non l’intero fascicolo. L’indagato ha l’onere di specificare perché gli atti mancanti sarebbero stati decisivi.

Per applicare una misura cautelare in un caso di spaccio, è sufficiente il ritrovamento di un’enorme quantità di droga?
Sì. La Corte ha confermato che il rinvenimento di un ingente quantitativo di sostanza stupefacente (in questo caso, quasi 20 kg di cocaina), occultato a bordo di veicoli, costituisce un grave indizio di colpevolezza sufficiente a giustificare l’applicazione della custodia in carcere, rappresentando una qualificata probabilità di colpevolezza.

L’aggravante dell’ingente quantità di droga può essere contestata senza una perizia tossicologica?
Sì, in fase cautelare. La Corte ha stabilito che l’aggravante può essere ritenuta sussistente anche senza una perizia tossicologica, quando il dato quantitativo lordo è talmente elevato (nel caso di specie, 2000 volte la soglia minima) da rendere evidente, sulla base del complessivo compendio probatorio, il superamento della soglia minima di principio attivo richiesta dalla giurisprudenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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