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Misura cautelare: quando il pericolo di recidiva è concreto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso contro un’ordinanza di arresti domiciliari per reati di frode, bancarotta e autoriciclaggio. La Corte ha confermato la validità della misura cautelare, ritenendo concreto il pericolo di reiterazione del reato anche se l’indagata non ricopriva più cariche sociali attive. La decisione si fonda sulla gravità dei fatti, sulla professionalità dimostrata e sulla capacità di operare attraverso società schermo e prestanomi.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misura Cautelare: Pericolo di Recidiva Anche Senza Cariche Sociali

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31249 del 2024, offre importanti chiarimenti sulla valutazione dei presupposti per l’applicazione di una misura cautelare, in particolare riguardo al pericolo di reiterazione del reato. Il caso esaminato riguarda un’indagata, ex consigliera di amministrazione di una cooperativa sociale, accusata di gravi reati finanziari, alla quale erano stati applicati gli arresti domiciliari. La difesa sosteneva che, non ricoprendo più cariche sociali attive, il pericolo di recidiva fosse venuto meno. La Suprema Corte, tuttavia, ha confermato la misura, delineando i criteri per una valutazione concreta e attuale del rischio.

I Fatti del Processo

L’indagata era coinvolta in un’inchiesta per frode in pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale e autoriciclaggio. Le accuse si riferivano alla gestione di una cooperativa sociale che si occupava di progetti di assistenza per migranti. Secondo l’accusa, ingenti somme di denaro pubblico, per oltre un milione di euro, sarebbero state distratte e reimpiegate per fini personali, anche attraverso trasferimenti su conti esteri.

Il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari, decisione poi confermata dal Tribunale del Riesame. La difesa ha quindi proposto ricorso in Cassazione, articolando tre motivi principali:
1. Insussistenza del pericolo di reiterazione: L’indagata non deteneva più cariche sociali, se non in una società inattiva da vent’anni e con un oggetto sociale diverso. La condotta contestata era stata, a suo dire, meramente omissiva.
2. Insussistenza del pericolo di inquinamento probatorio: Un tentativo di distruzione della contabilità, avvenuto in passato e in un luogo diverso dalla residenza dell’indagata, non poteva esserle attribuito direttamente.
3. Sproporzione della misura: La misura degli arresti domiciliari appariva eccessiva rispetto a quella più lieve (obbligo di dimora) applicata al fratello coindagato.

La Valutazione della Misura Cautelare da Parte della Corte

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, giudicandolo infondato. Secondo gli Ermellini, la valutazione del Tribunale del Riesame era logica, coerente e corretta. La Corte ha sottolineato come il pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato non possa essere escluso solo sulla base della formale assenza di cariche sociali. È necessario, invece, un esame più approfondito della personalità dell’indagato e delle modalità operative dimostrate.

Il Concreto Pericolo di Recidiva e la Misura Cautelare

La Cassazione ha evidenziato diversi elementi a sostegno della concretezza del pericolo di recidiva. Innanzitutto, la gravità e la durata delle condotte, protrattesi dal 2017, la professionalità dimostrata e l’esistenza di una struttura delinquenziale a base familiare. Un fatto decisivo è che i reati erano stati commessi mentre l’indagata era già sottoposta a un’altra misura interdittiva, dimostrando una spiccata propensione a delinquere e l’inefficacia di misure meno afflittive.

La Corte ha ritenuto irrilevante l’assenza di cariche sociali attive, poiché l’indagata aveva già dimostrato di poter operare attraverso ‘società schermo’ e prestanomi. Anche la società inattiva, secondo i giudici, avrebbe potuto essere ‘rivitalizzata’ per commettere ulteriori illeciti. Infine, il ruolo dell’indagata non è stato considerato meramente omissivo, ma attivo e gestionale, come emerso da mail, testimonianze e dal fatto che fosse beneficiaria diretta di ingenti somme distratte.

Pericolo di Inquinamento e Adeguatezza della Misura

Anche gli altri motivi di ricorso sono stati respinti. Sul pericolo di inquinamento probatorio, la Corte ha ribadito un principio consolidato: il rischio può essere attribuito a un indagato anche se l’atto materiale (come la distruzione di documenti) è stato compiuto da un coindagato, qualora sia stato fatto nell’interesse comune di tutti i partecipanti al reato.

Quanto alla presunta disparità di trattamento rispetto al fratello, la Cassazione ha ritenuto logica la motivazione del provvedimento originale, che giustificava la diversa misura sulla base del differente ruolo ricoperto: centrale e attivo quello dell’indagata, più marginale quello del coindagato.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione sul principio che la valutazione delle esigenze cautelari deve essere ancorata a elementi concreti e attuali. La mera cessazione da una carica sociale non è di per sé sufficiente a escludere il pericolo di recidiva se la personalità dell’indagato, la professionalità nel commettere il reato e la capacità di utilizzare schemi complessi (come società di comodo o prestanomi) indicano una probabilità concreta che le condotte illecite possano essere ripetute. Il Tribunale del Riesame ha correttamente considerato la storia criminale dell’indagata, il suo ruolo non secondario ma centrale nella gestione illecita e la sua indifferenza verso precedenti misure giudiziarie, elementi che, nel loro insieme, rendono la misura cautelare degli arresti domiciliari non solo adeguata ma necessaria per neutralizzare un pericolo altrimenti elevato.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce che la valutazione del pericolo di reiterazione del reato, ai fini dell’applicazione di una misura cautelare, deve andare oltre le apparenze formali. La capacità di un soggetto di delinquere, la sua rete di contatti e l’uso di meccanismi fraudolenti complessi sono indicatori fondamentali che il giudice deve attentamente ponderare. La decisione insegna che, di fronte a una criminalità economica organizzata e pervicace, la risposta dell’ordinamento deve essere ferma e basata su una lettura sostanziale, e non meramente formale, della realtà fattuale.

È sufficiente non ricoprire più cariche sociali per escludere il pericolo di reiterazione del reato e annullare una misura cautelare?
No, la Corte ha stabilito che il pericolo permane se l’indagato ha dimostrato la capacità di operare tramite prestanomi o società ‘schermo’, e se esiste la possibilità di rivitalizzare società inattive per commettere nuovi reati. La valutazione deve basarsi sulla concreta personalità e sulle modalità operative dell’indagato.

Il pericolo di inquinamento probatorio può essere attribuito a un indagato che non ha materialmente compiuto l’atto di distruzione delle prove?
Sì, il pericolo può essere riferito anche alle condotte di eventuali coindagati se queste sono volte a inquinare il quadro probatorio nell’interesse comune di tutti i partecipanti al reato.

Una disparità di trattamento nella misura cautelare tra coindagati è sempre illegittima?
No, una disparità di trattamento è legittima se giustificata dal diverso ruolo e dalla differente gravità delle condotte attribuite a ciascun indagato. Nel caso specifico, il ruolo centrale e attivo della ricorrente giustificava una misura più afflittiva rispetto a quella del fratello, il cui coinvolgimento era ritenuto marginale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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