Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31249 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31249 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MUREKATETE NOME nata a BUTARE (RUANDA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/11/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letti gli atti e il ricorso;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria conclusiva depositata dall’AVV_NOTAIO COGNOME nell’interesse della ricorrente, che in replica alle conclusioni della Procura AVV_NOTAIO illustrava ulteriormente il ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con la decisione indicata in epigrafe, il Tribunale di Roma – Sezione per il riesame dei provvedimenti in tema di libertà personale, ha confermato l’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Latina del 20 ottobre 2023, con la quale era stata disposta, nei confronti di NOME COGNOME, attuale ricorrente, la misura cautelare degli arresti domiciliari.
La contestazione provvisoria, costituente titolo cautelare, riguardava il concorso della ricorrente: – nel delitto di frode in pubbliche forniture, per aver distratto ed essersi appropriata delle somme erogate dalla Prefettura di Latina alla RAGIONE_SOCIALE, della quale era consigliera di amministrazione, in relazione ai progetti CAS per la gestione e assistenza dei migranti richiedenti protezione internazionale, non adempiendo ai doveri di prestazione pattuiti (capo 1); – nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e di operazioni dolose cagionanti lo stato di insolvenza, per complessivi euro 1.037.161,46 euro (capo 2); infine, nel reato di autoriciclaggio, per il reimpiego del denaro provento delle frodi in pubbliche forniture e di bancarotta fraudolenta per distrazione, con trasferimento su conti correnti esteri in favore di persone fisiche e giuridiche diverse (capo 3).
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME è articolato in tre motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e vizio di motivazione in ordine alla attualità del pericolo di reiterazione dei reati.
La ricorrente ripropone le doglianze formulate in sede di riesame, lamentando come la motivazione ora impugnata non si confronti con la circostanza che l’indagata non ricopra cariche sociali, se non quella in una RAGIONE_SOCIALE inattiva da venti anni e avente un diverso oggetto RAGIONE_SOCIALE, relativo alla organizzazione di matrimoni. Ne deriva il difetto di elementi concreti indispensabili per configurare il pericolo concreto di reiterazione di analoghe condotte, sia perché i reati per cui si procede riguardano forniture e fondi pubblici, sia anche perché occorre che vi sia una alta probabilità che all’indagata si presenti l’occasione per reiterare le condotte, il che nel caso in esame non è, a seguito della dichiarazione di insolvenza della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Inoltre, quanto all’indole delinquenziale della indagata, il Tribunale illogicamente l’avrebbe ritenuta senza confrontarsi con la circostanza che la condotta posta in essere è stata esclusivamente omissiva e che il pericolo di reiterazione è escluso dalla situazione di vita e dai legami familiari.
Il secondo motivo lamenta la violazione di legge in relazione all’art. 274, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. e dell’art. 40 cod. pen. e vizio di motivazione.
Il Tribunale del riesame avrebbe errato nel confermare la sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di inquinamento probatorio, fondando su un
dato, quello del tentativo di disfacimento della contabilità della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non attribuibile all’indagata, che vive a Roma, mentre la condotta risulta verificatasi in Latina nel novembre 2022 e, quindi, in tempo risalente, senza che vi sia indicazione di quali indagini siano state o potrebbero essere concretamente inquinate a partire dal dicembre 2022, quando la ricorrente ebbe contezza dell’indagine.
Il terzo motivo lamenta violazione di legge in relazione all’art. 275 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in ordine alla misura domiciliare, più afflittiva di quella applicata al coindagato NOME, sottoposto all’obbligo di dimora.
Il Tribunale del riesame avrebbe omesso di valutare specificamente questo motivo, pur a fronte del diverso e più tenue trattamento assegnato al fratello della ricorrente.
Il ricorso è stato trattato, senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
Il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ha concluso per iscritto chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
8 II difensore, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con memoria depositata in data 10 aprile 2024 ha replicato alle conclusioni della Procura AVV_NOTAIO illustrando ulteriormente le ragioni di ricorso e chiedendone l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato.
I motivi possono essere trattati congiuntamente, vertendo su violazioni di legge e vizi di motivazione in ordine alle esigenze cautelari e alla adeguatezza della misura cautelare applicata.
Quanto al primo motivo, deve evidenziarsi come il Tribunale abbia richiamato la gravità delle condotte poste in essere dall’indagata, la durata della stessa dal 2017, la professionalità e la presenza di una struttura delinquenziale a base familiare, come anche, la significativa circostanza che non risulta valutata dal ricorso – che dunque è aspecifico sul punto – che le condotte distrattive sono state poste in essere nel mentre l’indagata era sottoposta a misura interdittiva per altro procedimento, rispetto al quale le condotte qui in esame sono ritenute ben più gravi.
Si tratta di una articolata motivazione, che rende anche conto della doglianza relativa alla impossibilità di ricoprire cariche sociali: tale argomento non è stato ritenuto decisivo dal Tribunale, senza manifesta illogicità. Per un verso la misura interdittiva – inibente l’assunzione di cariche sociali – nel processo parallelo è in scadenza, cosicchè di qui a poco verrebbe meno l’ostacolo a potere svolgere una ulteriore attività societaria. Per altro, il ricorso effettivo a ‘RAGIONE_SOCIALE schermo’ amministrate da prestanomi, ha dimostrato l’inadeguatezza di misure di tipo interdittivo e meno afflittive di quella domiciliare.
Anche la doglianza relativa alla non pertinenza del pericolo rispetto alla carica ricoperta in una RAGIONE_SOCIALE inattiva avente ad oggetto l’organizzazione di matrimoni, risulta infondata. La valutazione del Tribunale del riesame, a riguardo, è coerente con la delibazione richiesta in ordine alle esigenze cautelari sub lett. c) dell’art. 274: difatti, le circostanze della inattività e del diverso oggetto RAGIONE_SOCIALE non escludono né la possibilità di rivitalizzare l’attività della compagine RAGIONE_SOCIALE, nè la consumazione di ulteriori condotte distrattive, che evidentemente ben possono esulare dall’ambito ristretto nel quale colloca la ricorrente il pericolo di reiterazione, limitandolo all’oggetto RAGIONE_SOCIALE dell’assistenza ai migranti.
Sempre nei limiti della verifica della correttezza della motivazione impugnata, in tema di esigenze cautelari, la ricorrente propone il rilievo, replicato anche con la memoria difensiva, che la propria condotta risulterebbe essere solo omissiva e inconsapevole delle distrazioni: tale obiezione non si confronta né con l’ordinanza genetica (fol. 140 e s.), né con l’ordinanza impugnata (foll. 6 e 7), che descrivono un ruolo ben diverso da quello di segretaria, risultando che l’indagata abbia ricoperto incarichi di gestione, per quanto emerge dal contenuto di mail, da dichiarazioni di persone informate dei fatti, da attività di relazioni pubbliche con esponenti delle istituzioni milanesi, dalla sostituzione della madre, come anche dall’accreditarsi come legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, oltre a essere la stessa ricorrente beneficiaria di risorse societarie distratte per un importo di oltre un milione di euro.
Il motivo di ricorso non si confronta, quindi, con emergenze che non ‘attacca’ in modo specifico e che consolidano un ruolo di concorso nella gestione della RAGIONE_SOCIALE fallita di tipo attivo.
Quanto al terzo motivo, proprio le argomentazioni spese dal Tribunale in ordine alla circostanza che le ingenti condotte distrattive si siano comunque consumate durante – e nonostante – la sottoposizione alla misura interdittiva in altro procedimento, rende non manifestamente illogica la motivazione in ordine all’adeguatezza esclusiva della misura cautelare domiciliare, non risultando dirimente la dedotta disparità di trattamento rispetto al fratello coindagato: a riguardo la motivazione del provvedimento genetico indicava il ruolo centrale e attivo della attuale ricorrente (fol. 141-142), con esercizio di poteri gestionali e di relazioni esterne che concretano il contributo effettivo alle attività della RAGIONE_SOCIALE, mentre quanto al NOME emerge il suo coinvolgimento più marginale, che giustificava la misura più tenue.
Si tratta di argomentazione non illogica, che giustifica la graduazione della misura fra i diversi indagati e rispetto alla quale la censura con i motivi di riesame si sostanzia nella contestazione del quadro indiziario in ordine alla maggiore gravità delle condotte della ricorrente, profilo vagliato in modo congruo e senza contraddizioni dal Tribunale del riesame e dall’ordinanza genetica.
Quanto al secondo motivo, relativo alle esigenze afferenti al pericolo di inquinamento probatorio, la circostanza che l’indagata viva in Roma e non in Latina e che ciò accadeva anche al momento della distruzione delle scritture contabili, in vero non risulta argomento decisivo: in tema di esigenze cautelari, il pericolo attuale e concreto per l’acquisizione o la genuinità della prova, richiesto per l’emissione di una misura cautelare personale dall’art. 274, lett. a) cod. proc. pen., può essere riferito anche alle condotte di eventuali coindagati, solo se esse siano volte ad inquinare il quadro probatorio, emergente nella fase delle indagini preliminari, nell’interesse comune di tutti i partecipanti al reato (Sez. 5, n. 13837 del 03/03/2020, COGNOME, Rv. 279101 – 01; mass. conf. N. 40535 del 2007 Rv. 237556 – 01, N. 41606 del 2013 Rv. 257598 – 01), il che certamente si verifica nel caso in esame.
D’altro canto, sul tema delle ulteriori indagini a farsi l’ordinanza genetica chiarisce la necessità delle stesse, determinate dagli accertamenti ultimi del commissario liquidatore, finalizzati a individuare maggiori distrazioni (fol. 140 della ordinanza genetica). Tale argomentazione è in sé sufficiente a ritenere non manifestamente illogica l’ordinanza impugnata in ordine alla sussistenza di tale ultima esigenza cautelare.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso, con condanna alle spese processuali della ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 18/04/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente