Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12647 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12647 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
INDIRIZZO nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/05/2023 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 D.L. n.137/2020 e successivo art. 8 D.L. 198/2022
Motivi della decisione
Con provvedimento in data 14/04/2023 il Gip del tribunale di Termini Imerese ha applicato, per quanto rileva in questa sede, a INDIRIZZO la misura cautelare dell’obbligo di presentazione giornalliera alla polizia giudiziaria, ritenendo a suo carico gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di concorso in estorsione in danno di NOME.
Avverso detto provvedimento ha presentato appello il pubblico ministero contestando la scelta della misura adottata, ritenendola inadeguata, e chiedendo l’applicazione della misura della custodia carcere.
Con provvedimenti in data 23 maggio 2023 il tribunale del riesame di Palermo ha accolto l’appello sostituendo la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria con quella della custodia cautelare in carcere.
Ricorre per Cassazione l’indagato deducendo:
violazione di legge con riguardo alla ritenuta partecipazione del delitto di cui all’articolo 629 cod. pen.;
vizio di motivazione, con riguardo alla sussistenza e alla concretezza e attualità del pericolo cautelare. Sottolinea la natura solo patrimoniale della minaccia connotata da gravità modesta se non addirittura bagatellare;
vizio della motivazione con riguardo alla scelta della misura.
Il ricorso è inammissibile.
Deve preliminarmente evidenziarsi che la questione devoluta al tribunale del riesame con l’appello del pubblico ministero ha investito esclusivamente l’inadeguatezza della misura dell’obbligo di firma applicata al COGNOME, indagato di concorso in estorsione in danno di NOME. Misura che non è stata impugnata dal COGNOME con riguardo alla sussistenza della gravità indiziaria.
Inammissibile sono pertanto i motivi che investono la gravità indiziaria, tema non devoluto al Tribunale del riesame.
Ciò premesso deve rilevarsi che il tribunale del riesame ha ril:enuto che la lettura complessiva degli elementi di indagine avrebbe dovuto indurre il AVV_NOTAIO a pervenire a conclusioni diverse con riguardo alla scelta della misura. Ha considerato non condivisibile la lettura minimizzante del tipo di condotta (cosiddetto cavallo di ritorno) dallo stesso Gip indicata come praticata dall’indagato in maniera non occasionale.
Ha ritenuto anche che l’insufficienza della misura applicata dal Gip, ai fini di prevenzione generale, fosse palese dal timore nutrito dalle persone offese nei confronti del COGNOME che le assoggettava abitualmente a vessazione presentandosi
spesso nel loro esercizio commerciale da cui prelevava merci senza pagare. Ha sottolineato come la capacità criminale dimostrata dal COGNOME e il suo inserimento stabile in ambiente criminale fosse attestata dal fatto che per poter compiere estorsioni del tipo di quella accertata fosse necessario avere contatti e rapporti con soggetti inseriti in ambiente delinquenziale. E ha concluso, attesa anche la presenza di precedenti specifici, che solo la misura della custodia cautelare in carcere fosse idonea a soddisfare le esigenze di prevenzione sociale.
In questa sede il ricorrente chiede una rivalutazione del quadro cautelare.
Al riguardo v’è da osservare che l’ordinamento non conferisce a questa Suprema Corte alcun potere di riconsiderazione dell’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione della misura cautelare e del tribunale chiamato a pronunciarsi sulle connesse questioni de libertate. Il controllo di legittimità, pertanto, è circoscritto esclusivamente alla verifica dell’atto impugnato, al fine di verificare che il testo esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di caratter negativo, la cui contestuale presenza, come avvenuto nel caso in esame, rende l’atto per ciò stesso insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo di illogicità evidenti ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 28 reg. esec. cod. proc.pen.
Roma 19/12/2023
Il Consigliere estensore