Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23987 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23987 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Torna NOMECOGNOME nato in Romania il 27/06/1992
avverso l’ordinanza del 04/03/2025 del Tribunale del riesame di Milano letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME COGNOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza in epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Milano, decidendo in sede di rinvio, in accoglimento dell’appello del P.m. ha applicato all’indagato la misura custodiale per il delitto di ricettazione di 170 borse Chanel di provenienza furtiva.
Con unico motivo deduce la violazione di legge in relazione ai principi di proporzionalità e adeguatezza della misura e il vizio di motivazione in relazione alla adeguatezza di misura meno afflittive. Il Tribunale ha ritenuto la misura custodiale proporzionata alla gravità del fatto in considerazione del valore della merce, indicato in 90 mila euro all’esito della lavorazione e di 6-700 mila euro
come valore di mercato, e della pena che si presume potrà essere applicata; si tratta, tuttavia, di una valutazione errata perché riferita al prodotto original mentre, nel caso di specie, si tratta di prodotti danneggiati e privi del sigillo autenticità del marchio, quindi, non vendibili come beni di lusso e verosimilmente destinati alla distruzione.
E’, pertanto, illogico il ragionamento del Tribunale anche riguardo alla pena irrogabile, che può essere prossima ai minimi di legge. Del tutto illogica è la motivazione sull’inadeguatezza di misure meno afflittive, fondata su supposizioni e sull’ipotetico inserimento del ricorrente in contesti strutturati specializzati in beni di lusso, senza spiegare perché misure meno afflittive sarebbero inidonee
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi, da un lato, preclusi, dall’altro, non consentiti nonché manifestamente infondati.
Costituisce espressione di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale la motivazione del provvedimento in materia di misure cautelari è censurabile in sede di legittimità solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito. Si è così aggiunto che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca l’assenza delle esigenze cautelari è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
Alla luce di tali criteri esegetici deve escludersi che l’ordinanza emessa in sede di rinvio sia incorsa nella denunciata violazione di legge, avendo il Tribunale, con motivazione congrua, spiegato come la misura cautelare fosse giustificata dall’esigenza di prevenire il pericolo di recidiva.
Va premesso che sul piano delle esigenze cautelari la sentenza rescindente ha ritenuto sussistente il pericolo concreto e attuale di recidiva con superamento di ogni questione attinente alla ipotetica concedibilità della sospensione condizionale della pena, sicché è precluso il tema della possibilità di formulare una prognosi favorevole nei confronti del ricorrente proposto nel I ricorso.
Anche sul piano della gravità indiziaria la sentenza rescindente aveva già
ritenuto corretto il rilievo attribuito alle circostanze del fatto e alla personali negativa dell’imputato, sicché la contestazione della gravità del fatto per erronea
stima del valore dei beni, in quanto merce danneggiata e priva di marchio di autenticità, propone una censura preclusa e non consentita, risolvendosi la
stessa in una lettura riduttiva del fatto, smentita dai dati oggettivi indicat nell’ordinanza, quali: a) il danneggiamento solo di alcune borse; b) il valore di 90
mila euro (e di un valore di mercato di 6-700 mila euro) risultante dalle bolle consegnate dalla querelante, che si occupa dell’assemblaggio; c) il numero dei
beni sottratti da un opificio che si occupa dell’assemblaggio, coerentemente ritenuti indicativi della gravità del fatto, sanzionabile con una pena non minima.
Il Tribunale ha nuovamente richiamato la natura complessa dell’operazione, che per quantità, valore e provenienza della merce, sottratta da
azienda che procedeva all’assemblaggio dei prodotti, rimanda ad un’operazione organizzata ed all’inserimento dell’indagato in circuiti in grado di distribuire
rapidamente la merce su mercati nazionali ed esteri e, con argomentazione non illogica, tenuto conto degli indici di pericolosità, già valutati nella sentenza rescindente (precedente per furto, assenza di fissa dimora e di documenti), dell’indisponibilità di un domicilio idoneo e della necessità di stroncare i rapporti con ambienti dediti a traffici illeciti, ha ritenuto unicamente proporzionata alla ribadita gravità del fatto ed alla personalità negativa dell’indagato la misura custodiale, in tal modo esprimendo un implicito giudizio negativo sull’affidabilità e del ricorrente quanto al rispetto delle prescrizioni connesse a misure non custodiali e all’idoneità di queste di arginare il pericolo di recidiva.
All’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento ; ) GLYPH delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
– h NOME Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. proc.
pen.
Così deciso, 3 giugno 2025