Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29191 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 29191 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Albania il 30/07/1972
avverso l’ordinanza del 13/05/2025 del Tribunale di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Brescia, adito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ha confermato il provvedimento con il quale Giudice per l’udienza preliminare del medesimo Tribunale aveva rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari da eseguirsi presso una comunità di recupero per alcolisti, disposta nei
confronti di NOME COGNOME condannato, con il rito abbreviato, alla pena di dieci anni di reclusione per illecita detenzione di circa 80 kg di cocaina.
GLYPH 2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso l’imputato, con atto sottoscritto dal suo difensore, articolando un unico motivo, relativo alla sola adeguatezza del regime cautelare, nel quale si censura il provvedimento impugnato per non avere indicato le ragioni dell’idoneità del percorso terapeutico comunitario e per avere escluso che costituisse fatto nuovo il reperimento di un’adeguata struttura di cura.
Inoltre, il delitto contestato al ricorrente, pur aggravato dall’art. 80 d.P.R. 309 del 1990 e nonostante la preclusione stabilita dall’art. 89 d.P.R. n. 309 del 1990, dovrebbe consentire comunque l’adeguatezza della misura cautelare da scontare in comunità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2.0ccorre preliminarmente rappresentare che, secondo il consolidato orientamento di legittimità (tra le altre, Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282292), in sede di appello avverso l’ordinanza emessa a seguito di istanza di revoca o sostituzione di una misura cautelare personale, al Tribunale non può essere richiesto di riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi questo limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o ad escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato.
2.2. Alla luce di tali principi di diritto e premesso che non è contestata la gravità indiziaria, risulta che l’ordinanza, emessa in sede di appello cautelare, ha correttamente desunto la pericolosità sociale di NOME COGNOME e la permanenza delle massime esigenze special-preventive in base all’apprezzamento prognostico di fatti oggettivi quali: a) la gravità del fatto di illecita detenzione di circa 80 cocaina, espressivo di rapporti stringenti con importanti contesti criminali; b) la condanna, del 28 gennaio 2025, alla pena di dieci anni di reclusione, con il rito abbreviato; c) il rigetto di analoga istanza del 13 febbraio 2025 in cui veniva
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richiesta la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari press la famiglia e non presso una comunità di recupero.
Da tanto il Collegio ha arguito, pur in modo succinto, ma certamente logico, come le esigenze cautelari, già vagliate, non fossero mutate e affievolite anche
alla luce della genericità dell’istanza, fondata su meri colloqui preliminari tenuti da
NOME COGNOME con una comunità, senza che assuma alcun rilievo il tema, peraltro non posto al Tribunale, circa l’ inapplicabilità del regime di cui all’art. 89 d.P.R.
309 del 1990 al caso di specie, attesa la contestazione della circostanza aggravante dell’ingente quantità.
D’altra parte, se la volontà dell’istante di seguire un percorso di disintossicazione di per sé non riduce il pericolo di reiterazione del reato, i
assenza di concreto collegamento tra la condizione di dipendenza e la commissione del delitto, la restrizione cautelare non esclude affatto intenti di fuoriuscita da
dipendenza visto che il sistema penitenziario mette a disposizione dei detenuti appositi programmi terapeutici e socio-riabilitativi per provvedervi, come previsto
dagli artt. 95 e 96 d. P.R. n. 309 del 1990.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato e il ricorrent condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 15 luglio 2025
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La Consigliera estensora
Il Presiden e