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Misura cautelare estero: la Cassazione annulla diniego

Una persona, detenuta in via cautelare per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, si è vista negare la possibilità di scontare una misura cautelare estero, come gli arresti domiciliari, nel proprio paese d’origine. La Corte di Cassazione ha annullato tale diniego, stabilendo che il giudice del riesame non può basarsi sulla sola gravità del reato o su mere congetture. È invece obbligato a compiere una valutazione concreta e individualizzata, verificando se misure meno afflittive del carcere, applicabili anche all’estero, possano soddisfare le esigenze cautelari, considerando la situazione personale dell’indagato.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misura Cautelare Estero: La Cassazione Sottolinea il Dovere di Valutazione Concreta

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione 1 Penale, n. 35828 del 2024, offre un’importante chiarificazione sui criteri di applicazione di una misura cautelare estero. Il caso riguarda la possibilità per un indagato di scontare una misura restrittiva, come gli arresti domiciliari, nel proprio paese di residenza all’interno dell’Unione Europea. La Corte ha annullato la decisione di un Tribunale del Riesame, riaffermando la necessità di una valutazione individualizzata e concreta, che non si fermi alla mera gravità del reato contestato.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Arresti Domiciliari in Belgio

Il procedimento nasce dal ricorso di una cittadina belga, sottoposta alla custodia cautelare in carcere in Italia per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina pluriaggravato. La difesa aveva presentato un’istanza per la revoca della misura o, in subordine, la sua sostituzione con gli arresti domiciliari da eseguirsi in Belgio, suo paese d’origine. A sostegno della richiesta, venivano addotti elementi quali l’assenza di precedenti penali, una complessa situazione familiare legata alla custodia dei figli e le condizioni di salute della donna.

Il Diniego del Tribunale del Riesame

Il Tribunale del Riesame di Trieste aveva respinto l’appello, confermando la detenzione in carcere. La motivazione si basava su due punti principali: primo, l’immutata sussistenza delle esigenze cautelari, in particolare il pericolo di recidivanza; secondo, la presunta impossibilità giuridica di applicare gli arresti domiciliari all’estero, poiché, essendo una misura detentiva, esulerebbe dal campo di applicazione della normativa sul riconoscimento reciproco delle misure cautelari (D.Lgs. 36/2016).

La Decisione della Corte di Cassazione: Annullamento con Rinvio

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della difesa, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso al Tribunale di Trieste per un nuovo esame. La decisione della Cassazione si fonda sulla carenza e manifesta illogicità della motivazione del provvedimento del Riesame.

Le Motivazioni: La Necessità di una Valutazione Individualizzata della Misura Cautelare Estero

La Corte ha censurato l’approccio del Tribunale del Riesame, ritenendolo meramente assertivo e congetturale. In primo luogo, l’affermazione secondo cui l’indagata avrebbe potuto essere impiegata in altre fasi del presunto traffico illecito è stata giudicata una pura ipotesi, non ancorata ad alcun dato probatorio.

Il punto centrale della sentenza riguarda però il principio di adeguatezza e proporzionalità delle misure cautelari. La Cassazione ha ribadito che la custodia in carcere rappresenta l’extrema ratio, ovvero l’ultima risorsa a cui il giudice può ricorrere. La sua applicazione o il suo mantenimento richiedono una valutazione globale e complessiva della vicenda, che tenga conto di tutti i parametri oggettivi e soggettivi delineati dagli articoli 274 e 275 del codice di procedura penale.

Anche in presenza di reati per cui la legge prevede una presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere (come nel caso del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina), tale presunzione è relativa. Ciò significa che può essere superata se vengono acquisiti elementi concreti che dimostrino come le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con misure meno invasive.

Nel caso specifico, il Tribunale non ha adeguatamente valutato gli elementi forniti dalla difesa (incensuratezza, assenza di segnalazioni, grave situazione familiare, condizioni di salute), che erano potenzialmente idonei a incidere sul giudizio di adeguatezza della misura. Invece di analizzare nel merito la possibilità di applicare una misura cautelare estero non detentiva, il giudice si è limitato a una valutazione astratta, basata esclusivamente sulla gravità della condotta, trascurando il dovere di individualizzazione della coercizione cautelare.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale del diritto processuale penale: nessuna forma di automatismo può guidare la scelta di una misura cautelare. Il giudice ha il dovere di motivare in modo approfondito e specifico, soprattutto quando decide per la misura più afflittiva. La sentenza chiarisce che la possibilità di applicare una misura cautelare estero non può essere scartata a priori. Al contrario, il giudice deve esplorare concretamente l’idoneità di misure alternative al carcere, anche se da eseguirsi in un altro Stato membro dell’UE, bilanciando le esigenze di cautela con i principi di proporzionalità, adeguatezza e minor sacrificio della libertà personale.

È possibile applicare una misura cautelare come gli arresti domiciliari in un altro Stato dell’Unione Europea?
La sentenza stabilisce che il giudice non può escludere a priori questa possibilità. Deve, invece, valutare concretamente l’idoneità di una misura non custodiale da applicarsi all’estero per tutelare le esigenze cautelari, senza limitarsi a considerazioni astratte sulla sua inapplicabilità.

La gravità del reato è sufficiente a giustificare automaticamente la detenzione in carcere?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che anche in presenza di reati gravi per i quali la legge presume l’adeguatezza del carcere, questa presunzione è ‘relativa’. Il giudice ha sempre l’obbligo di verificare se elementi concreti relativi alla persona indagata permettano di soddisfare le esigenze cautelari con misure meno severe.

Cosa deve fare un giudice quando valuta una richiesta di sostituzione della custodia in carcere?
Il giudice deve compiere una valutazione globale, concreta e individualizzata. Non può basarsi su congetture o sulla sola gravità del fatto, ma deve analizzare tutti gli elementi specifici del caso, inclusi quelli personali dell’indagato (come l’assenza di precedenti o la situazione familiare), per determinare se una misura meno afflittiva sia sufficientemente adeguata a prevenire i rischi cautelari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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