Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13179 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13179 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SANREMO il 28/02/1977
avverso l’ordinanza del 17/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del PG in persona del Sost. Proc. gen. NOME COGNOME che, riportandosi alla memoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inamrnissibilita’ del ricorso.
non è presente l’avvocato COGNOME NOME COGNOME del foro di LECCE in difesa di NOMECOGNOME
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Lecce – Sezione del riesame ha rigettato l’appello ex art. 310 cod. proc. pen. avverso l’ordinanza con cui il 22 novembre 2024 il locale GIP aveva a sua volta rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, anche con la modalità di controllo del braccialetto elettronico, ai sensi dell’art. 275 bis cod. proc. pen. avanzata da NOME COGNOME, sottoposto alla misura perché indagato per i delitti di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 309/90.
In particolare, il difensore del COGNOME aveva dedotto: a. che il proprio assistito, con memoriale a sua firma, depositato presso l’Ufficio matricola della Casa Circondariale di Lecce, ha ammesso la sua responsabilità in relazione a tutti gli episodi contestati come reati-fine, segno tangibile di resipiscenza; b. che in caso di accoglimento della misura degli arresti “domiciliaci, l’indagato si trasferirebbe dal padre, COGNOME NOME, nel Comune di Baiardo (Imperia), lontano oltre 1.300 chilometri dal luogo dove si sono consumati i fatti; 3) non vi sono elementi per ritenere che il Quaranta non si atterrà alle prescrizioni a lui imposte.
Il GIP ha rigettato l’istanza «non potendosi intendere come novum rilevante le generiche ammissioni limitatamente, peraltro, ai soli reati fine, fatte dal cautelato in via del tutto necessitata dall’imponente ed univoco compendio probatorio a suo carico ” e ha evidenziato che il pericolo di reiterazione non può ritenersi ridimensionato dalla possibile collocazione del domicilio in altra regione “tanto sulla scorta della peculiare condotta in oggetto dalla quale si evince alcun legame costitutivo tra il grave fatto criminoso e la permanenza in una specifica collocazione territoriale, risultando il ruolo di sodale dell’indagato nell’ambito di una efficienti sima associazione criminale di narcotrafficanti, composta in gran parte da soggetti facenti capo ad associazione mafiosa, diretta a commettere più delitti di acquisto, detenzione affini di cessione di rilevantissimi quantitativi di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, avente accesso, del tutto evidentemente, ad una ampia e diffusa rete di fornitori”.
Nell’interporre appello cautelare avverso tale provvedimento di rigetto, la difesa di COGNOME aveva sostanzialmente reiterato le medesime ragioni addotte a sostegno dell’originaria richiesta e il giudice del gravame cautelare ha ritenuto condivisibile la tesi del Gip secondo cui non risulta indicato alcun elemento di novità -o comunque significativo- che possa far ritenere mutate le condizioni che giustificano il ricorso alla misura custodiale in esecuzione.
Ricorre il COGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la
motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen., mancanza e/o contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, con specifico riferimento all’avvenuto diniego di attenuazione – ai sensi dell’art. 275 bis cod. proc. pen. -della massima misura coercitiva in atto.
Secondo il ricorrente una serie di argomentazioni palesemente “assertive” connoterebbero la motivazione dell’impugnato provvedimento. Ad esse si aggiungerebbero alcune clausole di stile, tipiche di chi non ha argomenti per adeguatamente motivare. Si evidenzia che a pag. 2, così scrive il Tribunale del Riesame: «non risulta indicato alcun elemento di novità – o comunque significativo – che possa far ritenere mutate le condizioni che giustificano il ricorso alla misura custodiale in esecuzione”. Ed ancora: «nessun elemento prospettato dalla difesa dell’indagato appare idoneo ad una rivisitazione del quadro cautelare» (…) «Rispetto al provvedimento del riesame non sono emersi elementi che possano essere valorizzati ai fini di una attenuazione delle esigenze caute/ari». Tanto perché – secondo il giudice del gravame cautelare- il fatto nuovo «deve essere costituito da elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento delle esigenze caute/ari apprezzate all’inizio del trattamento cautelare».
Scendendo nello specifico – prosegue il ricorso – si assume che «le parziali ammissioni del COGNOME non possono ritenersi rilevanti ai fini dell’attenuazione delle esigenze caute/ari, dal momento che il COGNOME si è limitato ad ammettere ciò che risulta già evidente dal compendio probatorio, escludendo invece la sua partecipazione ad una pericolosa associazione finalizzata al traffico di rilevanti quantitativi di sostanza stupefacente.».
Ebbene, per il ricorrente un siffatto argomentare appare all’evidenza prettamente assertivo poiché non si spiegherebbe minimamente quali siano i dati obiettivi da cui può trarsi il convincimento che l’oggetto dell’avvenuta ammissione (inerente tutti gli episodi ex art. 73 di cui al capo B della rubrica) già risultava d compendio probatorio acquisito. L’interprete, infatti, non è in grado di comprendere l’iter logico di un siffatto argomentare, prettamente apodittico, che dà per scontato ciò che scontato none.
Pertanto, la confessione dell’imputato, sia pure non abbracciante la contestata partecipazione semplice all’associazione ex art. 74 D.P.R. 309/90, non potrebbe non essere qualificata come un “fatto nuovo”, segno tangibile di resipiscenza per quanto commesso da parte di un soggetto totalmente incensurato e privo di qualsivoglia altra pendenza di natura penale.
Il ricorrente ricorda poi che la difesa aveva evidenziato come gli invocati arresti domiciliari ex art. 275 bis cod. proc. pen. avrebbero portato l’indagato a vivere lontano oltre 1300 chilometri dal contesto storico-sociale in cui sarebbero
stati perpetrati tutti i contestati delitti (in particolare presso l’abitazione del pad nel Comune di Baiardo, in provincia di Imperia).
Ebbene, ci si duole che, secondo i giudici del riesame, una tale lontananza dal luogo in cui sono stati commessi fatti-reato «non esclude il pericolo di re iterazione dei reati della stessa specie di quelli per cui si procede», perché l’indagato «potrebbe facilmente riprendere i contatti con i fornitori di sostanza stupefacente».
Anche in questo caso, secondo la tesi proposta in ricorso, saremmo in presenza di una “clausola di stile”, tipica di chi non ha alcun valido argomento per adeguatamente motivare.
Si segnala poi una censura, articolata a pag. 3 dei motivi di gravame, rimasta totalmente senza alcuna risposta da parte il tribunale salentino.
Il riferimento è alla tematica inerente le modalità di controllo del braccialetto elettronico. Scrive la difesa: «inoltre, con riferimento a questo ultimo aspetto, non vi è alcun dato obiettivo che evidenzi la ricorrenza di una incapacità di autodisciplinarsi oppure da cui possa evincersi la possibile inosservanza delle prescrizioni strettamente connesse alla misura degli arresti domiciliari, soprattutto ove si consideri la effettiva personalità dell’indagato».
Ebbene, ci si duole che neppure una sola parola venga spesa nell’impugnato provvedimento in merito alle ragioni per cui viene esclusa la cosiddetta capacità di autodisciplinarsi nonché la possibile osservanza delle prescrizioni strettamente connesse alla misura, tematica puntualmente affrontata nei relativi motivi di impugnazione. Ciò laddove le connotazioni della personalità del COGNOME (incensurato e senza alcun altra pendenza di natura penale) avrebbero imposto una pur minimale motivazione, trattandosi di un onere cui il giudice della cautela non si può assolutamente sottrarre.
Chiede pertanto che questa Corte annulli l’ordinanza impugnata, con tutte le conseguenze di legge.
Il PG ha anticipato in data 10 marzo 2025 con memoria scritta le proprie conclusioni.
In data 14 marzo 2025é pervenuta memoria di replica a firma dell’Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Il PG ha poi concluso all’udienza camerale partecipata, cui non è comparso il difensore, come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I profili di doglianza sopra illustrati sono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.
Il difensore ricorrente contesta genericamente, in realtà senza confrontarvisi criticamente, le argomentazioni addotte dal giudice del gravame cautelare a sostegno del rigetto del proposto appello ex art. 310 cod. proc. pen..
Il provvedimento impugnato appare contrassegnato da motivazione che, secondo il perimetro di cognizione del giudice di legittimità in sede cautelare, contiene l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (anche con riferimento alla puntuale analisi delle specifiche doglianze difensive), oltre ad essere corretto in diritto.
2. Il tribunale salentino evidenzia correttamente che il “fatto nuovo” rilevante ai fini della revoca ovvero della sostituzione della misura coercitiva con altra meno grave deve essere costituito da elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento delle esigenze cautelari apprezzate all’inizio del trattamento cautelare. E sulla scorta di tale premessa dà conto motivatamente che, nel caso di specie, nessun elemento prospettato dalla difesa dell’indagato appare idoneo ad una rivisitazione del quadro cautelare.
Le parziali ammissioni del COGNOME – viene ribadito – non possono ritenersi rilevanti ai fini dell’attenuazione esigenze cautelari, dal momento che il COGNOME si è limitato ad ammettere ciò che risultava evidente dal compendio probatorio, escludendo invece la sua partecipazione ad una pericolosa associazione finalizzata al traffico di rilevanti quantitativi di sostanza stupefacente.
Quanto a tali ammissioni di responsabilità il ricorrente non considera la principale imputazione provvisoria posta a suo carico, ovvero la partecipazione ad una pericolosa associazione ex art. 74 d.P.R. 309/90 finalizzata al traffico di rilevanti quantitativi di sostanza stupefacente. Per giunta si ricorda che l’attività di spaccio del ricorrente come emerge dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Sono Cesare, si è protratta fino al 2024, il che impedisce di ritenere attenuate le esigenze cautelari.
Quanto alla distanza di 1300 chilometri dal luogo in cui sono stati commessi i fatti, il tribunale salentino evidenzia con motivazione che appare immune da censure di legittimità che la condotta contestata al Quaranta non ha alcun collegamento con un determinato territorio, il che rende irrilevante quella distanza; argomentazione questa sicuramente non manifestamente illogica, né contraddittoria.
3. La doglianza in ordine alla carenza di motivazione sulla mancata applicazione del braccialetto elettronico è generica e la motivazione è implicita, poiché
se nulla è cambiato in ordine alle esigenze cautelari, anche il giudizio sulla possibilità di applicazione della misura meno afflittiva con uso del braccialetto elettronico non può che essere analogo a quello già formulato.
Questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito che, in materia di misure cautelari personali, gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico non costituiscono una nuova ed autonoma misura cautelare, configurando il mezzo tecnico previsto dall’art. 275 bis cod. proc. pen., un nuovo strumento di controllo applicabile, nei casi previsti dal legislatore, alle misure cautelari esistenti. Sez. U, Sentenza n. 20769 del 28/04/2016, COGNOME, Rv. 266657 – 01).
Va qui ribadito che, in tema di arresti domiciliari, la prescrizione del cosiddetto “braccialetto elettronico” non configura un nuovo tipo di misura coercitiva, ma una mera modalità di esecuzione ordinaria della cautela domiciliare, sicché il giudice, ove ritenga unicamente adeguatala la custodia inframuraria in ragione della pericolosità dell’indagato e della peculiarità del fatto contestato, non è tenuto a motivare specificamente sull’inidoneità degli arresti, pur se connotati dall’adozione del braccialetto ( Sez. 4, n. 15939 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286343 01; conf. Sez. 6, n. 1084 del 12/11/2015, dep. 2016, COGNOME Rv. 265891 – 01; Sez. 2, n. 6505 del 20/01/2015, COGNOME, Rv. 262600 – 01).
4. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Vanno dati gli avvisi di cui all’art. 94 c. 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 26/03/2025