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Misura cautelare: diritti di difesa e riemissione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro una misura cautelare di divieto di dimora. L’indagato lamentava la violazione del diritto di difesa per la tardiva comunicazione dell’ammissione al gratuito patrocinio. La Corte ha ritenuto il motivo generico e ha confermato che una misura cautelare non custodiale, divenuta inefficace, può essere nuovamente disposta, a condizione che sia preceduta da un interrogatorio di garanzia, estendendo così l’applicazione dell’art. 302 c.p.p.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misura Cautelare: quando può essere riemessa dopo la sua caducazione?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23712/2024, affronta due questioni cruciali in tema di procedura penale: la concretezza della lesione del diritto di difesa e l’ambito di applicazione della procedura per la riemissione di una misura cautelare divenuta inefficace. Questa pronuncia chiarisce che anche le misure non custodiali, come il divieto di dimora, possono essere ripristinate seguendo le garanzie previste dall’art. 302 c.p.p., originariamente pensato per le misure più gravi.

I Fatti del Caso

Il caso origina da un’ordinanza del Tribunale di Cagliari che confermava la misura cautelare del divieto di dimora nei confronti di un uomo, gravemente indiziato di atti persecutori, lesioni e violenza sessuale ai danni dei suoi vicini. Una prima misura era stata dichiarata inefficace a causa di un vizio procedurale relativo alla notifica dell’interrogatorio di garanzia.

L’indagato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due principali violazioni di legge:
1. Violazione del diritto di difesa: L’ammissione al gratuito patrocinio, sebbene richiesta tempo prima, gli era stata comunicata solo dopo il nuovo interrogatorio di garanzia. Questo ritardo, a suo dire, gli avrebbe impedito di estrarre copia degli atti e preparare un’adeguata difesa.
2. Errata applicazione della legge: La difesa sosteneva che la procedura di ripristino della misura cautelare prevista dall’art. 302 c.p.p. fosse applicabile solo alle misure custodiali (carcere, arresti domiciliari) e non a quelle non custodiali come il divieto di dimora.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi di ricorso, fornendo importanti chiarimenti interpretativi.

La genericità del motivo sulla violazione del diritto di difesa

Riguardo al primo punto, la Corte ha definito la doglianza come generica e meramente potenziale. Il ricorrente, infatti, non aveva dimostrato di aver effettivamente richiesto il rilascio di copie degli atti e di aver ricevuto un diniego a causa del mancato pagamento dei diritti. La lesione al diritto di difesa, per essere rilevante, deve essere concreta e provata, non basata su un assunto ipotetico. La Cassazione ha ribadito il principio di autosufficienza del ricorso, secondo cui è onere del ricorrente allegare tutti gli atti e i documenti a sostegno delle proprie tesi. In assenza di tale prova, il motivo è stato dichiarato inammissibile.

L’estensione della procedura di ripristino a ogni misura cautelare

Sul secondo e più rilevante motivo, la Corte ha stabilito che la procedura prevista dall’art. 302 c.p.p. per riemettere una misura cautelare caducata si applica a tutte le misure coercitive, non solo a quelle custodiali. Sebbene l’interrogatorio nullo sia equiparato al mancato espletamento, la legge consente di disporre nuovamente la misura, ma solo dopo aver svolto un valido interrogatorio.

La Corte ha argomentato che un’interpretazione restrittiva della norma sarebbe intrinsecamente contraddittoria. Tratterebbe infatti in modo più favorevole le misure meno afflittive (come il divieto di dimora), impedendone il ripristino, rispetto a quelle più gravi (come la custodia in carcere). L’interrogatorio di garanzia è lo strumento di difesa più efficace per l’indagato, indipendentemente dal tipo di misura cautelare applicata, poiché tutte comprimono beni fondamentali della persona. Pertanto, la sanzione della perdita di efficacia e la successiva possibilità di ripristino, previa garanzia difensiva, devono valere per ogni tipo di misura.

Conclusioni

La sentenza n. 23712/2024 della Corte di Cassazione consolida un importante principio di garanzia nel sistema processuale penale. In primo luogo, sottolinea che la violazione del diritto di difesa deve essere allegata in modo specifico e concreto, non potendo basarsi su mere ipotesi. In secondo luogo, e con maggiore impatto sistemico, estende in via interpretativa la possibilità di riemettere una misura cautelare caducata a tutte le tipologie di misure coercitive, a patto che venga sanato il vizio originario attraverso un preventivo interrogatorio dell’indagato. Questa decisione garantisce coerenza al sistema, evitando irragionevoli disparità di trattamento e assicurando che il fondamentale strumento di difesa dell’interrogatorio sia sempre garantito prima di ripristinare una qualsiasi limitazione della libertà personale.

La tardiva comunicazione dell’ammissione al gratuito patrocinio rende nullo l’interrogatorio di garanzia?
No, non automaticamente. Secondo la Corte, per lamentare una violazione del diritto di difesa è necessario dimostrare un pregiudizio concreto, ad esempio provando di aver richiesto copie degli atti e che queste siano state negate per il mancato pagamento dei diritti. Una doglianza basata su un danno solo potenziale o ipotetico è considerata generica e inammissibile.

Una misura cautelare non custodiale, come un divieto di dimora, può essere disposta nuovamente dopo essere divenuta inefficace per un vizio procedurale?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la procedura di ripristino prevista dall’art. 302 c.p.p., che consente di emettere nuovamente una misura cautelare caducata, si applica a tutte le misure coercitive, sia custodiali che non custodiali. La condizione fondamentale è che il giudice proceda a un preventivo interrogatorio dell’indagato per sanare il vizio precedente e valutare la persistenza delle esigenze cautelari.

Perché la Corte ha esteso la procedura di ripristino anche alle misure non custodiali?
Per una questione di logica e coerenza del sistema. Limitare questa possibilità alle sole misure custodiali creerebbe una contraddizione: le misure meno gravi non potrebbero essere ripristinate, mentre quelle più afflittive sì. Poiché l’interrogatorio di garanzia è uno strumento di difesa fondamentale per qualsiasi misura che limiti la libertà personale, la sua garanzia, anche in sede di ripristino, deve essere applicata a tutte le misure senza distinzioni irragionevoli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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