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Misura cautelare carceraria: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l’ordinanza che disponeva la sua misura cautelare carceraria per spaccio di cocaina. L’indagato contestava la sussistenza del pericolo di recidiva e la gravità del quadro indiziario, ma la Corte ha ritenuto che le censure fossero di merito e non di legittimità. La decisione del Tribunale, basata non solo su intercettazioni ma anche su osservazioni e sequestri, è stata giudicata logica e ben motivata, confermando così la detenzione.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misura Cautelare Carceraria: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha ribadito i confini del proprio giudizio in materia di misura cautelare carceraria, dichiarando inammissibile il ricorso di un indagato. La decisione sottolinea come le valutazioni sul merito dei fatti e sulla gravità degli indizi, se logicamente motivate dal giudice del riesame, non possano essere rimesse in discussione in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto a misura cautelare in carcere con l’accusa di aver partecipato a plurimi episodi di acquisto e detenzione di cocaina a fini di spaccio. Il Tribunale del Riesame di Messina aveva confermato il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, ritenendo sussistenti sia un grave quadro indiziario sia un concreto e attuale pericolo di recidiva.

Contro questa decisione, la difesa dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione, articolando la propria linea su due argomentazioni principali.

I Motivi del Ricorso e la Misura Cautelare Carceraria

La difesa ha contestato l’ordinanza del Tribunale del Riesame sotto due profili:

1. Vizio di motivazione e violazione di legge sull’attualità del pericolo di recidiva: Secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe considerato adeguatamente il lungo lasso di tempo trascorso tra i fatti contestati (risalenti al 2021) e l’applicazione della misura. Inoltre, la prova del pericolo attuale, basata sul rinvenimento di sette telefoni cellulari, sarebbe stata debole, in quanto i dispositivi erano datati, non funzionanti e appartenenti anche a familiari.

2. Insufficienza del quadro indiziario: Il secondo motivo di ricorso mirava a smontare la gravità degli indizi. La difesa sosteneva che le prove si basassero essenzialmente su “droga parlata”, ovvero intercettazioni, senza elementi concreti a supporto. Si evidenziava l’assenza di contatti diretti con gli acquirenti, la mancanza di prove sulla cessione a terzi e l’impossibilità di escludere che le consegne fossero per uso personale.

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi.

Relativamente al primo punto, i giudici hanno chiarito che le argomentazioni della difesa rappresentavano una contestazione di merito, volta a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Il Tribunale del Riesame aveva fornito una motivazione logica sul pericolo di recidiva, collegandolo all’abitualità dell’attività illecita e al rinvenimento dei telefoni, considerati strumenti funzionali al crimine. Di fronte a una motivazione coerente, la Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per la sua aspecificità. La Corte ha osservato come il ricorrente avesse definito il quadro probatorio come mera “droga parlata”, ignorando che la decisione del Tribunale si fondava anche su altri elementi cruciali. In particolare, erano stati valorizzati atti di polizia giudiziaria come osservazioni e sequestri: cocaina era stata trovata in possesso sia di due giovani appena usciti dall’abitazione dell’indagato, sia dell’indagato stesso dopo una consegna. Questi elementi, letti unitamente alle intercettazioni, delineavano un modus operandi chiaro e reiterato, che portava a ritenere in modo coerente e plausibile che l’indagato acquistasse partite di cocaina per la successiva vendita.

Conclusioni

La sentenza riafferma un principio cardine del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove riesaminare le prove. Quando un Tribunale del Riesame conferma una misura cautelare carceraria con una motivazione logica, coerente e basata su una pluralità di fonti di prova (non solo intercettazioni, ma anche riscontri oggettivi), le censure che si limitano a proporre una diversa lettura dei fatti sono destinate all’inammissibilità. La decisione evidenzia l’importanza di costruire un quadro indiziario solido, che vada oltre la “droga parlata” e si fondi su elementi concreti, la cui valutazione, se ben argomentata, difficilmente potrà essere scalfita in sede di legittimità.

Quando un ricorso contro una misura cautelare carceraria è inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando, invece di denunciare violazioni di legge, tenta di ottenere dalla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito. Inoltre, è inammissibile se le censure sono generiche e non si confrontano specificamente con la motivazione del provvedimento impugnato.

La cosiddetta “droga parlata” è sufficiente per giustificare una misura cautelare?
La sentenza chiarisce che la decisione non si basava unicamente sulla “droga parlata” (intercettazioni). Il quadro indiziario era stato ritenuto grave perché le conversazioni erano supportate da prove concrete, come osservazioni della polizia giudiziaria e sequestri di sostanza stupefacente effettuati subito dopo le consegne, che confermavano l’attività di spaccio.

Come si valuta l’attualità del pericolo di recidiva a distanza di tempo dai reati?
L’attualità del pericolo può essere desunta anche da elementi successivi ai fatti contestati. Nel caso specifico, il Tribunale ha ritenuto che il rinvenimento di numerosi telefoni cellulari, considerati strumenti tipici per l’attività di spaccio, fosse un indicatore sufficiente a dimostrare la persistenza del rischio di reiterazione del reato, fornendo una motivazione ritenuta logica dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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