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Misura alternativa provvisoria: quando è inappellabile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego di una misura alternativa provvisoria. La decisione del Magistrato di Sorveglianza, basata sulla presenza di un reato ostativo, è stata ritenuta un atto interlocutorio e quindi non impugnabile. La Corte ha ribadito che la competenza per le misure alternative spetta al Tribunale di Sorveglianza, salvo casi di urgenza, e che il rigetto provvisorio non è appellabile.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misura Alternativa Provvisoria: la Cassazione ne Sancisce l’Inappellabilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5855 del 2024, affronta una questione cruciale in materia di esecuzione penale: l’impugnabilità del rigetto di una istanza di misura alternativa provvisoria. La pronuncia chiarisce la natura di tale provvedimento e i confini della competenza tra Magistrato e Tribunale di Sorveglianza, offrendo una guida indispensabile per gli operatori del diritto. Il caso riguardava un detenuto che, dopo il diniego, si era rivolto alla Suprema Corte, vedendo però il proprio ricorso dichiarato inammissibile per ragioni prettamente procedurali.

I Fatti del Caso

Un detenuto aveva presentato un’istanza al Magistrato di Sorveglianza di Frosinone per ottenere l’applicazione in via provvisoria della detenzione domiciliare e dell’affidamento in prova. Il Magistrato, tuttavia, aveva dichiarato le richieste inammissibili. La ragione del diniego risiedeva nella presenza, nel cumulo di pene in esecuzione, di una condanna per un cosiddetto “reato ostativo” (nello specifico, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ex art. 74 T.U. Stup.), che per legge preclude l’accesso a determinati benefici penitenziari.

Il difensore del condannato ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che la pena relativa al reato ostativo fosse già stata interamente scontata grazie all’applicazione della liberazione anticipata. Secondo la tesi difensiva, il cumulo giuridico avrebbe dovuto essere “sciolto”, facendo così venire meno l’ostacolo alla concessione delle misure alternative.

Il Principio di Diritto: la Non Impugnabilità della Misura Alternativa Provvisoria

Il cuore della decisione della Suprema Corte non risiede nel merito della questione (ovvero se il reato ostativo fosse effettivamente superato), ma in un aspetto puramente procedurale. La Corte ha stabilito che il ricorso era inammissibile perché il provvedimento impugnato, ossia il rigetto della domanda di misura alternativa provvisoria da parte del Magistrato di Sorveglianza, non è un atto appellabile.

La giurisprudenza di legittimità, richiamata e confermata dalla Corte, ha da tempo chiarito che la decisione del Magistrato di Sorveglianza su un’istanza provvisoria ha natura meramente interlocutoria. Questo significa che non è una decisione definitiva sul diritto del condannato, ma un provvedimento temporaneo in attesa della valutazione dell’organo collegiale competente, il Tribunale di Sorveglianza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ribadito la distinzione fondamentale di competenze:
1. Tribunale di Sorveglianza: È l’organo naturalmente competente a decidere sulla concessione delle misure alternative alla detenzione.
2. Magistrato di Sorveglianza: Può intervenire solo in via provvisoria e d’urgenza, specificamente «quando sussiste un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione».

Nel caso di specie, l’istanza era stata rivolta unicamente al Magistrato per ottenere l’applicazione provvisoria delle misure. La sua decisione, sia essa di accoglimento o di rigetto, assume una natura interinale, destinata ad essere assorbita dalla successiva e definitiva pronuncia del Tribunale. Proprio per questa sua natura, il provvedimento non è autonomamente impugnabile.

La Corte ha citato un precedente specifico (Sez. 1, n. 23363 del 2018), secondo cui «in materia di esecuzione della pena, non è impugnabile il rigetto della domanda di applicazione provvisoria della misura alternativa della detenzione domiciliare, in quanto avente natura meramente interlocutoria». Di conseguenza, non sussisteva alcun obbligo per il Magistrato di trasmettere gli atti al Tribunale, poiché la domanda era stata formulata per ottenere unicamente una decisione provvisoria da parte sua.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio procedurale di fondamentale importanza pratica: il rigetto di un’istanza per l’applicazione di una misura alternativa provvisoria da parte del Magistrato di Sorveglianza è un atto inappellabile. La strategia processuale corretta per il detenuto non è quella di impugnare tale diniego, ma di presentare (o aver già presentato) l’istanza principale all’organo competente, ovvero il Tribunale di Sorveglianza, che deciderà nel merito della richiesta. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di indirizzare correttamente le istanze agli organi giurisdizionali competenti per evitare declaratorie di inammissibilità che ritardano la tutela dei diritti del condannato.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro il rigetto di una richiesta di misura alternativa provvisoria?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il provvedimento con cui il Magistrato di Sorveglianza rigetta una domanda di applicazione provvisoria di una misura alternativa non è impugnabile, in quanto ha natura meramente interlocutoria.

A quale organo bisogna rivolgersi per ottenere una misura alternativa alla detenzione?
La competenza ordinaria per la concessione di misure alternative come l’affidamento in prova o la detenzione domiciliare spetta al Tribunale di Sorveglianza. Il Magistrato di Sorveglianza può intervenire solo in via provvisoria e d’urgenza quando sussiste un grave pregiudizio per il detenuto.

Perché l’istanza iniziale del detenuto è stata dichiarata inammissibile dal Magistrato di Sorveglianza?
Il Magistrato ha dichiarato l’istanza inammissibile a causa della presenza, nel cumulo delle pene da scontare, di una condanna per un reato ostativo (art. 74 T.U. Stupefacenti), che per legge impedisce l’accesso a tali benefici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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