Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5855 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5855 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in ALBANIA il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 22/08/2023 del MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA di FROSINONE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio, con trasmissione degli atti al Magistrato di sorveglianza di Frosinone per nuovo esame;
dato avviso al difensore;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Magistrato di sorveglianza di Frosinone ha dichiarato inammissibili le stanze avanzate nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE di applicazione in via provvisoria della detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1-quater, legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.) e dell’affidamento ex art. 47, comma 4, ord. pen., a causa della presenza, nel provvedimento di cumulo, di una condanna per reato ostativo (art. 74 TU Stup.).
Ricorre RAGIONE_SOCIALE, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione di legge in relazione all’art. 4-bis, comma 1-quater, ord. pen. perché, alla luce della concessione della liberazione anticipata, era stata espiata la pena per il reato ostativo, sicché il provvedimento di cumulo doveva essere sciolto, con conseguente insussistenza della condanna ostativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché il provvedimento non è impugnabile.
Il condannato, tramite il difensore, ha avanzato al Magistrato di sorveglianza di Frosinone una istanza volta ad ottenere la concessione della liberazione anticipata per il periodo trascorso in custodia cautelare con contestuale richiesta di applicazione dell’affidamento in prova e della detenzione domiciliare.
2.1. Il Magistrato di sorveglianza ha, con separato provvedimento in data 10 luglio 2023, concesso la liberazione anticipata e, con il provvedimento impugnato, dichiarato inammissibili le ulteriori istanze allo stesso rivolte.
2.2. COGNOME Il COGNOME condannato, COGNOME tramite COGNOME il COGNOME difensore, COGNOME impugna COGNOME quest’ultimo provvedimento.
È utile chiarire che il Magistrato di sorveglianza, salvo che la istanza di applicazione di misure alternative gli sia rivolta «quando sussiste un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione», non ha competenze dirette sulla concessione dell’affidamento in prova e della detenzione domiciliare; le relative istanze, infatti, devono essere rivolte al Tribunale di sorveglianza.
Ebbene, il Magistrato di sorveglianza è chiamato a pronunciarsi, in via provvisoria, unicamente quando sussista l’indicato pregiudizio. In tale caso,
tuttavia, il provvedimento assume natura interinale e non è, dunque, impugnabile.
3.1. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che «in materia di esecuzione della pena, non è impugnabile il rigetto della domanda di applicazione provvisoria della misura alternativa della detenzione domiciliare, in quanto avente natura meramente interlocutoria» (Sez. 1, n. 23363 del 11/05/2018, COGNOME, Rv. 273145 – 01, ha escluso che il Magistrato di Sorveglianza dovesse comunque trasmettere gli atti al Tribunale, essendo la domanda diretta ad ottenere unicamente l’applicazione provvisoria della misura alternativa).
3.2. Il richiamato principio di diritto, che il collegio condivide e intende ogg riaffermare, deve essere applicato nel caso in esame, tenuto conto che l’istanza era diretta unicamente al Magistrato di sorveglianza per la applicazione delle misure alternative. Si tratta, in effetti, della richiesta di applicazione in provvisoria di dette misure alternative.
Anche nel caso in esame, del resto, non vi era l’obbligo, per il Magistrato di sorveglianza di investire il Tribunale della questione poiché l’istanza era allo stesso unicamente diretta, senza che la domanda fosse stata anche rivolta al Tribunale di sorveglianza.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 gennaio 2024.
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