Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18569 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18569 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME NOMECOGNOME nato a napoli il 16/03/1982 avverso l’ordinanza del 03/10/2024 del Tribunale di sorveglianza di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Napoli, con l’ordinanza in preambolo, ha rigettato l’opposizione proposta, ai sensi degli artt. 678, comma 1-bis, e 667, comma 4, cod. proc. pen., da NOME COGNOME avverso il provvedimento, in data 8 febbraio 2024, con cui era stata dichiarata non estinta – a far data dal 23 ottobre 2019 – la pena detentiva di due anni di reclusione, inflitta con sentenza del Tribunale di Perugia in data 23 dicembre 2009, irrevocabile il 19 aprile 2017, per esito negativo dell’affidamento in prova.
Ricorre per cassazione COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, avv. COGNOME e sviluppa un unico motivo di ricorso con il quale denuncia la violazione di legge e la totale assenza di motivazione in punto di omesso vaglio da parte del Tribunale dei presupposti per la concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare.
Il Tribunale avrebbe dovuto considerare, una volta dichiarata non estinta la pena per esito negativo della prova, i presupposti per l’applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare ordinaria ovvero quella prevista dalla legge n. 199 del 2010.
Si tratta -› osserva il ricorrente – di un’opzione certamente consentita dalla giurisprudenza di legittimità, ampiamente citata nel ricorso, che ha il vantaggio di evitare l’ingresso in Istituto in casi, come quello che ci occupa, in cui la pena da scontare (qui pari a nove mesi) Ł sicuramente compatibile con il beneficio della detenzione domiciliare.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata, ha prospettato il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deduce censure manifestamente infondate e, come tale, va dichiarato inammissibile.
Non Ł superfluo premettere che si verte in tema di dichiarazione di esito non positivo della prova, ai sensi dell’art. art 47, comma 12, legge 26 luglio 12975 n. 354 (Ord. pen.), ma il ricorrente non avversa la motivazione sotto il profilo delle ragioni della dichiarazione del fallimento della prova, bensì lamenta l’omessa valutazione della possibilità di applicare al condannato la detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47-ter Ord. pen. ovvero ai sensi dell’art. 1 legge n. 199 del 2010.
Tanto premesso, Ł principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità quello secondo «il Tribunale di sorveglianza che dichiari la non estinzione della pena per esito negativo del periodo di prova Ł tenuto a valutare la richiesta, avanzata dal condannato nel corso del procedimento, di applicazione di diversa misura alternativa in relazione alla pena detentiva da eseguire» (Sez. 1, Sentenza n. 36401 del 15/07/2022, COGNOME, Rv. 283671 – 01).
L’onere a carico del Tribunale Ł, dunque, subordinato a una specifica richiesta del condannato, non ravvisandosi invece un potere officioso del giudice specializzato, come condivisibilmente chiarito in Sez. 1, n. 40579 del 02/10/2024, Toma, n.m.
In detto arresto, invero, quanto alla scelta di non applicare una misura meno afflittiva diversa dal ripristino della carcerazione, si pone in evidenza la differenza tra gli istituti della sospensione cautelativa della misura alternativa in corso di esecuzione previsto dall’art. 51-ter Ord. pen. e la revoca dell’affidamento in prova prevista dall’art. 47, comma 11, Ord. pen., da una parte, e la declaratoria di esito negativo della prova e revoca retroattiva della misura disposte nel giudizio di cui all’art. 47, comma 12. Ord. pen., dall’altra.
Nel primo caso il Tribunale di sorveglianza Ł chiamato a valutare la sussistenza di comportamenti dell’affidato al fine di verificare se la misura in corso di esecuzione, applicata rebus sic stantibus, mantenga ancora la sua idoneità a conseguire il recupero sociale e sia ancora adeguata a fronteggiare il pericolo di recidivanza. Il legislatore, al fine evidente di favorire il rapido adattamento del beneficio concesso alle mutate condizioni, ha attribuito al giudice procedente un ampio potere discrezionale di scelta, consentendogli di adottare provvedimenti che statuiscano non solo la prosecuzione o la revoca della misura ma anche la sua sostituzione con altre, piø restrittive. Di contro, in sede di giudizio sull’esito del periodo di prova, non viene in considerazione l’esigenza di applicare nell’attualità all’affidato una misura piø adeguata alle mutate condizioni; il giudice procedente deve, infatti, valutare l’intero arco di svolgimento della misura, ormai conclusa, al fine di decidere se vi sia stata, da parte del condannato, una mera formale adesione alle regole di buona condotta, ovvero se sia avvenuto il suo effettivo recupero sociale e, in caso di valutazione negativa, determinare il quantum di pena – eventualmente anche in misura corrispondente a quella originariamente inflitta – che lo stesso deve ancora espiare.
Si giunge, pertanto, alla condivisa conclusione che, se «non Ł dunque prospettabile un’interpretazione analogica o estensiva dell’art. 51-ter Ord. che permetta di attribuire al tribunale di sorveglianza, adito ex art, 47, comma 12, Ord. pen., il potere di sostituire la pena detentiva ancora da espiare con altra misura alternativa, ciò, però, non significa che il tribunale di sorveglianza, una volta dichiarata la non estinzione della pena per esito negativo dell’affidamento in prova, non abbia il
potere-dovere di prendere in esame l’istanza di misura alternativa avanzata dal condannato nel corso del procedimento in relazione alla pena detentiva che, a seguito della revoca dell’affidamento con efficacia retroattiva, dovrà scontare, e ove ricorrano i presupposti, di accoglierla»; ciò alla luce di evidenti ragioni sistematiche e di speditezza processuale, poichØ la domanda di detenzione domiciliare, avanzata nel giudizio sull’esito della prova costituisce un’anticipazione di quella che il condannato può comunque avanzare, a distanza anche molto ravvicinata, a mente dell’art. 47-ter, comma 1-quater Ord. pen. «dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena» allo stesso organo giurisdizionale che, per di piø, nel valutarla per formulare il necessario giudizio prognostico, dovrà prendere necessariamente in considerazione la medesima base fattuale posta a fondamento della decisione sull’esito della prova.
Venendo al caso in scrutinio, in questa cornice ermeneutica – in assenza di un’esplicita richiesta di misura meno afflittiva (che difatti il ricorrente non solo non documenta, ma neppure deduce di avere svolto dinanzi al Tribunale di sorveglianza) – del tutto adeguata deve ritenersi la motivazione del Giudice specializzato di ripristinare la pena detentiva residua, alla stregua della pericolosità sociale di Gentile, come resa evidente dai fatti commessi e dalle violazioni delle prescrizioni imposte, puntualmente indicati nel provvedimento.
Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000) – al versamento della somma, ritenuta congrua, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME