Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20265 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20265 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a Palermo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/12/2023 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA DI BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 16 novembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Brescia nella composizione monocratica prevista dall’art. 678, comma 1-ter, cod. proc. pen. per la valutazione delle istanze di misura alternativa presentate ex art. 656, comma 5, cod. proc. pen., da condannati che abbiano da espiare una pena non superiore ad un anno e sei mesi, ha concesso a NOME la detenzione domiciliare e respinto, invece, l’istanza di affidamento in prova.
Con ordinanza del 19 dicembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Brescia, in composizione collegiale, ha respinto l’opposizione presentata dall’interessato.
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto l’opposizione, in quanto ha rilevato che l’interessato risulta avere precedenti penali fin dai primi anni 2000, ha riportato quattro condanne per evasione, ha riportato tre condanne per spaccio, ha riportato condanna anche per più episodi di sottrazione di cose sottoposte a sequestro, nonché per più reati relativi alla circolazione stradale, risulta gravato
da precedenti di polizia anche per altri reati, risulta essere segnalato quale assuntore di sostanze stupefacenti, risulta esser stato sottoposto ad avviso orale, risulta essere stato sottoposto anche al divieto di accesso alle aree urbane, risulta esser stato condanNOME il 12 maggio 2022 anche per il reato di esercizio di attività di parcheggiatore abusivo; inoltre, il fratello dell’interessato è gravato a sua volta di precedenti penali ed è tuttora detenuto; in definitiva, il condanNOME è un soggetto stabilmente dedito al crimine nei cui confronti i precedenti benefici penitenziari non hanno sortito effetti positivi in termini di rieducazione sociale.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condanNOME, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce incompetenza per territorio del giudice che ha pronunciato l’ordinanza impugnata, in quanto, trattandosi di una procedura che ha ad oggetto un libero sospeso, è competente ex art. 677, comma 2, cod. proc. pen. il Tribunale di sorveglianza del luogo in cui l’interessato ha la residenza, ovvero Palermo.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge per incompatibilità di uno dei giudici che ha partecipato al collegio che ha emesso l’ordinanza impugnata, atteso che lo stesso magistrato è estensore sia del provvedimento del 16 novembre emesso dal Tribunale in composizione monocratica, sia dell’ordinanza collegiale del 29 dicembre 2023 che ha deciso l’opposizione contro di essa.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge perché l’opponente sta svolgendo giornalmente lavori di pubblica utilità presso un’associazione di volontariato e frequenta la scuola, ha quindi in corso un programma di reinserimento sociale che la misura applicata interromperebbe con danni irrimediabili; inoltre, nel!’ ordinanza impugnata è contenuto un errore, perché si sostiene che il condanNOME sarebbe stato condanNOME il 16 dicembre 2014 per l’attività di parcheggiatore abusivo, in realtà la condanna oggetto della procedura incardinata davanti al Tribunale di sorveglianza è per il delitto dell’art. 640 cod. pen., e non per il reato di esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore, che è stato introdotto soltanto con I. 1 dicembre 2018 n. 132, di quindici anni successivi al fatto oggetto della condanna citata.
Con requisitoria scritta, il P.G., NOME COGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo, sulla competenza territoriale a provvedere sulla istanza di misura alternativa per il condanNOME libero, raggiunto da un ordine di esecuzione con sospensione dell’esecuzione, è manifestamente infondato, in quanto in contrasto con l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, che ricostruisce il rapporto tra l’art. 677 cod. proc. pen. e l’art. 656, comma 6, cod. proc. pen. nel senso che “la competenza in materia di concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova, in ipotesi di condanNOME per il quale è stata disposta sospensione dell’esecuzione, appartiene al Tribunale di sorveglianza del luogo in cui ha sede l’ufficio del P.M. che ha promosso la sospensione (…)” (Sez. 1, Sentenza n. 53177 del 08/10/2014, confl. comp. in proc. Travaglini, Rv. 261606).
Infatti, “l’art. 656, comma 6, cod. proc. pen. deve ritenersi speciale rispetto al principio generale di cui all’art. 677 stesso codice” (Sez. 1, Sentenza n. 8000 del 28/09/2018, dep. 2019, Bellassai, Rv. 276398).
Il secondo motivo, sulla incompatibilità del giudice, è manifestamente infondato, sia perché la deduzione avrebbe dovuto essere effettuata nel corso dell’udienza camerale “partecipata” nel contraddittorio delle parti presenti (Sez. 1, Sentenza n. 6842 del 05/02/2008, Lazic, Rv. 238650), sia perché privo di base normativa, atteso che l’art. 678, comma 1-ter, cod. proc. pen. non prevede incompatibilità tra l’emissione del provvedimento monocratico e la partecipazione al collegio che decide l’opposizione contro di esso.
Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha già ritenuto “manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 678, comma 1-ter, cod. proc. pen. per contrasto con l’art. 111 Cost., nella parte in cui prevede che il magistrato di sorveglianza delegato all’adozione dell’ordinanza di applicazione provvisoria della detenzione domiciliare componga il collegio del Tribunale di sorveglianza nell’eventuale giudizio di opposizione, non avendo quest’ultimo natura innpugNOMEria e risolvendosi nella valutazione dell’istanza di ammissione alla misura alternativa, all’esito del pieno contraddittorio, nella seconda fase del procedimento di primo grado” (Sez. 1, Sentenza n. 16830 del 01/02/2023, Guerrieri, Rv. 284535).
Il terzo motivo, che riguarda la valutazione del Tribunale nel merito, è infondato.
In esso sono spesi due argomenti. L’argomento secondo cui l’ordinanza conterrebbe un errore, in quanto in essa si scrive che la sentenza in espiazione riguarda una condanna per esercizio di attività abusiva di parcheggiatore, mentre
invece riguarda una truffa, è corretto in fatto, però è infondato, in quanto inidoneo a disarticolare la motivazione dell’ordinanza impugnata, atteso che quello denunciato in ricorso è un mero refuso che non incide sul percorso logico della decisione, in quanto il travisamento degli elementi di fatto posti alla base della decisione comporta l’illegittimità del provvedimento impugNOME “solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato” (Sez. 5, Sentenza n. 48050 del 02/07/2019, S. Rv. 277758).
Nel caso in esame, infatti, a pag. 1 l’ordinanza dava atto che era in espiazione una condanna per truffa, anche se a pag. 2 essa contiene l’errore materiale su cui si sofferma il ricorso (il Tribunale di sorveglianza confonde la sentenza di condanna della Corte d’appello di Brescia del 16 dicembre del 2014, che è quella in espiazione e che riguarda una truffa, con la sentenza di condanna del Tribunale di Palermo del 12 maggio del 2022, che invece riguarda l’attività di parcheggiatore abusivo). La circostanza, però, che fosse in espiazione una truffa emerge in modo nitido a pag. 1 della motivazione, ne consegue che il refuso non incide sul percorso logico della decisione.
Il secondo argomento speso nel motivo è che l’interessato ha in corso un programma di lavori di pubblica utilità presso un’associazione di volontariato e la frequenza scolastica, che illegittimamente sarebbero stati pretermessi nell’ordinanza impugnata. L’argomento è infondato, in quanto in modo non illogico l’ordinanza impugnata ritiene che l’attività di volontariato, la percezione di aiuti statali, l’assoluzione per il reato di tentata estorsione e la frequentazione della scuola media non siano in grado di scalfire la solidità del costrutto argomentativo della decisione opposta, imperniato sul triplice pilastro costituito dalla scarsa consapevolezza del condanNOME del disvalore delle azioni realizzate, dalla carenza di impegno dello stesso in iniziative finalizzate alla risocializzazione, e dalla persistenza in questi di stili di vita che hanno favorito l’insorgenza all’attuazione del proposito criminoso.
La circostanza, infatti, che il condanNOME stia, ad altro titolo, svolgendo lavori di pubblica utilità non è indice decisivo circa la capacità di gestire responsabilmente gli spazi di libertà che gli verrebbero lasciati in caso di concessione dell’affidamento in prova, mentre il percorso scolastico è comunque garantibile, mediante autorizzazioni, anche in regime di detenzione domiciliare.
Il ricorso è, nel complesso, infondato. Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 2 maggio 2024 Il consigliere estensore COGNOMEIl
COGNOME esidente