Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1914 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1914 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso limitatamente alla censura formulata all’ultimo capoverso pagina 2 del ricorso e per l’annullamento con rinvio ilei provvedimento impugnato, c rigetto nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato le istanze di affidamento in prova al servizio sociale e di detenzion domiciliare presentate, ai sensi dell’art. 656, comma 6, cod. proc. pen., da NOME, a carico del quale risulta da espiare la pena di mesi otto di reclusione, inflittagli dal Tribunale di Como, con sentenza del 07/05/2012, confermata dalla Corte di appello di Milano in data 117/02/2016 e passata in giudicato il 07/06/2017, per il reato di cui all’art. 495 cod. pe commesso nell’anno 2009.
1.1. In premessa, il Tribunale ha osservato che, all’udienza del 28/10/2021, veniva disposto il rinvio del procedimento a nuovo ruolo, con previsione di fissazione della successiva udienza non prima dell’inizio del 2023; ciò in quanto in data 05/12/2017, in esecuzione della sentenza del Tribunale di Milano del 03/07/2014, il condannato era stato espulso dal territorio dello Stato, con accompagnamento alla frontiera, a titolo di misura di sicurezza e con divieto di rientro in Italia per cinque anni, ossia fino al 04/12/2022. A seguito di istanz difensiva, inoltre, il Tribunale – all’udienza del 07/02/2023 – aveva disposto u differimento, al fine di consentire la produzione di documentazione, inerente all’attuale situazione dell’assistito relativamente all’espulsione.
1.2. All’udienza del 21/03/2023, dunque, il giudice a quo decideva in ordine alle istanze, che rigettava, evidenziando l’assenza tanto di elementi utili pe ritenere che il condannato si trovasse nel territorio nazionale, quanto di circostanze significative in ordine alla sua condizione (lavoro, regolarità su territorio o altro), prescindendosi dalla dichiarazione di disponibilità ad ospita rilasciata dalla moglie NOME COGNOME.
Ricorre per cassazione NOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, articolando un motivo unico, che viene di seguito riassunto entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. e mediante il quale viene denunciata violazione dell’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché vizio della motivazione. La formulazione dell’art. 47 Ord. pen., infatti, non prevede che il soggetto esecutato debba necessariamente trovarsi in Italia, nel momento in cui il Tribunale di sorveglianza prende in esame la richiesta di misura alternativa; tale norma esige invece, esclusivamente, che l’esecuzione della stessa misura alternativa debba svolgersi nel territorio dello Stato. Sebbene il condannato si trovi al momento all’estero, egli è nelle condizioni di rientrare in Italia, sia ricongiungersi alla moglie – essendo ormai decorso il termine quislquennale
dall’espulsione – sia per l’espiazione della pena. Dal fascicolo risultano, peraltr sia l’idoneità del domicilio della moglie, attestata dai C:arabinieri nella l informativa, sia la disponibilità di una ditta, ad assumerlo alle proprie dipendenze con regolare contratto.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto che, in parziale accoglimento del ricorso, l’ordinanza impugnata venga annullata con rinvio. Il giudice non ha tenuto adeguatamente conto né dell’evoluzione giurisprudenziale, che ha condotto ad affermare la compatibilità dell’affidamento in prova con la condizione di irregolarità del soggetto straniero, né della situazione specific dell’interessato, il quale era nelle condizioni di poter rientrare in Italia ricongiungersi alla moglie e per l’esecuzione della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La presenza del condannato in Italia non rappresenta presupposto essenziale di ammissibilità, in sede di valutazione dell’istanza di accesso alle misure alternative alla detenzione; anche allorquando vi sia una residenza all’estero, occorre invece sempre valutare il merito dell’istanza e, in particolar verificare la sussistenza di una effettiva prospettiva risocializzante nel nostr Paese per il condannato, connessa ad una concreta offerta lavorativa. La costante giurisprudenza di legittimità, infatti, è orientata nel senso «In tema d affidamento in prova al servizio sociale, non ha alcun rilievo l’attualità del presenza del condannato in Italia al momento della domanda, in quanto si deve comunque verificare in concreto se la prova, una volta accertata la sussistenza dei presupposti di legge, possa o meno avere regolare svolgimento nel territorio nazionale» (Sez. 1, n. 29655 del 17/06/2003, COGNOME, Rv. 226139; Sez. 1, n. 43390 del 22/09/2014, COGNOME, Rv. 260722; Sez. 1, n. 14182 del 20/03/2018, Lucarelli, n.m.). In definitiva – una volta accertata la sussistenza dei presupposti di legge dell’affidamento in prova – occorre procedere a una verifica, in concreto, circa il fatto che tale misura possa, o meno, avere un regolare svolgimento sul territorio nazionale. La presenza in territorio italiano, tale ottica, non è prodromica alla ammissibilità dell’istanza, bensì alla effettiv e fattibilità dello svolgimento dell’affidamento in prova
Nell’istanza che ha dato luogo al provvedimento impugnato, però, nulla è dimostrato o dedotto, in ordine alla concreta possibilità di espletamento della
misura alternativa nel territorio italiano. Il condannato, infatti, si è limit invocare la concessione di una misura alternativa, senza c:hiarire tempi e modi del suo rientro in Italia, senza specificare la eventuale regolarità della s presenza sul territorio nazionale; nulla il ricorrente ha chiarito, infine, in or alla sua condizione lavorativa. Il Tribunale di sorveglianza di Milano, quindi, ha applicato correttamente le norme richiamate, dimostrando anche di saper fare buon governo delle regole ermeneutiche dettate da questa Corte, nonché dipanando una motivazione congruente, logica e priva di contraddittorietà e, in quanto tale, destinata a restare immune da censure in sede di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2023.