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Minore gravità: Cassazione annulla, nuovo esame

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava l’applicazione della circostanza attenuante della minore gravità per il reato di produzione di materiale pedopornografico (art. 600-ter c.p.). Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello, che dovrà effettuare una nuova valutazione basandosi sui criteri specifici indicati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 91/2024. I punti focali della nuova analisi dovranno essere l’effettiva estraneità della condotta al mercato di diffusione di tale materiale e la reale entità del danno psicologico arrecato alle vittime.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Minore gravità e pedopornografia: la Cassazione traccia i confini applicativi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 32159/2025) interviene su un tema delicato, chiarendo i criteri per l’applicazione dell’attenuante della minore gravità nel reato di produzione di materiale pedopornografico. La pronuncia, che annulla con rinvio una decisione della Corte d’Appello, stabilisce che la valutazione non può basarsi su una generica potenzialità diffusiva, ma deve ancorarsi a elementi concreti come la finalità della condotta e il danno effettivo subito dalle vittime. Questo intervento giurisprudenziale è una diretta conseguenza della sentenza n. 91/2024 della Corte Costituzionale, che ha introdotto questa importante ‘valvola di sicurezza’ nel sistema sanzionatorio.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo condannato in via definitiva a sei anni e sei mesi di reclusione per il reato previsto dall’art. 600-ter del codice penale, per aver indotto tre minori a produrre materiale pornografico. Successivamente alla condanna, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 91 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui non prevedeva una diminuzione di pena per i casi di minore gravità.

Sulla base di questa novità normativa, la difesa del condannato si è rivolta al giudice dell’esecuzione, chiedendo la rideterminazione della pena. La tesi difensiva sosteneva che la condotta fosse di disvalore significativamente inferiore, in quanto il materiale non era mai stato diffuso né immesso in circuiti esterni, ma era rimasto nella disponibilità esclusiva dell’imputato e delle persone offese, nell’ambito di una relazione interpersonale.

La Corte d’Appello di Roma, tuttavia, aveva respinto la richiesta. A suo avviso, la gravità intrinseca delle immagini, la differenza d’età e il ‘concreto pericolo’ di diffusione (desunto da precedenti comportamenti dell’imputato) escludevano la possibilità di riconoscere l’attenuante.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della difesa, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Roma. Gli Ermellini hanno ritenuto la motivazione del giudice dell’esecuzione ‘non calzante’ e incompleta rispetto ai principi stabiliti dalla Corte Costituzionale.

Le Motivazioni della Cassazione sul concetto di minore gravità

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella critica mossa alla valutazione della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha chiarito due punti fondamentali.

1. Distinzione tra Pericolo di Diffusione e Finalità di Mercato: Il criterio principale introdotto dalla Corte Costituzionale per valutare la minore gravità è l’estraneità della condotta ai circuiti di diffusione e, a maggior ragione, al mercato della pedopornografia. La Corte d’Appello, invece, si è limitata a richiamare il ‘pericolo di diffusione in concreto’, un profilo diverso e non coincidente. Secondo la Cassazione, un conto è il rischio astratto o potenziale che ogni materiale digitale possa essere diffuso, un altro è accertare se l’azione del reo fosse finalizzata ad alimentare il circuito della fruizione da parte di terzi. La motivazione del giudice di merito è risultata carente perché non ha indagato su questo finalismo specifico.

2. Valutazione del Danno Effettivo: Il secondo errore evidenziato è la mancata valutazione delle effettive conseguenze del reato, in particolare l’entità del danno psichico arrecato alle vittime. La difesa aveva prodotto nuova documentazione per dimostrare una limitata incidenza di tale profilo, ma la Corte d’Appello non ne ha tenuto conto. La Cassazione ha sottolineato che un’analisi completa della gravità del fatto non può prescindere da un apprezzamento concreto del danno subito dalle persone offese.

Le Conclusioni

La sentenza n. 32159/2025 rappresenta un’importante guida per i giudici chiamati ad applicare l’attenuante della minore gravità introdotta dalla Consulta. Il messaggio è chiaro: non basta una valutazione sommaria basata sulla natura delle immagini o su un generico pericolo di diffusione. È necessario un esame approfondito e concreto che distingua le condotte inserite in un contesto ‘privato e domestico’ da quelle destinate ad alimentare il mercato pedopornografico. Inoltre, il giudice deve considerare attentamente le prove relative al danno effettivo, psicologico e fisico, riportato dalle vittime. Questa decisione impone un cambio di prospettiva, spostando il focus dall’astratta potenzialità del reato alle sue concrete modalità realizzative e alle sue reali conseguenze.

Dopo una condanna definitiva, è possibile ottenere una riduzione della pena se la Corte Costituzionale introduce un’attenuante?
Sì, la sentenza afferma che quando una decisione di illegittimità costituzionale interviene dopo il passaggio in giudicato e incide sul trattamento sanzionatorio non ancora esaurito, il giudice dell’esecuzione ha il potere e il dovere di rideterminare la pena in favore del condannato.

Qual è il criterio principale per valutare la ‘minore gravità’ nel reato di produzione di materiale pedopornografico?
Il criterio primario è l’estraneità della condotta ai profili di riconduzione del fatto al circuito della diffusione di immagini o video pedopornografici e, soprattutto, al relativo mercato. È necessario valutare se l’azione era finalizzata a una fruizione meramente privata o se era destinata ad alimentare la circolazione del materiale verso terzi.

Il semplice ‘pericolo di diffusione’ del materiale è sufficiente a escludere l’attenuante della ‘minore gravità’?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che il ‘pericolo di diffusione’ è un profilo diverso e non coincidente con il ‘finalismo dell’azione’ volto a destinare le immagini al circuito di fruizione da parte di terzi. La motivazione deve concentrarsi su quest’ultimo aspetto, non su una generica potenzialità diffusiva intrinseca negli strumenti tecnologici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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