Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 12487 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 12487 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME NOME nato in PERU’ il 17/09/1994 NOME nato a CUBA il 20/12/1997
avverso la sentenza del 11/11/2024 del TRIBUNALE di VERBANIA
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Verbania, con la sentenza emessa in data 11 novembre 2024, applicava a NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME la pena concordata di anni uno, mesi due di reclusione ed euro 300,00 di multa in relazione ai delitti previsti dagli artt. 110, 624, 625, nn. 2), 4) e 5), 61 nr. 5), 337, 61 nr. 2) cod. pen.
I ricorsi per cassazione proposti nell’interesse di NOME COGNOME Luis e COGNOME constano di unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce vizio di motivazione, per non avere il giudice dato conto con la sentenza impugnata, offrendo una motivazione solo apparente ed illogica, in ordine alla mancata esclusione dell’aggravante della minorata difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 e ss. cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata ai ricorrenti, per i delitti di furto con strappo e indebito utilizzo della carta bancomat, oltre che resistenza a pubblico ufficiale, ritenuto il vincolo della continuazione, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso va dichiarato inammissibile, giacché proposto al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2 -bis , cod. proc. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017, che ha stabilito che il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento è proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Nel caso in esame si deduce l’insussistenza di motivazione in ordine alla circostanza aggravante della minorata difesa. Ma a riguardo va ricordato che la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia invece evidente la sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 39159 del 10/09/2019, Hussain, Rv. 277102 -01; conf. N. 6455 del 2012 Rv. 252085 – 01, N. 15927 del 2015 Rv. 263082 – 01, N. 4688 del 2007 Rv. 236622 -01).
Il che nel caso in esame non si verifica, tanto più che della motivazione censurata fa parte anche una chiara imputazione, parte della sentenza, che chiarisce che la persona offesa, classe 1940, era intenta a sistemare la spesa nell’autovettura lasciando la borsa sul sedile dell’auto : dunque, si trovava in una situazione di minorata difesa, in quanto l’età interagiva con la situazione ogg ettiva di maggiore esposizione al pericolo, il che incise sulla reattività anche fisica rispetto all’azione predatoria.
Pertanto, non si rinviene alcuna palese motivazione apparente quanto alla configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5), cod. pen., integrata sia dalla età avanzata della persona offesa, che se non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza, nel caso in esame si
sostanzia nell’età di 84 anni , in uno alla ricorrenza di situazioni oggettive che hanno denotato la particolare vulnerabilità della vittima dalla quale l’agente ha tratto consapevolmente vantaggio, in ciò ponendosi la sentenza in sintonia con la giurisprudenza consolidata sul punto (Sez. 2, n. 16017 del 14/03/2023, Leone, Rv. 284523 -01; conf.: N. 38347 del 2011 Rv. 250948 – 01, N. 8998 del 2015 Rv. 262564 – 01, N. 35997 del 2010 Rv. 248163 – 01, N. 39023 del 2008 Rv. 241454 – 01, N. 47186 del 2019 Rv. 277780 -01).
Ne consegue, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610, comma 5 -bis , cod. proc. pen., e che i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/03/2025