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Minorata difesa per età: furto aggravato. Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per furto pluriaggravato. La Corte ha confermato che l’età avanzata della vittima integra di per sé l’aggravante della minorata difesa (art. 61 n. 5 c.p.), poiché la vulnerabilità è considerata ‘in re ipsa’, ovvero evidente nei fatti stessi, senza necessità di ulteriori prove da parte del giudice.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Minorata Difesa per Età: La Cassazione Conferma l’Aggravante nel Furto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11679 del 2024, ha affrontato un caso di furto aggravato, fornendo un importante chiarimento sull’applicazione della circostanza aggravante della minorata difesa quando la vittima è una persona anziana. Questa decisione ribadisce un principio consolidato, secondo cui l’età avanzata della persona offesa è di per sé sufficiente a rendere l’azione criminale più insidiosa e, di conseguenza, più grave.

I Fatti del Caso

Il procedimento nasce dal ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di furto pluriaggravato. La difesa del ricorrente si concentrava su un punto specifico: la presunta erronea applicazione dell’aggravante della minorata difesa, prevista dall’articolo 61, n. 5 del codice penale. Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avevano adeguatamente motivato le ragioni per cui l’età della vittima avesse concretamente facilitato la commissione del reato.

L’imputato sosteneva, in sostanza, che non bastasse la semplice età anagrafica della vittima per giustificare un aumento di pena, ma che fosse necessaria una prova specifica della sua ridotta capacità di reazione.

L’Aggravante della Minorata Difesa e l’Età della Vittima

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente la tesi difensiva, definendo il ricorso ‘manifestamente infondato’. I giudici supremi hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, la quale aveva spiegato come l’azione delittuosa fosse risultata più insidiosa proprio in ragione dell’età della vittima. Tale condizione aveva, infatti, determinato una minore capacità di resistenza fisica alla spinta esercitata dall’imputato durante il furto con strappo.

La Corte ha sottolineato che questa valutazione è perfettamente allineata con l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità. Per comprendere appieno la decisione, è fondamentale analizzare il concetto di minorata difesa in relazione all’età.

Il Principio ‘In Re Ipsa’

Il punto centrale della decisione si basa su un principio giuridico espresso con la locuzione latina ‘in re ipsa’, che significa ‘nella cosa stessa’. La Cassazione ha richiamato un suo precedente (sentenza n. 12796 del 2019) per affermare che, nei reati che implicano un’interazione fisica tra l’autore e la vittima (come il furto con strappo), l’agevolazione derivante dall’età avanzata della persona offesa è considerata auto-evidente.

In altre parole, la vulnerabilità e la ridotta capacità di difesa di una persona anziana sono fatti talmente palesi da non richiedere al giudice un onere motivazionale aggiuntivo. È sufficiente che il giudice accerti l’età della vittima per ritenere integrata l’aggravante.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, motivando che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato la legge e i principi giurisprudenziali. Non sussisteva alcuna violazione di legge né vizio di motivazione. La giustificazione fornita nel merito – ovvero che l’età aveva ridotto la capacità di resistenza della vittima – era coerente e sufficiente. L’agevolazione per l’agire illecito derivante dall’età avanzata della vittima è un dato obiettivo che non necessita di ulteriori e specifiche argomentazioni. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un importante principio di tutela per le fasce più vulnerabili della popolazione. Stabilisce che chi commette un reato approfittando dell’età avanzata di una vittima subirà un trattamento sanzionatorio più severo, senza che il giudice debba compiere complesse indagini sulla specifica condizione fisica o psicologica della persona offesa. La sola età anagrafica, in contesti di interazione diretta, costituisce il presupposto per l’applicazione dell’aggravante della minorata difesa. La decisione serve quindi come monito, riaffermando che la legge penale offre una protezione rafforzata a coloro che, per ragioni anagrafiche, non sono in grado di difendersi efficacemente.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, in linea con la giurisprudenza consolidata della Cassazione.

Cosa significa che l’aggravante della minorata difesa è ‘in re ipsa’ in caso di vittima anziana?
Significa che l’agevolazione per chi commette il reato, derivante dall’età avanzata della vittima, è considerata evidente di per sé (‘nella cosa stessa’) e non richiede una prova specifica o una motivazione ulteriore da parte del giudice, se non il riscontro obiettivo dell’età.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, oltre alla conferma della condanna per furto pluriaggravato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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