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Minorata difesa notturna: furto di notte è aggravato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto aggravato. La Corte ha confermato che commettere il reato alle tre di notte è sufficiente per configurare l’aggravante della minorata difesa notturna, poiché l’oscurità e l’assenza di persone hanno concretamente ostacolato la vigilanza e la difesa. È stata inoltre ritenuta corretta l’applicazione della recidiva, data la pregressa carriera criminale dell’imputato.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto di Notte: Quando scatta l’aggravante della Minorata Difesa Notturna?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza pratica: l’aggravante della minorata difesa notturna. La questione centrale riguarda se il solo fatto di commettere un reato durante la notte sia sufficiente a integrare tale circostanza, che comporta un inasprimento della pena. La decisione in esame offre chiarimenti importanti, confermando un orientamento ormai consolidato e sottolineando come le condizioni di tempo possano, da sole, creare una situazione di vulnerabilità per la vittima.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per tentato furto in abitazione aggravato. L’imputato aveva tentato di introdursi in un appartamento al terzo piano di un palazzo, utilizzando una scala a pioli appoggiata al muro. Il fatto era stato commesso alle tre di notte, in condizioni di oscurità e totale assenza di passaggio di persone o veicoli.

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, contestando principalmente due aspetti della sentenza d’appello:
1. Il riconoscimento dell’aggravante della minorata difesa, sostenendo che l’orario notturno, da solo, non potesse giustificarla.
2. L’applicazione della recidiva, ritenuta non adeguatamente motivata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato. I giudici hanno confermato integralmente la decisione della Corte d’Appello, fornendo una motivazione chiara e in linea con i principi espressi dalle Sezioni Unite della stessa Corte.

Le motivazioni: l’aggravante della minorata difesa notturna

Il punto cruciale della decisione riguarda l’aggravante della minorata difesa notturna. La Cassazione ha ribadito che la commissione di un reato in orario notturno è di per sé idonea a integrare questa circostanza. Ciò che conta, secondo la Corte, è che la difesa pubblica o privata risulti in concreto ostacolata.

Nel caso specifico, commettere il furto alle tre del mattino ha significato agire:
– Nell’oscurità, che ha permesso all’imputato di non essere visto.
– In assenza di passaggio di persone e di circolazione stradale, eliminando potenziali testimoni.
– Confidando nel fatto che gli abitanti del palazzo stessero dormendo.

La Corte sottolinea inoltre un dettaglio significativo: l’uso di una scala a pioli per arrampicarsi fino al terzo piano sarebbe stato facilmente notato durante il giorno, sia dai passanti che dai condomini. L’aver scelto la notte ha quindi palesemente facilitato l’azione criminale, riducendo le possibilità di difesa e di intervento. La motivazione dei giudici di merito è stata quindi ritenuta coerente, logica e rispettosa dei principi di diritto.

Le motivazioni: la corretta applicazione della recidiva

Anche la censura relativa alla recidiva è stata respinta. La Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse adempiuto in modo adeguato al suo onere motivazionale. I giudici di merito avevano infatti evidenziato che l’imputato era gravato da ben tre precedenti penali per rapina e aveva scontato una condanna dal 2016 al 2020.

Queste circostanze, secondo la Corte, dimostravano che le precedenti condanne non avevano prodotto alcun effetto dissuasivo. Il nuovo episodio di furto non era un fatto isolato, ma rappresentava l’ulteriore manifestazione di una chiara propensione a delinquere. La Corte ha ricordato che, per motivare l’applicazione della recidiva facoltativa, è sufficiente un’argomentazione anche sintetica, purché dia conto del fatto che la nuova condotta criminale costituisce una “significativa prosecuzione di un già avviato processo delinquenziale”.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida due principi fondamentali del diritto penale.
In primo luogo, si conferma che l’orario notturno non è un mero dettaglio temporale, ma un fattore che, nella maggior parte dei casi, indebolisce le difese della vittima e facilita l’azione del reo. Non sono necessarie altre circostanze particolari se la situazione, nel suo complesso, ha reso concretamente più difficile la difesa.
In secondo luogo, viene ribadito che la valutazione sulla recidiva deve tenere conto della storia criminale del reo e della sua capacità a delinquere. Una motivazione che evidenzia come il nuovo reato si inserisca in un percorso criminale già avviato è sufficiente a giustificarne l’applicazione, con il conseguente aumento di pena.

Commettere un furto di notte è sufficiente per far scattare l’aggravante della minorata difesa?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la commissione del reato in tempo di notte (in questo caso alle tre del mattino) è idonea a integrare l’aggravante della minorata difesa, a condizione che la difesa pubblica o privata sia stata concretamente ostacolata, come avvenuto nel caso di specie per l’oscurità e l’assenza di persone.

Perché la Corte ha ritenuto corretta l’applicazione della recidiva?
La Corte ha ritenuto che la motivazione fosse adeguata perché l’imputato aveva tre precedenti specifici per rapina e aveva già scontato una pena detentiva che non aveva avuto alcun effetto dissuasivo. Il nuovo reato è stato considerato una “significativa prosecuzione di un già avviato processo delinquenziale”.

Qual è la conseguenza se un ricorso in Cassazione è giudicato “manifestamente infondato”?
La conseguenza è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questo comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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