Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12166 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12166 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME DI NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 26/02/1987 avverso la sentenza del 17/09/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pistoia del 03/05/2023, che aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole:
del reato di cui agli artt. 61 n. 5 e 624 cod. pen., per essersi impossessato, a fine di profitto, del fucile da caccia sovrapposto calibro 12 marca Armitalia, matricola n. 49111 di proprietà di NOME COGNOME, asportandolo dall’abitacolo del veicolo Fiat TARGA_VEICOLO targato TARGA_VEICOLO, parcheggiato nella pubblica INDIRIZZO e di proprietà di NOME COGNOME; fatto aggravato per esser stato commesso approfittando delle condizioni di tempo (orario notturno) idonee a ostacolare la pubblica o privata difesa – e con esclusione della contestata aggravante ex art. 625 primo comma n. 7 cod. pen. (per aver commesso il fatto su cose esposte per necessità a pubblica fede);
del reato di cui all’art. 2 legge 02 ottobre 1967, n. 895, per aver illegalmente detenuto l’arma di cui sopra, di proprietà di NOME COGNOME dopo averla sottratta con le modalità sopra descritte
e per l’effetto – previa applicazione della contestata recidiva reiterata specifica e infraquinquennale, nonchØ ritenuta la continuazione fra i reati ascritti e operata la riduzione conseguente al rito prescelto – lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro quattromila di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare, disponendone anche l’espulsione dal territorio dello Stato.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo quattro motivi, che vengono di seguito enunciati entro i limiti strettamente necessari per la
motivazione, a si sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge ex art. 606 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., stante la illogicità della motivazione per omessa e apparente motivazione, in relazione alla mancata esclusione della circostanza aggravante della minorata difesa. Già nell’atto di gravame, infatti, si era fatto presente come la pubblica via fosse illuminata e come lo stesso bar fosse aperto e, quindi, illuminato dalla luce interna; era anche presente il sistema di videosorveglianza, tanto che proprio le immagini riprese dalle telecamere avevano poi consentito l’individuazione dell’imputato. A tali critiche, la Corte territoriale ha risposto in maniera contraddittoria e insufficiente, dando per scontato che il solo orario notturno abbia creato una condizione di oscurità e, così, abbia favorito la commissione del gesto delittuoso; questo venne invece realizzato solo grazie alla distrazione della persona offesa, che lasciò aperta l’autovettura.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge ex art. 606 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., stante la illogicità della motivazione per omessa e apparente motivazione, in relazione alla mancata assoluzione – ai sensi dell’art. 530 comma 2 cod. proc. pen. – dal reato ascritto sub 2) della rubrica. Come rappresentato in sede di appello, l’imputato si Ł disfatto del fucile, appena accortosi del contenuto della sacca di cui si era impossessato. Errato Ł l’assunto sul quale si fonda la sentenza impugnata, laddove trae – dal mancato ritrovamento dell’arma – il convincimento che essa sia ancora detenuta dal ricorrente; tale conclusione non tiene conto delle dichiarazioni dell’imputato e, inoltre, non si confronta con l’ipotesi prospettata dalla difesa, secondo la quale il fucile – una volta abbandonato dall’imputato – potrebbe esser stato recuperato da terzi, all’insaputa del ricorrente stesso.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge ex art. 606 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., stante la illogicità della motivazione per omessa e apparente motivazione, in relazione alla determinazione della pena del ritenuto reato piø grave. Lo scostamento della pena base, rispetto al minimo edittale, avrebbe postulato una motivazione piø logica ed esaustiva; la condotta insidiosamente realizzata, peraltro, Ł relativa al gesto del furto e non al fatto di detenzione dell’arma.
2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge ex art. 606 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., stante la illogicità della motivazione per omessa motivazione, in relazione all’applicazione della recidiva contestata. La Corte territoriale non si Ł pronunciata sulle doglianze formulate dalla difesa, attraverso l’atto di gravame, laddove si era rappresentato come la mera presenza di pregiudizi penali non potesse legittimare l’applicazione dell’aggravante a effetto speciale; si trattava, peraltro, di precedenti datati nel tempo, cosa che avrebbe imposto l’adozione di un trattamento sanzionatorio piø giusto e costituzionalmente orientato.
3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Quanto alla circostanza aggravante della minorata difesa, il motivo ricalca analogo motivo di appello, in ordine al quale la sentenza impugnata ha sottolineato la condizione di ostacolo alla pubblica e privata difesa, in ragione del buio e dell’ora tarda, oltre che il consapevole approfittamento da parte dell’indagato. In ordine al trattamento sanzionatorio, la sentenza ha adeguatamente motivato, sia sulla sussistenza della recidiva, sia sulla quantificazione della pena al di sopra dei limiti edittali minimi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
2. Integrando brevemente quanto già sintetizzato in parte espositiva, si può dire che la sentenza impugnata consente una agevole ricostruzione di carattere storico e oggettivo. Ebbene, alle ore 04.30 circa del 05 gennaio 2023, NOME COGNOME uscì di casa per recarsi a una battuta di
caccia, ma – prima di raggiungere il luogo a ciò deputato – si fermò per prendere un caffŁ in un bar e, improvvidamente, lasciò la macchina aperta, con all’interno due fucili. All’esterno del bar si trovava NOME COGNOME che vide NOME entrare nell’esercizio commerciale, si avvicinò all’auto, che si trovava in sosta al buio e nella strada deserta e, quindi, si impossessò di uno dei fucili.
Dopo breve tempo, lo stesso soggetto fece ritorno al bar, questa volta senza recare con sØ l’arma e, addirittura, fornì indicazioni (inutili) circa quanto accaduto, ai Carabinieri nel frattempo intervenuti. Erano posizionate nei pressi, però, delle telecamere di videosorveglianza, che immortalarono il momento dell’asporto del fucile; l’imputato, così, venne riconosciuto dalla polizia giudiziaria, quale autore del furto sopra descritto e, in seguito, rese confessione.
3. Il primo motivo aggredisce la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante ex art. 61 n. 5 cod. pen. Occorre rifarsi, sul punto, al dictum di Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, COGNOME, Rv. 282095 – 01, a mente della quale: ‹‹La commissione del reato in tempo di notte Ł idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta “minorata difesa”, essendo peraltro sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto››
In ossequio a tale principio di diritto, la Corte territoriale ha argomentato circa la ricorrenza di ulteriori elementi che – andandosi a saldare con il dato oggettivo, rappresentato dalla collocazione del fatto in orario notturno e, correlativamente, dalla situazione di oscurità che ne deriva – hanno determinato, nella concreta fattispecie, la sussistenza della condizione di ostacolo alla pubblica e privata difesa. Nella motivazione della sentenza impugnata, infatti, vi Ł il richiamo a elementi specifici, quali l’assenza in strada di persone in grado di prestare soccorso o lanciare allarme, la minor vigilanza pubblica, la chiusura degli esercizi commerciali. Condizioni che, in concreto, sono state considerate – da parte della Corte distrettuale – alla stregua di fattori in grado di depotenziare le ordinarie difese contro la commissione di crimini.
Per contrastare tali argomentazioni congruenti, lineari e prive di qualsivoglia spunto di contraddittorietà, la difesa non ha saputo opporre altro, se non una critica di mero tenore apodittico e confutativo. La doglianza, pertanto, non può che essere disattesa.
4. Con il secondo motivo, si sostiene che il ricorrente non abbia in realtà detenuto l’arma, per essersene immediatamente disfatto, appena resosi conto che non si trattasse di una canna da pesca (ossia, di ciò che egli – in ipotesi difensiva – riteneva di aver asportato dall’autovettura). Anche su questo versante, la risposta sussunta in sentenza, rispetto all’analoga censura formulata in sede di gravame, Ł completa e coerente; la presente impugnazione, invece, non riesce a emergere dal ristretto perimetro della semplice contestazione della decisione, spendendo deduzioni aspecifiche e interamente versate in fatto.
Giova richiamare, in primo luogo, la regola ermeneutica in forza della quale – in tema di detenzione illegale di un’arma – la brevità del lasso temporale, entro il quale vada a esplicarsi la detenzione medesima, non elide la configurabilità dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 2 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, che rimane integrata attraverso la pura e semplice detenzione; il dato testuale della norma, infatti, non contiene l’aggiunta di alcuna oggettivazione ulteriore, atta a conferire al significato lessicale proprio del termine una portata differente e maggiormente circoscritta, rispetto alla sua portata ordinaria (Sez. F, n. 12682 del 02/08/1990, COGNOME Rv. 185434 – 01; Sez. 1, n. 6938 del 14/12/1989, dep. 1990, COGNOME, Rv. 184305 – 01; Sez. 1, n. 6369 del 26/02/1985, COGNOME, Rv. 169923 – 01). L’arco cronologico entro il quale si sia estrinsecata la signoria esclusiva del soggetto agente sulla res , pertanto, resta del tutto inconferente, ai fini della possibilità di ritenere
integrato il contestato paradigma normativo.
Parimenti privo della pur minima contraddittorietà, inoltre, Ł l’ulteriore passaggio logico compiuto dalla Corte di appello, laddove si ritiene viepiø provata la esclusiva signoria instaurata dall’imputato sull’arma, grazie al dato oggettivo rappresentato dal nascondimento della stessa, mai piø ritrovata, in luogo noto al solo NOME COGNOME.
Quanto alla piena consapevolezza, da parte del ricorrente, della reale natura della cosa asportata, le argomentazioni espresse dalla Corte territoriale sono di esemplare chiarezza e non vengono minimamente disarticolate dalla censura difensiva. Viene adeguatamente chiarito in sentenza, infatti, come sia inverosimile che l’imputato si sia impaurito, una volta resosi conto di aver rubato un fucile e non una canna da pesca; conclusione alla quale la Corte perviene – sulla scorta della visione dei filmati versati nell’incarto processuale – considerando che NOME COGNOME, dopo aver prelevato l’arma dall’auto, si Ł incamminato via velocemente, voltandosi ripetutamente all’indietro e trasportando il fucile in braccio. L’arma trasportata in braccio non poteva che avere un peso ben maggiore, rispetto a quello di una canna da pesca e – secondo una logica addirittura basica – non può che aver reso l’imputato immediatamente edotto della reale natura di ciò che aveva sottratto.
Con il terzo motivo, la difesa si duole del trattamento sanzionatorio, asseritamente troppo severo. La censura inerente all’entità della pena, però, deve essere dichiarato inammissibile, in quanto il giudice di merito non ha affatto omesso di motivare sul punto, avendo valorizzato – anche ai fini dell’art. 133 cod. pen. – le caratteristiche del fatto e la personalità del soggetto. Dal complesso della motivazione, in ogni caso, emergono motivate valutazioni negative in ordine alla personalità dell’imputato.
In particolare, i Giudici del merito hanno quantificato la pena base in misura superiore rispetto al minimo edittale, evidenziando le insidiose modalità attuative del fatto e la mancata restituzione immediata del fucile, da parte dell’imputato (il quale, si rammenta in sentenza, venne anche vanamente richiesto dalle forze dell’ordine di riferire circa quanto accaduto). Quanto alla negativa personalità del prevenuto, la Corte distrettuale non ha mancato di ricordare lo status di pluripregiudicato – per reati anche gravi – nel quale egli versa, stigmatizzandone la ormai radicata propensione al crimine, nonchØ la indifferenza rispetto a ogni effetto deterrente, derivante dalle condanne pregresse.
6. Il quarto motivo attiene all’applicazione della contestata recidiva qualificata. Giova precisare, allora, che – a seguito della decisione Corte Cost. n. 185 del 2015 – essendo venuto meno l’ultimo tra gli automatismi applicativi – l’apprezzamento di tale circostanza, nella sua portata di amplificazione sanzionatoria, va operato in concreto, alla stregua dei criteri espressi da Sez. U. n. 35738 del 27.5.2010, ric. CalibŁ , Rv 247838. In tale decisione, si Ł evidenziato il dovere di verificare – in concreto – se la reiterazione dell’illecito sia da ritenersi sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di accentuata pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e ad ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.
Facendo tesoro di tali regole ermeneutiche, l’avversata sentenza ha ricollegato il gravoso corredo di pregiudizi annoverati dal soggetto, alla specifica condotta ora giudicata e ne ha valutato la valenza di accrescimento delle attitudini delinquenziali dell’imputato stesso, gravato da una
moltitudine di precedenti condanne e restato totalmente immune da qualsiasi effetto dissuasivo, ordinariamente connesso alle sanzioni già riportate.
Anche sul punto specifico, la critica sussunta nell’impugnazione Ł sterile e aspecifica e, pertanto, non in grado di intaccare la tenuta della decisione impugnata.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 21/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME