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Minorata difesa: furto di notte è sempre aggravato

Un individuo ha impugnato una condanna per tentato furto aggravato, sostenendo che il solo fatto di aver agito di notte non giustificasse l’aggravante della minorata difesa. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che commettere un furto in orario notturno, nell’oscurità e in assenza di persone, è sufficiente a integrare la circostanza aggravante, anche in presenza di videosorveglianza. La Corte ha inoltre validato il metodo di calcolo della pena per il reato tentato.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Notturno e Minorata Difesa: La Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza pratica: la configurabilità dell’aggravante della minorata difesa in caso di furto commesso in orario notturno. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, secondo cui le condizioni di oscurità e solitudine tipiche della notte sono di per sé sufficienti a rendere più difficile la difesa, giustificando un aumento di pena, anche in presenza di sistemi di videosorveglianza.

I Fatti del Caso: Il Tentativo di Furto Notturno

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di tentato furto aggravato. L’imputato aveva tentato di svaligiare alcuni esercizi commerciali durante la notte. La sua difesa contestava principalmente due aspetti della sentenza d’appello: l’applicazione dell’aggravante della minorata difesa (art. 61 n. 5 c.p.) e la mancata specificazione della misura di riduzione della pena per il tentativo.

Secondo il ricorrente, il solo orario notturno non poteva bastare a integrare l’aggravante, e i giudici non avevano motivato adeguatamente il calcolo della sanzione.

La Decisione della Corte e l’Aggravante della Minorata Difesa

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della motivazione riguarda l’interpretazione dell’aggravante della minorata difesa. Richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 40275/2021), la Corte ha ribadito un principio ormai consolidato: la commissione di un reato in tempo di notte è di per sé una condizione idonea a integrare l’aggravante, anche in assenza di altre circostanze particolari.

Questo perché la notte, con l’oscurità e la ridotta presenza di persone, crea una situazione oggettiva che ostacola la difesa sia pubblica (minore vigilanza) che privata (le vittime sono meno pronte a reagire), facilitando l’azione del criminale.

La Videosorveglianza Non Esclude l’Aggravante

Un aspetto interessante affrontato dalla Corte è l’irrilevanza della presenza di un sistema di videosorveglianza. I giudici hanno chiarito che tali sistemi non escludono la minorata difesa. Sebbene le telecamere possano permettere l’identificazione del colpevole dopo la commissione del reato, non sono in grado di impedire il furto mentre si sta svolgendo. La difesa che viene ‘minorata’ è quella che si oppone alla consumazione del crimine, non quella che ne facilita la successiva repressione.

Il Calcolo della Pena per il Reato Tentato

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al calcolo della pena, è stato respinto. La Cassazione ha spiegato che il delitto tentato (art. 56 c.p.) è una figura autonoma di reato. Per questo, il giudice può determinare la pena in due modi:
1. Metodo sintetico o diretto: Fissando la pena direttamente all’interno della cornice edittale prevista per il tentativo, senza fare riferimento al reato consumato.
2. Metodo bifasico: Partendo dalla pena che sarebbe stata applicata per il reato consumato e operando su questa la diminuzione prevista per il tentativo (da un terzo a due terzi).

Entrambi i metodi sono legittimi, purché il giudice rispetti i limiti di riduzione imposti dalla legge. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto corretta la determinazione della pena operata dal giudice di merito.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di garantire una tutela rafforzata in quelle situazioni in cui le circostanze oggettive rendono più vulnerabili i beni e le persone. La notte è, per sua natura, una di queste situazioni. Confidare nell’oscurità e nell’assenza di testimoni per commettere un reato significa approfittare di una condizione di vulnerabilità del sistema di difesa sociale. La decisione sottolinea che l’aggravante non punisce una maggiore ‘malvagità’ del reo, ma la maggiore pericolosità della sua condotta, resa possibile da fattori esterni che ha saputo sfruttare a proprio vantaggio. La coerenza e la logicità della motivazione della corte territoriale, in linea con i principi di diritto espressi dalle Sezioni Unite, hanno reso il ricorso inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, consolida un’interpretazione severa dell’aggravante della minorata difesa, chiarendo che chi commette reati predatori di notte andrà incontro, quasi certamente, a una pena più aspra. In secondo luogo, ribadisce che le moderne tecnologie di sorveglianza, pur essendo utili strumenti investigativi, non neutralizzano la vulnerabilità creata dalle circostanze di tempo e luogo. Infine, riafferma la discrezionalità del giudice nel calcolo della pena per il delitto tentato, purché esercitata entro i binari tracciati dal legislatore.

Commettere un furto di notte è sufficiente per configurare l’aggravante della minorata difesa?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la commissione del reato in tempo di notte è idonea a integrare l’aggravante della cosiddetta minorata difesa, anche in assenza di ulteriori circostanze, a condizione che la difesa pubblica o privata ne sia rimasta in concreto ostacolata.

La presenza di telecamere di videosorveglianza esclude l’aggravante della minorata difesa?
No, la Corte ha stabilito che la presenza della videosorveglianza non esclude la minorata difesa, in quanto essa permette l’identificazione successiva al fatto, ma non di accorgersi del furto e di impedirlo in tempo reale.

Come viene calcolata la pena per un delitto tentato?
La pena può essere determinata con il metodo ‘diretto’ o ‘sintetico’, fissandola autonomamente, oppure con il calcolo ‘bifasico’, che parte dalla pena per il delitto consumato e applica una diminuzione da un terzo a due terzi. Entrambi i sistemi sono considerati legittimi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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