Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14424 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14424 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Modugno il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 13 aprile 2023 dalla Corte d’appello di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Ancona, confermando sostanzialmente la condanna pronunciata in primo grado (riformata solo con riferimento al capo A della rubrica, per il quale è intervenuta dichiarazione di non doversi procedere per difetto di querela), ha ritenuto NOME COGNOME responsabile dei residui tre reati di furto pluriaggravato (il primo solo tentato) contestati negli ulteriori capi d’imputazione (B, C e D), commessi, in
concorso con NOME COGNOME, tra Mondulfo e Numera, presso le rispettive aree di servizio autostradali, ai danni di tre diversi autotrasportatori.
Propone ricorso per cassazione il COGNOME articolando sei motivi d’impugnazione.
2.1. Il primo, formulato sotto il profilo del vizio di motivazione, attiene all’autonoma valutazione dei tabulati telefonici acquisiti agli atti del processo (deducendo la genericità del dato in ragione della logica impossibilità di accertare l’esatta ubicazione dell’utilizzatore in ragione dell’ampiezza del raggio di copertura della cella), all’attendibilità del riconoscimento personale (effettuato senza che fosse proceduto da una compiuta descrizione della persona da riconoscere) e alla prova di una condotta di concorso del ricorrente nei singoli fatti di reato.
2.2. Il secondo, anch’esso formulato sotto il profilo del vizio di motivazione, attiene alla sussistenza delle aggravanti contestate, quanto, in particolare, alla ritenuta configurabilità della minorata difesa, pur in assenza di elementi dai quali dedurre che la condotta sia stata posta in essere attraverso modalità che abbiano, in concreto, annullato o sensibilmente ridotto, i poteri di difesa della vittima. Tanto più in ragione della pacifica presenza di sistemi di videosorveglianza idonei ad assicurare un controllo diretto e costante delle attività.
2.3. Il terzo e il quarto attengono al trattamento sanzionatorio e deducono: il terzo, la mancanza di un idoneo impianto argomentativo posto a fondamento della quantificazione della pena base, concretamente determinata senza tener conto delle parallele deduzioni difensive; il quarto, il vizio di motivazione nel quale sarebbe incorsa la Corte territoriale quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e all’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., illogicamente escluse senza tener conto del comportamento processuale tenuto dal ricorrente (nella scelta del rito) e il limitato apporto causale fornito dal COGNOME nella consumazione dei reati per i quali è intervenuta condanna.
2.4. Il quinto, in ultimo, deduce, sempre sotto il profilo del vizio d motivazione, il difetto di querela e la conseguente mancanza della necessaria condizione di procedibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Analizzando partitannente le censure, il primo motivo di ricorso è chiaramente indeducibile in quanto, da un canto, connotato da radicale genericità nella critica delle argomentazioni fondanti la decisione (esaurendosi in mere proposizioni astratte prive di riferimenti al reale corredo argomentativo su cui poggia la condanna di merito), dall’altro, privo di un reale confronto con la puntuale ricostruzioni degli elementi che hanno portato all’individuazione dei
responsabili dei furti tentati e consumati in danno di camionisti in sosta nelle aree di servizio dell’autostrada Adriatica e della valutazione inferenziale del relativo carattere probatorio.
La Corte territoriale, infatti, ricostruiti nel dettaglio i quattro episodi ogge dell’originaria contestazione, ha dato atto: a) del chiaro riconoscimento degli imputati da parte degli agenti di polizia giudiziaria (in quanto soggetti attenzionati dal personale dell’Ufficio); b) degli esiti della comparazione fisiognomica effettuata dalla polizia scientifica; c) del riconoscimento informale effettuato da parte delle persone offese e delle relative modalità; d) del successivo riscontro effettuato attraverso gli esiti dei tabulati acquisiti (alla luce del luogo di residenza deg imputati) e la visione del sistema di videosorveglianza; e) dell’assenza di qualsiasi spiegazione alternativa.
A fronte di ciò, il ricorrente, censurando la mera valutazione dei tabulati telefonici acquisiti agli atti del processo, l’attendibilità del riconoscimento e contributo causale offerto, si è limitato, per come si è detto, a prospettare censure strutturate intorno al mero richiamo a precedenti giurisprudenziali, ma prive di un concreto addentellato rispetto alla motivazione censurata.
Da ciò la radicale indeducibilità del motivo.
Analoghe considerazioni devono essere offerte anche con riferimento al secondo motivo di censura.
Il ricorrente, per come si è detto, censura la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 (minorata difesa), ritenendo che l’aver agito di notte, in sé, no sia elemento sufficiente per ritenere integrata l’aggravante.
L’assunto difensivo, in linea di principio, è corretto: la commissione del reato “in tempo di notte” può configurare la circostanza aggravante solo in quanto sia raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto (Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, Cardellini, Rv. 282095). Cosicché occorre individuare e indicare in motivazione quelle ragioni che, alla luce tempus commissi delicti, consentano di ritenere che, in una determinata situazione, la capacità di difesa sia stata in concreto pregiudicata (Sez. 5, n 8819 del 02/02/2010, Maero, Rv. 246160) e, quindi, che la commissione del reato in tempo di notte abbia agevolato il soggetto agente nell’esecuzione del reato stesso, ostacolando le simmetriche possibilità di difesa della vittima.
Ebbene, la Corte territoriale, facendo corretta applicazione di tali principi, ha ravvisato la sussistenza dell’aggravante della minorata difesa non già per il mero dato temporale, ma in considerazione delle concrete modalità operative dei reati, commessi mentre le persone offese (tutti autotrasportatori) stavano riposando.
Circostanza che, proprio alla luce dell’orario nel quale il furto è stato consumato, ha concretamente agevolato l’esecuzione del reato stesso, riducendo sensibilmente la capacità reattiva delle stesse persone offese.
In questo contesto, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, alcun rilievo assume la presenza dell’impianto di videosorveglianza. Non solo perché, per come già evidenziato, la sussistenza dell’aggravante non presuppone che la pubblica o privata difesa sia stata del tutto annullata, ma anche perché non essendovi personale deputato a tale servizio, l’impianto video non è riuscito a determinare un intervento immediato dei vigilanti, sicché la presenza di essa è stata in concreto priva di significativa rilevanza (cfr. Sez. 5, n. 20480 del 26/02/2018, Rv. 272602).
3. Il terzo e il quarto motivo sono ugualmente indeducibili.
Va premesso che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142). E sotto tale profilo, deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena allorché siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 cod. pen (Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Rv. 211582; Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013, dep. 2014, Rv. 258410).
Ciò considerato, in concreto la pena è stata determinata in anni uno, mesi nove e giorni ventisei di reclusione e 1.166 di multa, quindi in misura prossima al minimo edittale. Per cui, correttamente, in assenza di ulteriori elementi positivamente valutabili, la Corte ne ha confermato la determinazione.
Ciò considerato, la censura afferente al riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. è inammissibile (a fronte della rinuncia del relativo motivo in appello), mentre quella afferente alle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondata, in quanto la Corte d’appello ha ampiamente giustificato il diniego, facendo riferimento alla gravità dei fatti, ai plurimi precedenti penali all’assenza di elementi positivi e, con essi, all’irrilevanza delle circostanze addotte dalla difesa.
Il quinto è anch’esso manifestamente infondato, in quanto la Corte territoriale ha dato atto della intervenuta proposizione delle querele (acquisi atti del fascicolo), sporte dalle rispettive persone offese in relazione ai rea ai capi B), C) e D), rilevandone l’assenza solo in relazione al capo A), per il si è dato atto del difetto della necessaria condizione di procedibilità.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorr condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 27 febbraio 2024
iglie esten ore
Il Presidente