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Minorata difesa: furto ad anziano, ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per furto aggravato ai danni di un anziano. La Corte ha confermato la sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, data l’età della vittima (77 anni) e il contesto di vulnerabilità in cui si trovava, ribadendo che la riproposizione di censure già esaminate rende il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Minorata Difesa: Inammissibile il Ricorso per Furto ai Danni di un Anziano

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di furto aggravato, ponendo l’accento sulla configurabilità dell’aggravante della minorata difesa. La decisione ribadisce principi consolidati sia in materia sostanziale, riguardo alla vulnerabilità della vittima, sia in ambito processuale, in merito ai limiti del ricorso per cassazione. La pronuncia offre spunti importanti per comprendere quando l’età avanzata e il contesto possano rendere una persona particolarmente vulnerabile e come questo influisca sulla gravità del reato.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato, emessa dal Tribunale di Udine e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Trieste. L’imputata era stata giudicata colpevole di aver sottratto una banconota a un uomo di 77 anni. Il fatto era stato commesso il 25 settembre 2019, mentre la vittima si trovava in una situazione di particolare fragilità: stava accompagnando la propria moglie in ospedale. La condanna si basava non solo sulla ricostruzione del furto, avvenuto con un mezzo fraudolento, ma anche sul riconoscimento di due aggravanti: l’uso del mezzo fraudolento (art. 625 n. 2 c.p.) e, appunto, l’aver approfittato di circostanze tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (art. 61 n. 5 c.p.), la cosiddetta minorata difesa.

Contro la sentenza d’appello, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, la difesa contestava l’affermazione di responsabilità e la configurabilità dell’aggravante della minorata difesa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che il motivo di ricorso fosse meramente riproduttivo di una censura già adeguatamente esaminata e respinta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione logica, coerente e priva di vizi, rendendo il ricorso manifestamente infondato.

Di conseguenza, l’imputata è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, una sanzione pecuniaria prevista per i casi di inammissibilità del ricorso.

Le Motivazioni: la conferma della minorata difesa

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha respinto le argomentazioni della ricorrente. La Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente ricostruito i fatti, stabilendo che l’impossessamento della banconota era avvenuto tramite un mezzo fraudolento.

Ma il punto cruciale è la conferma dell’aggravante della minorata difesa. I giudici di merito avevano dato atto delle specifiche condizioni di vulnerabilità della vittima. Non si trattava solo di un’età avanzata (77 anni), ma anche del contesto specifico: l’uomo si trovava in un luogo di cura, preoccupato per la salute della moglie che stava accompagnando. Questa combinazione di fattori, secondo la Corte, aveva oggettivamente ridotto la sua capacità di attenzione e reazione, rendendolo un bersaglio più facile. La Corte di Cassazione ha quindi avallato questa valutazione, ritenendola ben argomentata e immune da censure di legittimità. Il ricorso, non presentando nuovi e validi argomenti ma limitandosi a riproporre le stesse doglianze, non poteva che essere dichiarato inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due importanti principi. In primo luogo, riafferma che l’aggravante della minorata difesa non è legata a parametri astratti, ma deve essere valutata in concreto, considerando l’insieme delle circostanze personali, di luogo e di tempo che rendono la vittima più vulnerabile. L’età avanzata, unita a uno stato di preoccupazione e a un contesto particolare come un ospedale, integra pienamente tale aggravante. In secondo luogo, la decisione funge da monito sulla corretta formulazione dei ricorsi per Cassazione: non è sufficiente riproporre le medesime critiche già respinte nei gradi di merito. Per superare il vaglio di ammissibilità, è necessario individuare specifici vizi di legittimità nella sentenza impugnata, e non tentare di ottenere un nuovo, e inammissibile, giudizio sui fatti.

Quando l’età della vittima integra l’aggravante della minorata difesa?
Secondo la Corte, l’età avanzata della vittima (in questo caso, 77 anni), valutata unitamente al contesto specifico di vulnerabilità (si trovava in ospedale per assistere la moglie), costituisce una condizione che riduce la capacità di difesa e integra l’aggravante.

Perché il ricorso per Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato ritenuto una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello con una motivazione logica e coerente. Non sono stati sollevati validi vizi di legittimità, ma si è tentato di ottenere un riesame dei fatti, non consentito in sede di Cassazione.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) da versare alla Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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