Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35983 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35983 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SALUZZO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/03/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha confermato in punto di responsabilità la sentenza del Tribunale di Torino pronunciata in data 8.05.2023 che aveva condannato NOME per i reati di cui ai capi a) b) e c) dell’imputazione inerenti a tre episodi di furto i abitazione aggravato dal mezzo fraudolento e dall’aggravante della minorata difesa ex artt. 624 bis, co.1 e 3, 625 co.1, n.2 e 61, n.5 cod. pen.
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con il primo motivo, vizio di motivazione GLYPH in ordine all’affermazione di responsabilità penale nei suoi riguardi; con il secondo motivo, violazione di legge per la mancata esclusione dell’aggravante della minorata difesa.
Il primo motivo non è consentito in sede di legittimità in quanto riproduttivo di doglianze già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito (v. pagg. 10 e 11 della sentenza impugnata), nonché tendente a riproporre un diverso apprezzamento delle prove, non consentito in sede di legittimità. È noto, infatti, che siffatte doglianze esulano dal sindacato della Corte di Cassazione, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto essenzialmente riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente e idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995 – dep. 1996, Clarke, Rv. 20342801; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507). Contrariamente a quanto rappresentato nel ricorso, la Corte territoriale offre argomentazioni logiche e perfettamente aderenti alle risultanze del materiale istruttorio esaminato, sottolineando elementi quali medesimo modus operandi utilizzato dal COGNOME (il quale si introduceva nelle abitazioni delle vittime fingendo di essere un operatore del gas o dell’elettricità), nonché le risultanze della ricognizione personale eseguita dalle tre persone offese dal reato e dai due testimoni (la figlia e la nipote della sig.ra NOME), rilevando che le descrizioni fornite da tutti i ricognitori erano state univoche e corrispondenti alle caratteristiche fisiche dell’imputato (pag. 10). Inoltre, con deduzioni logiche ed esaustive, i giudici sottolineano come i risultati della ricognizione abbiano raggiunto un esito altamente positivo, riconducibile alla quasi certezza, ulteriormente valorizzato se si tiene conto dell’età delle vittime e del tempo decorso dai fatti; rilevando
altresì, riguardo ai rilievi relativi alla ricognizione eseguita dalla persona offesa COGNOME, che, in base alla giurisprudenza consolidata, non inficia la genuinità della ricognizione la previa visione, in foto o su altro supporto, della persona da riconoscere (Sez. 3 – n. 8740 del 24/11/2022, Rv. 284232 – 01; Sez. 4 – n. 7287 del 09/12/2020, Rv. 280598 – 01).
Il secondo motivo è manifestamente infondato. Nel caso di specie, l’impugnata sentenza ha adeguatamente argomentato in ordine alla configurabilità della condotta di approfittamento delle condizioni di età avanzata delle vittime e delle circostanze del caso concreto (le tre vittime sono state raggiunte nelle rispettive abitazioni, quindi in luogo privato ove si trovavano da sole, e quindi indifese; valorizzando in proposito le dichiarazioni della persona offesa COGNOME la quale aveva dichiarato di essersi resa conto che colui che si era introdotto a casa sua non era un tecnico, ma di aver avuto timore, assecondandolo). Sul punto è utile ribadire il principio secondo cui in tema di minorata difesa, la circostanza aggravante di aver approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, a seguito della modifica normativa introdotta dalla legge n. 94 del 2009, deve essere specificamente valutata anche in riferimento all’età senile e alla debolezza fisica della persona offesa, avendo voluto il legislatore assegnare rilevanza ad una serie di situazioni che denotano nel soggetto passivo una particolare vulnerabilità della quale l’agente trae consapevolmente vantaggio (Sez. 2 n. 8998 del 18/11/2014, Rv. 262564 01).
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 7 ottobre 2025.