Minorata Difesa per Età Avanzata: Quando l’Aggravante è Automatica?
La tutela delle persone più vulnerabili è un pilastro del nostro ordinamento giuridico, specialmente in ambito penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale riguardo l’aggravante della minorata difesa in relazione all’età avanzata della vittima. Questo caso, relativo a un furto con strappo, offre spunti cruciali per comprendere come la legge valuta la fragilità di una persona offesa e quali conseguenze ne derivano per l’imputato.
Il Fatto: Un Furto con Strappo ai Danni di un’Anziana
Il caso trae origine da una condanna per furto con strappo, confermata in appello. All’imputato erano state contestate, tra le altre, le aggravanti previste dall’articolo 624-bis e, in particolare, quella di cui all’art. 61 n. 5 del codice penale: l’aver approfittato di circostanze tali da ostacolare la pubblica o privata difesa. Nello specifico, la Corte di Appello aveva riconosciuto questa aggravante in virtù dell’età della vittima, all’epoca dei fatti ultraottantenne.
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione basandosi su due motivi principali, contestando sia il riconoscimento dell’aggravante sia la modalità di calcolo della pena.
Il Ricorso in Cassazione e l’Aggravante della Minorata Difesa
Il primo motivo di ricorso contestava proprio il riconoscimento dell’aggravante della minorata difesa. Secondo la difesa, non era sufficiente il solo dato anagrafico della vittima per giustificare un aumento di pena. Si sosteneva che fosse necessario un onere motivazionale più specifico da parte del giudice, che dimostrasse come l’età avesse concretamente agevolato la commissione del reato.
Il secondo motivo, di natura più tecnica, lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo all’aumento di pena applicato per la continuazione tra i reati. La difesa eccepiva che la sentenza non avesse specificato il quantum degli aumenti per ciascun reato satellite, rendendo poco trasparente il calcolo della pena complessiva.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati. Le argomentazioni dei giudici sono chiare e si pongono in continuità con un orientamento giurisprudenziale consolidato.
La Minorata Difesa “In Re Ipsa”
Sul primo punto, la Cassazione ha ribadito un principio chiave: nei reati che presuppongono un’interazione diretta tra l’autore e la vittima, come il furto con strappo, l’agevolazione derivante dall’età avanzata della persona offesa è “in re ipsa”. Questo significa che la condizione di vulnerabilità è considerata auto-evidente e non richiede al giudice uno specifico e ulteriore onere motivazionale. Il semplice riscontro oggettivo dell’età della vittima (in questo caso, oltre ottant’anni) è sufficiente per ritenere integrata l’aggravante della minorata difesa. La Corte ha quindi ritenuto corretta e adeguatamente motivata la decisione dei giudici di merito.
La Carenza di Interesse nel Contestare la Pena
Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha richiamato una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 47127/2021) secondo cui è possibile ricorrere contro una sentenza che non specifica gli aumenti di pena per la continuazione, ma a una condizione precisa: che l’appellante deduca un “interesse concreto ed attuale”. Tale interesse sussiste quando la censura è strumentale a contestare l’illogicità o l’eccessività della pena complessiva. Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a lamentare l’omissione formale senza però contestare la congruità della pena finale, che peraltro i giudici hanno definito “estremamente contenuta”. In assenza di un interesse concreto a ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole, il motivo è stato giudicato inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame consolida due importanti principi. In primo luogo, rafforza la tutela delle vittime anziane, stabilendo che la loro età avanzata, in reati caratterizzati da un’aggressione diretta alla persona, costituisce di per sé un’aggravante che non necessita di complesse argomentazioni probatorie. Questo semplifica l’applicazione della norma e garantisce una risposta sanzionatoria più severa in situazioni di palese vulnerabilità.
In secondo luogo, chiarisce i limiti del ricorso in Cassazione per questioni procedurali relative al calcolo della pena. Non è sufficiente sollevare una mera irregolarità formale; è indispensabile dimostrare che tale vizio abbia prodotto un pregiudizio concreto, come una pena ingiusta o sproporzionata. In assenza di tale dimostrazione, il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
L’età avanzata della vittima di un furto con strappo è sufficiente per configurare l’aggravante della minorata difesa?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, in reati come il furto con strappo che implicano un’interazione diretta, l’agevolazione derivante dall’età avanzata della vittima è considerata “in re ipsa” (auto-evidente) e non richiede una motivazione aggiuntiva da parte del giudice oltre al riscontro obiettivo dell’età.
È possibile fare ricorso se il giudice non specifica gli aumenti di pena per ogni reato in continuazione?
Sì, è ammissibile, ma solo a condizione che il ricorrente dimostri di avere un interesse concreto e attuale. Questo interesse sussiste se la critica è finalizzata a contestare la congruità, la logicità o la proporzionalità della pena complessiva. Una semplice doglianza formale, senza contestare la pena nel merito, non è sufficiente.
Cosa significa che un’aggravante è “in re ipsa”?
Significa che la circostanza aggravante è considerata evidente dai fatti stessi e non necessita di una prova o di una motivazione specifica e ulteriore da parte del giudice. Nel caso analizzato, la sola età ultraottantenne della vittima è stata ritenuta sufficiente a dimostrare la sua ridotta capacità di difesa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11866 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11866 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 08/11/1983
avverso la sentenza del 01/07/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 39257 /2024 – Consigliere COGNOME – Ud. 26 febbraio 2025
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che ha confermato la condanna dell’imputato per i reati di cui agli artt. 624-bis, comma 2, e 624-bis, comma 2 e 3, 61 n. 5 cod. pen.;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 5) con riferimento al reato sub B) – è manifestamente infondato perché in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità in materia; sul punto va ribadito il principio sancito questa Corte secondo cui, nei reati che presuppongono l’interazione tra l’autore del fatto e la vittima (nel caso di specie, furto con strappo), ai fini del riconoscimento della circostanz aggravante di cui all’art. 61, n. 5 cod. pen., l’agevolazione all’agire illecito derivante dal avanzata della persona offesa è “in re ipsa”, senza che gravi in capo al giudice di merito uno specifico e ulteriore onere motivazionale rispetto al riscontro obiettivo dell’età della person offesa (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12796 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275305 – 01).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha quindi correttamente ritenuto – e adeguatamente motivato – la circostanza aggravante della minorata difesa di cui art. 61 n. 5 cod. pen., dato che la p.o. all’epoca dei fatti era ultraottantenne (si veda pag. 9 della sentenz impugnata).
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso – che denuncia violazione di legge e vizio di omessa motivazione sulla misura dell’aumento di pena per la continuazione fra reati – è manifestamente infondato in quanto Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME Rv. 282269 01 hanno valorizzato l’esegesi secondo la quale è ammissibile il ricorso per cassazione contro la sentenza che non abbia specificato il quantum dei singoli aumenti inflitti a titolo di continuazione in relazione a ciascun reato satellite, a condizione che venga dedotto un interesse concreto ed attuale a sostegno della doglianza (Sez. 2, n. 26011 del 11/04/2019, COGNOME, Rv. 276117; Sez. 3, n. 550 del 11/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv 278279). Tale lettura è condivisibile – hanno tuttavia sostenuto le Sezioni Unite – «quando la censura si concreti nella sola doglianza della mancata indicazione dei singoli aumenti di pena, venendo tuttavia fatta implicita o esplicita acquiescenza alla pena come determinata nel suo complesso (come nel caso della sentenza COGNOME). Ma quando, all’inverso, il rilievo è strumentale alla contestazione della assenza della motivazione posta a sostegno del giudizio di congruità della pena, o della sua contraddittorietà o manifesta illogicità, non è possibile sostenere che occorre l’esplicitazione da parte dell’impugnante di uno specifico interesse perché all’evidenza quest’interesse ricorre e si concreta nella determinazione di un più favorevole trattamento sanzionatorio».
Ebbene, il ricorso non contesta specificamente la ragionevolezza della quantificazione complessiva della pena – peraltro attestata su un livello estremamente contenuto, sia quanto alla pena base del calcolo che a quella per i reati satellite (si veda pag. 10 della sentenza impugnata) – sicché può dirsi che il ricorso non sia sostenuto dal necessario interesse.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 febbraio 2025
GLYPH