Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10951 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10951 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MONOPOLI il 23/01/1981
avverso la sentenza del 26/09/2024 del TRIBUNALE di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto, dato atto dell’intervenuta prescrizione del reato, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore e per grado; lette le conclusioni del difensore della parte civile, Avv. NOME COGNOME che ha e in subordine di rigettarlo, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione della spese sostenute dalla parte chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso civile nel presente giudizio, come da nota spese depositata
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catania, decidendo in sede di giudizio di rinvio disposto dalla Corte di cassazione con sentenza in data 13 ottobre 2023, confermava la pronunzia di primo grado resa dal Giudice di pace di Acireale, che aveva affermato la responsabilità di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 612, cod. pen., commesso il 13 aprile 2017 (“…per avere minacciato un male ingiusto a Cambera Alberto, facendogli pervenire, a mezzo del telefono, un SMS contenente la seguente espressione: “La pagherai x quello che hai fatto. Tutto pagherai”), condannandolo alla pena di euro 500,00 di multa, oltre al risarcimento del danno cagionato alla predetta persona offesa, costituita parte civile.
Avverso la sentenza emessa in sede di giudizio di rinvio ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo un unico motivo con cui denunzia violazione di legge e omessa motivazione in ordine alla qualificazione giuridica, ai sensi dell’art. 612, cod. pen., della condotta contestata.
Rileva che la Corte distrettuale ha mancato di dare conto della verifica richiesta in sede di annullamento di rinvio in tema di concreta offensività della condotta, esponendo al riguardo le stesse apodittiche asserzioni contenute nella precedenza sentenza di secondo grado, così da non confutare i motivi di appello.
Ciò tanto più in considerazione di quanto affermato nel verbale allegato dalla persona offesa in ordine al significato non minaccioso del contenuto del messaggio.
Si è proceduto alla trattazione scritta del ricorso.
Il Procuratore generale presso questa Corte, con requisitoria trasmessa il 15 gennaio 2025, dato atto dell’intervenuta estinzione del reato per prescrizione, ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore e per grado.
Con comparsa conclusionale trasmessa il 23 gennaio 2025, il difensore della parte civile, Avv. NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile ovvero venga rigettato, con conseguente conferma delle statuizioni civili e condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente giudizio di legittimità, come da nota spese allegata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
La sentenza di annullamento con rinvio ha demandato al giudice di merito l’esame del contesto di riferimento in cui è stato pronunziata l’espressione indicata nel capo di imputazione, per verificarne la natura intimidatoria o meno, a fronte di una prospettazione non determinata e delle incertezze circa la possibilità che tale genere di espressione fosse riferibile alla sfera di intervento dell’imputato.
Il Giudice di rinvio ha assolto tale compito, poiché non si è limitato a fare riferimento alla posizione della persona offesa che poteva renderlo vulnerabile rispetto a una prospettazione del male ingiusto consistito nel pagarla cara, ma ha anche inquadrato il contesto di riferimento in cui poter leggere l’intera condotta.
Ha spiegato che il movente della stessa, secondo quanto emergeva dagli atti (in particolare dalle dichiarazioni della persona offesa in sede di querela confermate nel corso dell’esame), scaturiva dai sospetti esternati dal ricorrente circa una relazione fra la di lui compagna e Cambera. Proprio a seguito di ciò, quest’ultimo ricevette telefonate e messaggi da NOME descritti come minacciosi e aggressivi. In tale più ampio contesto, si inserì e assunse, dunque, concretezza, nel suo esplicitato annunzio ritorsivo, il messaggio indicato nell’imputazione. Da ciò la motivata ed esaustiva assegnazione alla condotta contestata dell’oggettivo significato di minaccia, quale effettiva prospettazione di un attuabile male ingiusto.
Le doglianze mosse con il ricorso si limitarlo a ripercorrere i contenuti delle precedenti decisioni. Senza confrontarsi con l’intero apparato motivazionale, assumono che esso sia sovrapponibile a quello censurato in sede di legittimità. Riportano solo parte 4 una frase che riconducono alle dichiarazioni di Cambera in sede di esame. Mostrano, invece, di prendere al riguardo in considerazione un verbale di sommarie informazioni davanti alla polizia giudiziaria, indicandolo come allegato al ricorso, ma non anche come ritualmente acquisito al fascicolo per il dibattimento. Introducono altri argomenti solo rivalutativi, come quando fanno cenno alla comune appartenenza di Damore e Cambera all’Aeronautica militare. Né del resto danno conto delle ragioni per cui ciò dovrebbe valere a rendere illogica la ricostruzione di merito, a cui ci si oppone sempre e solo discorsivamente. 541
Si tratta, pertanto, di censure tutte inammissibili, poiché risultano, per un verso, aspecifiche e al più solo rivalutative laddove denunziano vizi della motivazione, per altro verso manifestamente infondate, allorquando lamentano erronee ricostruzioni giuridiche senza risultare minimamente idonee a dare conto della violazione dei principi e degli arresti giurisprudenziali che via via richiamano.
Dalla conseguente dichiarazione di inammissibilità del ricorso discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, tenuto conto dei
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profili di colpa, della somma determinata in euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il ricorrente va, inoltre, condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME che, considerata l’attività difensiva anche in sede di esposizione delle conclusioni, vanno congruamente liquidate in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 05/02/2025.