Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13555 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13555 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a SASSARI il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/02/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO procuratore generale AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi uditi i difensori:
gli AVV_NOTAIO COGNOME NOME e COGNOME NOME insistono per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari, che ha confermato la condanna loro inflitta dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Sassari in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti.
I motivi oggetto dei ricorsi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
È fondato il ricorso di COGNOME NOME. Sono, invece, inammissibili gli altri ricorsi.
Motivi comuni ai ricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (condannati per i delitti di cui agli artt. 81, 110, 628, comma 3, n. 1 e 110 – 648 cod. pen.):
Si eccepisce l’inutilizzabilità delle intercettazioni, con particolare riguard a quelle captate nella giornata del 19/09/2015 – ritenute decisive ai fini dell’affermazione di responsabilità – in quanto disposte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara in relazione ad altro procedimento (iscritto il 19/03/2015 al n. NUMERO_DOCUMENTO) il cui termine delle indagini preliminari era scaduto il 18/09/2015. La Corte d’appello, nel rigettare l’eccezione, aveva fatto erroneamente riferimento alla circostanza che non fosse ancora scaduto il termine annuale dell’odierno procedimento instauratosi dinanzi alla Procura di Sassari, non avvedendosi, invece, che l’eccezione atteneva ad intercettazioni disposte in altro procedimento i cui termini erano scaduti e la cui inutilizzabilità non poteva ritenersi sanata dall’accesso al rito abbreviato.
Il motivo è inammissibile sotto diversi profili.
Anzitutto, perché nei ricorsi il motivo è stato dedotto genericamente e in assenza della necessaria autosufficienza. L’eccezione di inutilizzabilità, infatti, muove dal presupposto che si tratterebbe di intercettazioni disposte in altro procedimento dalla Procura di Ferrara che sarebbero state compiute dopo la scadenza del termine di sei mesi dall’iscrizione della relativa notizia di reato. Tuttavia, non è allegato che la relativa iscrizione sia stata effettuata per un’ipotesi di reato ordinaria e non, invece, in relazione alle altre fattispecie di reato per c l’art. 407 cod. proc. pen. stabilisce il termine annuale; inoltre, non è parimenti
documentato che, nel diverso procedimento, non vi siano state proroghe ai sensi dell’art. 406 cod. proc. pen. Né è stata allegata l’informativa in cui notoriamente sono indicati i RIT relativi al decreto che ha disposto l’intercettazione con la relativa scadenza. In tema di ricorso per cassazione, grava sulla parte che deduce l’inutilizzabilità di un atto, l’onere di indicare specificamente i documenti sui qua l’eccezione si fonda e altresì di allegarli, qualora essi non facciano parte del fascicolo trasmesso al giudice di legittimità. (In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale l’imputato aveva eccepito, senza tuttavia documentarlo, che le intercettazioni telefoniche erano state disposte in un procedimento diverso e per un reato non connesso a quello per il quale aveva riportato condanna; Sez. 5, n. 23015 del 19/04/2023, Bernardi, Rv. 284519 – 01).
Inoltre, altrettanto generica è l’indicazione della rilevanza delle intercettazioni oggetto dell’eccezione di inutilizzabilità, essendosi i ricorrenti, per un verso, limita a fare riferimento ad una asserita decisività ai fini del decidere che assumerebbero le captazioni avvenute il 19/09/2015 e, per altro, omesso di svolgere la necessaria prova di resistenza. Invero, è principio consolidato della Corte di legittimità che nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità d elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269218 – 01; Sez. 2, n. 30271 dell’11/05/2017, COGNOME, Rv. 270303 – 01; da ultimo, Sez. 4, n.50817 del 14/12/2023, COGNOME, Rv. 285533 – 01). E ciò tanto più laddove, come nel caso in esame, le sentenze di merito abbiano elencato plurimi e convergenti elementi di prova a fondamento del coinvolgimento di ciascun ricorrente nella rapina, costituiti dall’esito dell’attività indagine svolta nell’ambito del presente procedimento, arricchita anche da altre intercettazioni telefoniche ed ambientali, da fonti dichiarative, prove biologiche, dattiloscopiche, sequestri, tracce materiali del reato, monitoraggio e posizione degli imputati al momento dei fatti, tabulati telefonici, ecc. (vedi pagg. 3-11 e 1834). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
B) Si deduce, vuoi sotto il profilo della violazione di legge vuoi del vizio di motivazione, l’erronea qualificazione giuridica del fatto da ricondursi, in ragione dell’assenza di qualsiasi minaccia, al furto con scasso, non potendosi ricavare la minaccia (implicita) costitutiva della rapina dallo stupore manifestato dalle persone presenti in ragione della natura spettacolare dell’azione intrapresa dagli imputati.
Le modalità esecutive, tutte necessarie all’asportazione del dispositivo bancomat murato, non avevano in alcun modo travalicato la condotta tipica (e necessaria) del furto aggravato, seppur commesso alla presenza di più persone. Analogamente era a dirsi con riguardo al travisamento operato, quale strumento utilizzato dagli imputati per non essere riconosciuti e non per incutere timore. La “paralisi” subita da un viaggiatore in attesa del volo, il quale era rimasto al suo posto, non era affatto dovuta all’effetto intimidatorio provocato dagli imputati; analogamente poteva affermarsi con riguardo al comportamento tenuto dalla guardia giurata, corsa a chiedere aiuto, non scaturito da alcun tipo di coartazione (altrimenti, si sottolinea, se il contesto fosse stato minaccioso, sarebbe stata diffidata a farlo). Si era dunque fatto erroneo richiamo alla giurisprudenza di legittimità sulla minaccia implicita, confondendosi lo stupore manifestato dai due presenti con il timore al quale la Suprema Corte fa riferimento nelle pronunce citate dalla sentenza impugnata.
Inoltre, difettava il dolo di rapina, essendo la condotta degli imputati sfornita della coscienza e volontà di realizzare un’azione volta ad incutere timore nei confronti dei presenti e che non fosse, invece, unicamente finalizzata alla sottrazione dello sportello bancomat avuta di mira ed in relazione alla quale sono stati utilizzati gli strumenti da scasso.
Il motivo è manifestamente fondato. Le sentenze di merito – sulla scorta di un accertamento di fatto che, in quanto logicamente e congruamente motivato sulla base delle risultanze istruttorie, non si presta ad alcuna censura di legittimità – hanno correttamente desunto l’esistenza della minaccia dal complesso delle circostanze del fatto e dalle modalità dell’azione che hanno caratterizzato la vicenda volta all’impossessamento dello sportello bancomat. In particolare, si è fatto riferimento all’irruzione repentina e violenta attuata dagli imputati, travisa da passamontagna, armai di asce e di un cacciavite, all’interno dell’aeroporto, tramite la forzatura delle porte di ingresso e delle serrande, cui seguiva l’infrangere della vetrata di accesso (uno dei due furgoni andava a collidere contro la vetrata di ingresso dell’aeroporto). Inoltre, si è precisato che uno dei correi, impugnando saldamente l’ascia si era diretto verso la guardia giurata ivi presente che si era subito allontanata per chiamare la polizia ed aveva altresì intimato a gesti sollevando il palmo della mano all”altezza della spalla – all’unico passeggero ivi presente di non muoversi. Pertanto, le modalità della condotta accentrano anche elementi di disvalori propri del delitto di rapina, in quanto recano con sé un chiaro significato intimidatorio derivante dall’esibizione e dalla diretta percezione ad opera degli astanti degli strumenti da scasso, logicamente dimostrative del fatto che i rapinatori non si sarebbero fatti alcuno scrupolo di usare violenza anche alle persone per impadronirsi del denaro custodito all’interno del bancomat. E tanto
basta a prescindere dalla circostanza che i soggetti presenti non abbiano reagito o che gli imputati non abbiano deciso di neutralizzare la guardia giurata che si era data alla fuga, posto che si procede per un’ipotesi di rapina commessa con minaccia e non con violenza, con la conseguenza che nessuna illogicità sconta la sentenza impugnata per avere causalmente ricondotto lo stato di “paralisi” in cui versava il passeggero ivi presente alla situazione di diffuso timore determinata dall’agire degli imputati. Quanto al dolo, nessun elemento è stato allegato che escluda la verosimile presenza della guardia giurata o di avventori nell’ambito della zona dell’aeroporto presa di mira e che, pertanto, l’accompagnarsi in modo visibile con molteplici armi improprie fosse univocamente volto alla sottrazione della res.
In conclusione, i giudici di merito risultano avere fatto corretta applicazione del principio affermato dalla Corte di legittimità, a mente del quale, per la configurabilità del reato di rapina, ad integrare l’elemento della minaccia è sufficiente qualsiasi comportamento o atteggiamento verso il soggetto passivo idoneo ad incutere timore e a suscitare la preoccupazione di un danno ingiusto.(Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto correttamente configurato il reato di rapina in un caso in cui gli agenti, allo scopo di impossessarsi del danaro custodito in un ufficio postale, vi si erano introdotti sfondando un lucernaio e calandosi quindi con irruenza all’interno, sì da indurre alla fuga, con tale condotta spavalda e dal preciso significato intimidatorio, gli impiegati presenti). (Sez. 7, ord. n. 35619 del 12/07/2006, Varoncelli, Rv. 234869 – 01). Si è, infatti, in presenza di comportamento violento, caratterizzato da decisione, perentorietà, coordinazione ed univocità, posto in essere da più agenti che, indipendentemente dalle condotte e dalle conseguenze provocate dalla loro azione, nella causazione dell’evento preveduto e voluto, ha determinato un chiarissimo effetto di turbamento e di diminuzione della libertà psichica e morale sulle persone offese (v. anche, in relazione agli elementi costitutivi del reato di rapina, Sez. 1, n. 46118 del 04/11/2009, COGNOME e altro, Rv. 245498). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1 Gli altri motivi dei ricorsi:
NOME COGNOME.
Inutilizzabilità del compendio delle risultanze delle intercettazioni disposte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara.
Vedi motivo comune sub A).
Violazione di legge con riferimento all’art. 628 cod. pen. Vedi motivo comune sub B).
COGNOME NOME e NOME.
Erronea applicazione della legge penale e/o vizio di motivazione con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto.
Vedi motivo comune sub B).
“Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) inutilizzabilità del materiale investigativo acquisito oltre il termine di cui all’art. 405 CPP e violazione art. 606 comma 1 lett. B) per carenza motivazionale sul punto”.
Vedi motivo comune sub A).
“Violazione ex art. 606 comma 1, lett. b) ed e), per erronea rubricazione del fatto come rapina aggravata e non come diverso delitto contro il patrimonio, carenza e/o difetto motivazionale sul punto”.
Vedi motivo comune sub B).
“Violazione di legge ex art. 606 comma 1 lett. E) per difetto di motivazione in relazione alla responsabilità dei fratelli NOME e NOME“.
La censura attiene all’assenza dimostrativa degli elementi indizianti valorizzati dalle sentenze di merito a corredo dell’affermazione di responsabilità.
Il motivo è inammissibile poiché, sotto il profilo della denuncia del vizio di motivazione, tende a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa lettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avulse da pertinente e decisiva individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito. Dalla lettura della sentenza impugnata risultano, infatti, indicati nei confronti dei due ricorrenti un complesso di elementi indiziar (ben sette, vedi pagg. 116-118) la cui concatenazione logica è altamente dimostrativa della loro compartecipazione alla rapina e alla ricettazione dei furgoni utilizzati per commettere il reato, anche in ragione non solo della convergenza temporale e spaziale degli indizi raccolti, ma anche della loro natura individualizzante, corredata financo da fonte dichiarativa.
NOME NOME
Violazione di legge in relazione all’art. 628, commi 2 e 3 n. 1 cod. pen., nonché vizio di motivazione.
Vedi motivo comune sub B).
Inosservanza della legge processuale.
La censura attiene non tanto al profilo dell’inutilizzabilità degli atti di al procedimento penale, tema che la Corte di merito aveva pur sbrigativamente liquidato, bensì alla mancata autonoma valutazione di tale compendio probatorio con particolare riguardo: all’attribuzione di una conversazione intercettata ad uno o all’altro degli imputati, così come alle voci di sottofondo; ai soprannomi
impiegati, ben potendo più persone essere appellate allo stesso modo; all’attribuzione al ricorrente dell’utenza n. 3512191855 che sarebbe stata invece rinvenuta al momento dell’arresto nella disponibilità di altro correo e che aveva permesso di collocare l’imputato nei luoghi dell’azione criminosa. Si trattava di temi di prova il cui approfondimento non poteva ritenersi legittimamente disatteso per avere proceduto col rito abbreviato.
Il motivo è generico e/o manifestamente infondato.
Quanto all’attribuzione delle voci agli imputati, così come dei soprannomi captati nelle conversazioni, va colta anzitutto la genericità del motivo in quanto riferito alla fonte di prova in generale, omettendosi l’indicazione delle conversazioni di specifico rilievo che ridonderebbero a carico del ricorrente. Peraltro, dalla lettura della sentenza di primo grado risulta che si è fatto riferimento a quanto accertato dalla polizia giudiziaria. Tale dato investigativo è stato correttamente apprezzato nella sua portata probatoria non perché si è proceduto col rito abbreviato, ma – per come risulta da quanto espressamente precisato dal Gup (v. pagg. 1-2) – in forza dell’assenza di elementi di contrasto financo rinvenibili nelle dichiarazioni degli imputati, i quali – negli atti difensivi – mai h posto in dubbio o negato tale corrispondenza (neppure avvalendosi della facoltà di rilasciare dichiarazioni spontanee, pienamente ammissibili nel rito abbreviato; Sez. 3, n. 46766 del 16/11/2005, NOME, Rv. 233067 – 01; Sez. 1, n. 50430 del 25/09/2018, Curaj, Rv. 274515 – 01). Non risultano, pertanto, acquisiti al processo elementi di contrasto rispetto al dichiarato della polizia giudiziaria e, dunque, correttamente a tale dato è stata assegnata valenza univoca.
Quanto all’attribuzione al ricorrente dell’utenza in discorso, la censura è generica, in quanto a fronte di una motivazione, pure del Gup, che ne attribuisce la disponibilità anche al ricorrente in ragione del fatto che ne fu trovato in possesso in occasione del fermo del 19 settembre 2015 (v. pag. 16 della sentenza di primo grado), nessuna specifica allegazione dimostra il lamentato travisamento della prova. La circostanza che l’utenza fosse stata utilizzata dal coimputato COGNOME (il quale risulta utilizzare anche altra utenza – v. pag. 34 – tanto che nell’attività localizzazione si distinguono anche le diverse utenze riferendole tanto al ricorrente che al coimputato) non toglie a detto elemento la sua valenza indiziante, in quanto dimostrativo dello stretto legame di carattere illecito che intercorre tra i due coimputati sin dallo sbarco del NOME in Sardegna, per come accertato attraverso i servizi di osservazione e le intercettazioni che vedono direttamente protagonista il ricorrente (v. ad es. pag. 11 e 31 ove la p.g. riconosce la sua voce in sottofondo), da cui risulta che l’obiettivo di commettere atti predatori ai danni di sportel bancomat viene coltivato insieme a detto correo.
Dalla lettura delle sentenze di merito risulta che il coinvolgimento dell’imputato nella rapina si fonda, altresì, su molteplici elementi di tipo indiziante logico e financo ricavati da indagini biologiche o dattiloscopiche su tracce materiali del reato riferibili al ricorrente che danno conto di come questi fosse, al pari degli altri correi, pienamente inserito nel programma criminoso di realizzare atti predatori ai danni di bancomat della zona e, soprattutto, avesse partecipato insieme agli altri coimputati alla rapina ai danni del bancomat avete sede nell’area partenze dell’aeroporto di Alghero (significativo è l’esito dei servizio di osservazione che lo ritrae, sin dai giorni precedenti alla rapina, effettuare un sopralluogo col COGNOME ai danni di un bancomat di altro esercizio commerciale, in perfetta aderenza agli altri sopralluoghi effettuati da altri correi nei gior immediatamente seguenti e con il medesimo modus operandi; parimenti è a dirsi della sua presenza all’interno della base logistica ove vengono rinvenuti beni riferibili anche agli altri imputati per come poi constatato dai servizi osservazione, dall’esito del fermo, dai servizi di video-sorveglianza e dalle dichiarazioni di persone informate sui fatti; v. pagg. 29, 30 ultimo cpv. e SS. sentenza di primo grado anche con riguardo agli elementi che collocano gli imputati sui luoghi della rapina).
Peraltro, dall’esame delle intercettazioni si ricavano anche conversazioni in cui la polizia giudiziaria dà espressamente atto che si sente la voce del ricorrente in sottofondo, unitamente agli altri correi (v. pag. 31). Si è, quindi, proceduto ad una lettura unitaria e coordinata degli indizi raccolti a carico dell’imputato con quell relativi agli altri coimputati (v. pagg. 33-36 sentenza di primo grado), riscontrandone una piena compatibilità sia per successione logico-temporale che per concludenza dimostrativa, alla luce anche dell’accertata assenza di ragioni lecite della presenza dell’imputato in quei luoghi. A fronte di tale lettura le censure difensive finiscono per operare una non consentita parcellizzazione degli elementi indiziari al fine di svilirne la portata contenutistica. La Corte di legittimità infatti, affermato:
che ai fini della configurabilità della gravità indiziaria è illegittima valutazione frazionata ed atomistica dei singoli dati acquisiti, dovendo invece seguire, alla verifica della gravità e precisione dei singoli elementi indiziari, il l esame globale ed unitario, che ne chiarisca l’effettiva portata dimostrativa del fatto e la congruenza rispetto al tema di indagine. (Sez. 1, n. 30415 del 25/09/2020, Castagnella, Rv. 279789 – 01, in tema di misure cautelari);
che il procedimento della loro valutazione si articola in due distinti momenti: il primo diretto ad accertare il maggiore o minore livello di gravità e di precisione di ciascuno di essi, isolatamente considerato, il secondo costituito dall’esame globale e unitario tendente a dissolverne la relativa ambiguità. Il giudice di
legittimità deve verificare l’esatta applicazione dei criteri legali dettati dall’art. comma secondo, cod. proc. pen. e la corretta applicazione delle regole della logica nell’interpretazione dei risultati probatori (Sez. 5, n. 4663 del 10/12/2013, dep. 2014, Larotondo, Rv. 258721 – 01).
3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione della prova, con particolare riguardo all’avere disatteso la valenza a discarico della captazione ambientale del 4/11/2015 relativa ad un colloquio in carcere tra i coimputati COGNOME, ove i conversanti avevano fatto riferimento al fatto che il ricorrente era stato liberato perché innocente; del pari non si era considerato che erano stati acquisiti elementi di diretta riferibilità al COGNOME dell’auto impiegat nella rapina (era stato visto alla guida del mezzo; in occasione dell’arresto ne deteneva le chiavi), anche se di proprietà della sorella del ricorrente; lo stesso dna dell’imputato non era stato rinvenuto su oggetti personali presenti nel vano portabagagli dell’auto, bensì su guanti da lavoro, un cappellino e un giubbino senza maniche, il cui utilizzo è facilmente comune agli utilizzatori dell’auto e non indossati, per quanto ricavato dalle telecamere dei luoghi ove si è svolta la rapina, dagli autori del reato.
Il motivo è manifestamente infondato.
I dedotti vuoti motivazionali in ordine alla valenza a discarico che dovrebbe assumere il colloquio in carcere intervenuto tra i fratelli COGNOME, risultano superati dalla sentenza impugnata mediante il richiamo ad altri decisivi elementi, univocamente dimostrativi del diretto coinvolgimento dell’imputato, quale correo, nella rapina (vedi punti da 4 a 8 indicati a pag. 115-116 della sentenza impugnata e quelli indicati dal primo giudice in forza dei quali si è poi proceduto al fermo degli imputati COGNOME, NOME, NOME, NOME, NOME e inizialmente del COGNOME).
Al riguardo, va ribadito che la sentenza di merito non è tenuta a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata. (Sez. 4, sent. n. 26600 del 13/05/2011, COGNOME, Rv. 250900; Sez. 2, n. 28547 del 20/06/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 27323 del 25/01/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011, COGNOME, Rv. 250105-01; Sez. 4, n. 1149 del 24/10/2005, dep. 2006, COGNOME, Rv. 233187-01).
Riguardo, poi, alla confutazione degli elementi a carico che la difesa passa in rassegna nel motivo di ricorso, si tratta di censure sostanzialmente reiterative del
motivo di appello che rinvengono congrua risposta nella sentenza impugnata e in quella del AVV_NOTAIO, interamente richiamata, finendo per introdurre alternative riletture delle emergenze processuali non consentite in questa sede.
Peraltro, il tema dell’auto rinviene anche elementi di riferibilità al ricorrente considerato che, all’atto dell’accertamento della presenza dell’imputato presso quella che è stata individuata come la base logistica del colpo, le sentenze di merito precisano essere stato rinvenuto un biglietto di viaggio con al seguito l’autovettura in oggetto, più volte monitorata anche nel corso dei precedenti sopralluoghi ad altro bancomat, ove poi sono stati rinvenuti capi di abbigliamento compatibili con quelli indossati dagli autori della rapina. Peraltro, su detto veicolo l’imputato s trovava insieme ai correi COGNOME e COGNOME allorché giunse presso il resort ove era collocata la base logistica del colpo e tale accertamento si nutre – per come spiegato dai giudici di merito in forza delle plurime acquisizioni investigative (v. pag. 34 sentenza di primo grado e 135 di quella impugnata) – di convergenti elementi indizianti che consentono di collegare gli occupanti del mezzo ai furgoni di provenienza furtiva utilizzati per commettere la rapina e in precedenza abbandonati.
Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche: a fronte dell’indicazione di indici positivi, quali l’assenza di precedenti penali e la circostanza che l’imputato dimorasse da oltre dieci anni regolarmente sul territorio nazionale con la famiglia, la Corte d’appello “rimaneva silente”, limitandosi a ad un “conteggio laconico della pena, senza argomentare il mancato riconoscimento”.
Il motivo è manifestamente infondato. La sentenza impugnata, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio inflitto al ricorrente e, in particolare, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, ha richiamato le considerazioni svolte a proposito degli altri coimputati con riguardo alla gravità del reato, facendosi riferimento alle esemplari e ben organizzate modalità del fatto, unitamente al particolare luogo ove la rapina è stata commessa. Si tratta di pregnanti indici che danno congruamente conto del giudizio di disvalore espresso dal giudice del merito sia in punto di determinazione della pena base che del giudizio circostanziale, in aderenza agli orientamenti di legittimità espressi in materia, secondo cui:
la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero
arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142);
non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficie che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011 Sermone, Rv. 249163 – 01; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244 – 01; Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, COGNOME, Rv. 271269 -01);
le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale “concessione” del giudice ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art.133 cod. pen. e che presentano connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare considerazione ai fini della quantificazione della pena. Ne consegue che il diniego delle stesse può essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri elementi (Sez. 6, n. 8668 del 28/5/1999, COGNOME, Rv. 214200).
NOME COGNOME
Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto.
Vedi motivo comune sub B).
Vizio di motivazione con riguardo agli elementi di prova da cui era stato tratto il concorso del ricorrente nella rapina, essendosi limitato ad accompagnare il COGNOME all’aeroporto ben prima che si verificasse l’evento delittuoso e poi a casa allorché l’aveva successivamente incontrato. Difettava un contributo alla commissione del fatto; il ricorrente non risultava raggiunto da ulteriori elementi a carico ricavati dalle intercettazioni ovvero da chiamate in correità. In ipotesi poteva configurarsi il favoreggiamento.
Il motivo è inammissibile poiché, per un verso, reiterativo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito e, per altro, perché omette di confrontarsi con i plurimi elementi di tipo gravemente indiziante indicati dalla sentenza impugnata alle pagine 107 e 108 a conferma della partecipazione del ricorrente, quale concorrente, alla rapina.
In particolare, si è precisato come la ripetuta presenza dell’imputato nei luoghi di causa al momento del fatto non possa essere letta nella prospettazione difensiva, tenuto conto delle intercettazioni telefoniche con gli avvisi ai fuggiaschi
per i controlli di polizia subito dopo la rapina, unitamente all’ulteriore presenza successiva a bordo dell’auto con il COGNOME NOME, autore della rapina.
Tali circostanze escludono anche il paventato favoreggiamento, in quanto gli elementi declinati dalla Corte territoriale evidenziano il primigenio coinvolgimento dell’imputato, su cui i complici potevano fare affidamento, per come precisato anche dal Gup, il quale ha indicato ulteriori elementi a sostegno della previa ed unitaria concertazione criminosa che avvolge tutti i ricorrenti (v. pag. 27 e ss. da cui emerge come l’imputato fosse già presente in zona unitamente ai fratelli COGNOME sin dal 3 settembre 2015 e le pagine successive in cui si evidenzia anche il contenuto delle intercettazioni telefoniche).
3. Vizio di motivazione con riferimento al trattamento circostanziale e sanzionatorio. Non si era tenuto conto della posizione defilata e non operativa che il ricorrente avrebbe avuto nella fase esecutiva e del fatto che si era limitato ad avere contatti con il solo COGNOME; avrebbe meritato la concessione delle attenuanti generiche per il buon comportamento processuale (ravvisabile nel rispetto delle misure cautelari imposte) e post delictum; la misura elevata della pena base avrebbe imposto una specifica motivazione, invece si era fatto riferimento ad elementi di gravità che nulla aggiungevano all’originaria rubricazione del reato “come aggravato” e senza considerare che si sarebbe al cospetto di un fatto che si pone, invece, al confine tra il furto aggravato e la rapina e, comunque, privo di particolare disvalore in quanto l’azione delittuosa non aveva creato alcun pericolo per le persone. Non si erano esplicitate le ragioni per cui all’imputato era stato riservato un trattamento deteriore rispetto ad alcuni correi. Si era, infine, trattat genericamente i profili attinenti alla dosimetria della pena e alle attenuanti generiche.
Il motivo è manifestamente infondato. Come già osservato a proposito dei coimputati, il richiamo alle esemplari e ben organizzate modalità del fatto, in uno con il particolare luogo ove la rapina è stata commessa, dà congruamente conto del giudizio di disvalore espresso dal giudice del merito in punto di determinazione della pena base. I riferimenti, poi, al ruolo svolto dall’imputato – che certamente non può definirsi defilato in quanto il giudice del merito precisa che coordinava l’attività delittuosa, dando precise indicazioni ai correi, avvisandoli della presenza della polizia – e al precedente specifico, sono idonei ad asseverarne, sul piano dell’onere di motivazione, una capacità a delinquere che rende correttamente recessivi gli indici in virtù dei quali la difesa invoca anche la concessione delle attenuanti generiche.
NOME COGNOME
Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto.
Vedi motivo comune sub B).
Vizio di motivazione con riferimento al trattamento circostanziale e sanzionatorio.
Il motivo è manifestamente infondato per le ragioni espresse sub 4) del motivo dedotto dal coimputato COGNOME.
COGNOME NOME
Inutilizzabilità del compendio delle risultanze delle intercettazioni disposte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara.
Vedi motivo comune sub A).
Violazione di legge con riferimento all’art. 628 cod. pen.
Vedi motivo comune sub B).
Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio. La censura attiene alla determinazione della pena base, che il giudice del merito aveva stabilito in misura di gran lunga superiore a quella dei correi in assenza di una specifica motivazione, a fronte di condotte di pari disvalore e causale rilievo e non potendosi fare riferimento ad indici di disvalore già apprezzati ai fini della recidiva e dell’aumento vincolato per la continuazione.
Il motivo è manifestamente infondato. Richiamato quanto osservato in tema di trattamento sanzionatorio con riguardo alla posizione degli altri ricorrenti (vedi sub 4 motivo di ricorso di COGNOME), va evidenziato che la sentenza di primo grado e quella impugnata hanno valorizzato, ai fini della determinazione della pena base in misure superiore al minimo edittale che per negare le attenuanti generiche all’imputato, i molteplici e gravi precedenti penali da costui annoverati, di cui Gup ha anche richiamato il relativo nome iuris (vedi pag. 42). Posto che il giudice può tenere conto più volte del medesimo dato di fatto sotto differenti profili e per distinti fini senza che ciò comporti lesione del principio del “ne bis in idem”, in quanto legittimamente lo stesso elemento può essere rivalutato in vista di una diversa finalità (Sez. 3, n. 17054 del 13/12/2018, dep. 2019, Rv. 275904; Sez. 2, n. 933 dell’11/10/2013, dep. 2014, Rv. 258011), nel caso in esame si è anche aggiunto l’ulteriore dato, di pregnante disvalore, rappresentato dalla ricaduta nel reato nonostante il ricorrente abbia patito lunghi periodi di carcerazione, con ciò dimostrando incapacità di reinserimento sociale e, dunque, maggiore capacità a delinquere. Nessun vizio di legittimità è, dunque, ravvisabile nella motivazione adottata dalla Corte territoriale in punto di trattamento sanzionatorio.
COGNOME NOME (art. 4 I. n. 110/75),
“Violazione di legge ex art. 606 comma 1 lett. B) per mancata applicazione della causa estintiva del reato in favore di COGNOME NOME“.
Si lamenta la mancata declaratoria, da parte della Corte territoriale, della prescrizione della contravvenzione di cui all’art. 4 I. n. 110/75 (essendosi esclusa la recidiva in virtù della sola condanna per contravvenzione), maturata prima della sentenza di appello.
La censura, specificamente dedotta con il ricorso per cassazione, è fondata. Il reato contravvenzionale risulta consumato il 19 settembre 2015, all’atto del fermo dell’imputato. Da tale data è interamente decorso, in assenza di atti interruttivi, i termine di prescrizione massimo di cinque anni stabilito dal combinato disposto di cui agli artt. 157 e 160, ultimo comma, cod. pen., interamente maturato al 19 settembre 2020 e, dunque, non rilevato dalla Corte territoriale con la sentenza impugnata.
Va, di conseguenza, annullata senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti del ricorrente per essere il reato estinto per prescrizione.
In conclusione, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili. Consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione dei profili di inammissibilità rilevati (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dil.COGNOME NOME perché il reato ascrittogli è estinto per prescrizione.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 1/03/2024