Minaccia Grave: La Cassazione Chiarisce la Procedibilità d’Ufficio
Recentemente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di minaccia grave, offrendo un importante chiarimento sulla differenza tra reati perseguibili a querela di parte e quelli procedibili d’ufficio. La questione centrale riguardava l’efficacia della remissione di querela quando la minaccia viene perpetrata con l’uso di un’arma. L’ordinanza sottolinea come la gravità del fatto possa trasformare la natura stessa dell’azione penale, rendendola obbligatoria per lo Stato.
I Fatti del Caso: La Controversia sulla Procedibilità
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il delitto di minaccia grave, confermata anche dalla Corte d’Appello. L’imputato aveva minacciato una persona avvalendosi di un coltello a serramanico. Decidendo di ricorrere in Cassazione, la difesa ha sollevato un’eccezione specifica: la mancanza della condizione di procedibilità. Secondo il ricorrente, l’avvenuta remissione della querela da parte della persona offesa avrebbe dovuto comportare l’estinzione del reato e, di conseguenza, la sua assoluzione.
Questo argomento si basava sull’idea che, essendo la minaccia un reato solitamente procedibile a querela, la volontà della vittima di non proseguire penalmente fosse decisiva. Tuttavia, questa interpretazione non teneva conto delle circostanze aggravanti specifiche del caso.
La Decisione della Cassazione sulla minaccia grave
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo “manifestamente infondato”. I giudici hanno respinto completamente la tesi difensiva, evidenziando come essa si ponesse in netto contrasto con il dato normativo. La Corte ha quindi confermato la condanna e ha obbligato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
L’irrilevanza della Rimessione di Querela
Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 612 del codice penale. La norma stabilisce chiaramente che, sebbene la minaccia semplice sia procedibile a querela, la situazione cambia radicalmente quando il fatto è commesso con le modalità previste dall’articolo 339 del codice penale. Queste modalità includono l’uso di armi, come avvenuto nel caso di specie con l’utilizzo del coltello a serramanico. In tali circostanze, il reato di minaccia grave diventa procedibile d’ufficio.
Le Motivazioni Giuridiche
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine del diritto penale: la distinzione basata sulla gravità del reato. La procedibilità d’ufficio è prevista per i reati che, per la loro natura e per le modalità con cui vengono commessi, destano un maggiore allarme sociale e offendono non solo la vittima diretta, ma l’intera collettività. La scelta del legislatore di rendere la minaccia grave procedibile d’ufficio risponde proprio a questa esigenza di tutela pubblica. L’uso di un’arma trasforma la condotta da una semplice intimidazione privata a un atto potenzialmente pericoloso per la sicurezza pubblica, giustificando l’intervento autonomo dello Stato a prescindere dalla volontà della persona offesa. La remissione di querela, pertanto, diventa un atto giuridicamente irrilevante per l’esito del procedimento penale.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la gravità di un reato ne determina il regime di procedibilità. Nel caso della minaccia grave, l’utilizzo di un’arma è un fattore discriminante che fa scattare la procedibilità d’ufficio, vanificando qualsiasi effetto di una eventuale remissione di querela. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche: chi subisce una minaccia aggravata deve essere consapevole che, una volta avviato il procedimento, questo seguirà il suo corso indipendentemente da un eventuale ripensamento o accordo con l’autore del reato. Per gli operatori del diritto, è un monito a valutare attentamente tutte le circostanze di un fatto prima di invocare l’estinzione del reato per remissione di querela.
È possibile ritirare una querela per minaccia grave?
No. Se la minaccia è ‘grave’, come nel caso in cui sia fatta con un’arma, il reato diventa procedibile d’ufficio. Di conseguenza, il ritiro della querela da parte della vittima non ha alcun effetto e il procedimento penale prosegue ugualmente.
Cosa rende una minaccia ‘grave’ ai sensi della legge?
Secondo l’ordinanza, una minaccia diventa grave e procedibile d’ufficio quando è commessa in uno dei modi previsti dall’art. 339 del codice penale. Nel caso specifico, l’uso di un’arma (un coltello a serramanico) ha qualificato la minaccia come grave.
Qual è la conseguenza di un ricorso giudicato ‘manifestamente infondato’?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8720 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8720 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CARIATI il 25/03/1993
avverso la sentenza del 17/05/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro che ha confermato la condanna dell’imputato per il delitto minaccia grave;
Considerato che il ricorso, con cui il ricorrente eccepisce la mancanza della condizion di procedibilità, per intervenuta rimessione di querela, è manifestamente infondato in qua prospetta enunciati ermeneutici in contrasto con il dato normativo.
L’art. 612 cod. pen. stabilisce che quando la minaccia è fatta in uno dei modi di cui all 339 cod. pen. – come accaduto nel caso di specie, in cui l’imputato si è avvalso dell’utilizz un coltello a serramanico – il reato è procedibile d’ufficio.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condan del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore del Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 gennaio 2025 Il Consigliere estensore COGNOME9> Il Presi ent