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Minaccia grave: la Cassazione e la procedibilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3115/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per minaccia grave con l’uso di un’arma. Il caso ha offerto alla Corte l’occasione per ribadire importanti principi sulla valutazione delle prove testimoniali, sull’utilizzabilità della testimonianza ‘de relato’ e sulla manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale riguardo la procedibilità d’ufficio per il reato di minaccia grave, anche alla luce della recente riforma Cartabia.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Minaccia Grave: la Cassazione conferma la Procedibilità d’Ufficio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3115/2024) ha affrontato diverse questioni cruciali in tema di minaccia grave, offrendo chiarimenti fondamentali sulla valutazione delle prove e, soprattutto, sulla scelta del legislatore di mantenere la procedibilità d’ufficio per questo reato. La decisione consolida principi importanti per la tutela della sicurezza e della tranquillità individuale di fronte ad atti intimidatori.

I Fatti alla Base della Sentenza

Il caso trae origine dalla condanna, confermata in appello, di un individuo per il reato di minaccia aggravata e porto abusivo di un’arma (nello specifico, un coltello). Durante un alterco, l’imputato aveva minacciato un’altra persona brandendo l’arma, un comportamento che integra la fattispecie di minaccia grave prevista dall’articolo 612 del codice penale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato un articolato ricorso alla Suprema Corte, basato su sette distinti motivi. Tra questi, spiccavano tre questioni principali:

1. Attendibilità delle testimonianze: La difesa contestava la valutazione dei giudici di merito, sostenendo la presenza di contraddizioni insanabili nelle dichiarazioni della persona offesa e degli altri testimoni.
2. Inutilizzabilità della prova ‘de relato’: Si lamentava che la condanna si fondasse, in parte, sulla testimonianza indiretta del figlio di un testimone, persona mai sentita direttamente in dibattimento.
3. Legittimità costituzionale: Il motivo più rilevante sollevava dubbi sulla costituzionalità della procedibilità d’ufficio per la minaccia grave. Secondo la difesa, dopo la Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), che ha esteso la procedibilità a querela a reati anche più gravi, mantenere quella d’ufficio per la minaccia sarebbe irragionevole e in contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

Altri motivi riguardavano la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il riconoscimento della recidiva e la mancata concessione delle attenuanti generiche.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure della difesa con argomentazioni chiare e puntuali.

Sulla Valutazione delle Prove

I giudici hanno stabilito che la motivazione della Corte d’Appello era logica e coerente. La condanna si basava sulle dichiarazioni convergenti della persona offesa e di un testimone oculare. Le piccole discrepanze sono state ritenute irrilevanti e giustificabili dalla concitazione del momento. Riguardo alla testimonianza de relato, la Corte ha applicato un principio consolidato: la testimonianza indiretta è pienamente utilizzabile se la parte interessata non richiede formalmente di ascoltare il testimone diretto, come previsto dall’art. 195 del codice di procedura penale. Nel caso di specie, la difesa non aveva mai avanzato tale richiesta.

Sulla Procedibilità d’Ufficio della Minaccia Grave

Questo è il punto centrale della sentenza. La Corte ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata. Ha ricordato che il legislatore gode di un’ampia discrezionalità nel decidere il regime di procedibilità dei reati, un potere sindacabile solo in caso di manifesta irragionevolezza.
Secondo la Suprema Corte, tale irragionevolezza non sussiste. La minaccia grave, specialmente se commessa con un’arma, genera un profondo turbamento psichico nella vittima e un allarme sociale che giustificano l’intervento dello Stato a prescindere dalla volontà della persona offesa. L’interesse pubblico alla repressione di tali condotte prevale, rendendo logica e coerente la scelta della procedibilità d’ufficio.

Sugli Altri Motivi

La Corte ha ritenuto inammissibili anche le altre doglianze. La richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto) è stata respinta valorizzando l’iniziativa aggressiva e l’uso del coltello. Il riconoscimento della recidiva è stato giustificato dal fatto che il reato era stato commesso durante un periodo di sottoposizione a una misura alternativa, indice di maggiore pericolosità. Infine, il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto adeguatamente motivato e rientrante nel potere discrezionale del giudice di merito.

Le Conclusioni

La sentenza n. 3115/2024 della Corte di Cassazione rafforza la tutela penale contro la minaccia grave, confermando che la scelta del legislatore di renderla perseguibile d’ufficio non è scalfita dalle recenti riforme. La decisione sottolinea come la gravità di un reato non vada misurata solo in termini di danno fisico, ma anche di impatto psicologico sulla vittima e di allarme per la collettività. Per i cittadini, ciò si traduce in una maggiore protezione, poiché l’azione penale per minacce serie non dipende dalla decisione, spesso difficile, della vittima di sporgere querela. Per i professionisti del diritto, la pronuncia ribadisce i confini dell’utilizzabilità della prova indiretta e i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione delle prove e sulla discrezionalità del giudice di merito.

La testimonianza ‘de relato’ (indiretta) è sempre utilizzabile in un processo?
No, non sempre. Secondo la sentenza, che applica l’art. 195 del codice di procedura penale, la dichiarazione di un testimone che riferisce fatti appresi da altri è utilizzabile a condizione che la difesa (o un’altra parte processuale) non chieda di sentire la fonte originale dell’informazione. Se tale richiesta non viene fatta, la testimonianza indiretta può essere valutata dal giudice.

Perché la minaccia grave è ancora procedibile d’ufficio nonostante la Riforma Cartabia abbia esteso la querela a reati più seri?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la scelta è pienamente legittima e non irragionevole. Il legislatore ha un’ampia discrezionalità in materia. La procedibilità d’ufficio per la minaccia grave si giustifica per il significativo turbamento psicologico che provoca nella vittima e per l’allarme sociale che ne deriva, specialmente quando è commessa con armi. L’interesse pubblico alla repressione di tali condotte prevale sulla volontà della singola persona offesa.

Cosa si intende per ‘minaccia grave’ secondo la giurisprudenza?
La sentenza ribadisce che con l’espressione ‘minaccia grave’ il legislatore ha voluto dare rilievo al turbamento psichico che l’atto intimidatorio può causare. La gravità viene valutata dal giudice considerando il contesto, le modalità della minaccia e la verosimiglianza del danno prospettato, come ad esempio la minaccia alla vita, anche se implicita, tramite l’uso di un’arma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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