Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34393 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34393 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/01/2025 del TRIBUNALE DI BARI dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza Tribunale di Bari che, in funzione di giudice di appello, ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale la ricorrente era stata ritenuta responsabile del delitto di minaccia;
Considerato che quanto al primo ed unico motivo dì rìcorso, con cui sì denunzia l’erronea interpretazione della legge penale in ordine alla ritenuta sussiste dell’elemento oggettivo del reato sotto il profilo della prospettazione del m ingiusto, trova applicazione la disciplina che, ai sensi della lett. e) dell’art. 606 e in particolare ai sensi del comma 2-bis dello stesso articolo e dell’art. 39-bis d Igs. n. 274/2000 (così come introdotti dal d. Igs. n. 11/2018, entrato in vigore marzo 2018), rende inammissibili tutte le censure avanzate dal ricorrente contro le sentenze di appello pronunziate per reati di competenza del Giudice di Pace qualora il ricorso per cassazione sia proposto per motivi diversi da quelli previsti dalle let b) e c) del citato art. 606 c.p.p., rimanendo dunque inibita la prospettazione di m vizi della motivazione (Sez. 5, n. 22854 del 29/04/2019, De Bilio, Rv. 275557). Pertanto, la parte del ricorso che censura deficit motivazionali non è consentit Quanto alla dedotta violazione di legge è altresì manifestamente infondata. La motivazione impugnata (cfr. pag. 3) risponde adeguatamente alla censura di
insussistenza del delitto di minaccia, rappresentando come la finalità della denunci alle forze dell’ordine in danno delle persone offese, prospettata dall’imputata, f diversa da quella tesa a ottenere la sola apertura di un procedimento penal prospettando invece il male ingiusto della chiusura dell’attività lavorativa e causare un infarto alla Colombo. E’ pacifico – e la decisione impugnata è in linea c tale orientamento – che, ai fini dell’integrazione del reato di minaccia, vertendos tema di delitto di pericolo, non sia necessario che il soggetto passivo si sia se effettivamente intimidito, come eccepisce il ricorso, essendo semplicemente sufficiente che la condotta posta in essere dall’agente sia potenzialmente idonea incidere sulla libertà morale del soggetto passivo, il che va valutato con criterio me ed in relazione alle concrete circostanze del fatto (Sez. 1, n. 44128 del 03/05/20 Nino, Rv. 268289 – 01 riteneva immune da censure la decisione del giudice di merito, che aveva affermato la responsabilità dell’imputato per avere ripetuto più vol all’indirizzo della persona offesa la frase: “ti taglio la t Sez. 5, n. 6756 del 11/10/2019, COGNOME, Rv. 278740 – 01, richiede che, rispett alla situazione contingente, la condotta posta in essere dall’agente sia potenzialme idonea ad incidere sulla libertà morale della vittima; nello stesso sen Sez. 2, n. 21684 del 12/02/2019, COGNOME, Rv. 275819 – 02). A tale principio s attiene la Corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado che affermava come le minacce formulate avessero la idoneità a far ritenere le persone offes esposte a una situazione di pericolo, di forte timore e turbamento psichico. Quanto all’irrilevanza del fine della minaccia – tesi sostenuta in ricorso – in vero la territoriale correttamente richiama Sez. 5, n. 4633 del 18/12/2003, dep. 06/02/2004, Puntorieri, Rv. 228064 – 01, per la quale ai fini della configurabilità del rea minaccia (art. 612 cod. pen.), si richiede la prospettazione di un male futuro ingiusto – la cui verificazione dipende dalla volontà dell’agente – che può deriv anche dall’esercizio di una facoltà legittima la quale, tuttavia, sia utilizzata per diversi da quelli per cui è tipicamente preordinata dalla legge; non è, peralt necessario che il bene tutelato dalla norma incriminatrice sia realmente leso, essend sufficiente che il male prospettato possa incutere timore nel soggetto passiv menomandone la sfera della libertà morale. In sostanza anche la denuncia – facoltà legittima in sé – se esorbita dalla propria finalità ma è intesa come strume minatorio funzionale a colpire beni quale l’incolumità fisica (infarto) o l’att lavorativa (chiusura del CAF) assume valenza minatoria. D’altro canto, in tema di oltraggio a magistrato in udienza, integra l’aggravante della minaccia prospettazione di una denuncia diretta a fare desistere il magistrato da comportamento ritenuto illegittimo, laddove non sia correlata in modo plausibile al diritto preteso (Sez. 6, n. 24774 del 06/06/2022, Calafiore, Rv. 283607 – 02, ne caso in cui, allo scopo di intimidire il pubblico ministero, così da farlo desister Corte di Cassazione – copia non ufficiale
coltivare un’ipotesi di accusa ritenuta infondata, il difensore dell’indagato a prospettato di esercitare un’azione risarcitoria civile ovvero di formalizzare segnalazione finalizzata ad attivare l’azione disciplinare a suo carico). Anche Sez. n. 57231 del 09/11/2017, COGNOME, Rv. 271672 – 01, ha osservato come in tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni – fattispecie richiamata in ricorso prospettazione di una denuncia penale diretta a far desistere taluno da u comportamento illegittimo o ad indurlo ad una prestazione dovuta non costituisce male ingiusto solo se correlata in modo non implausíbile con il diritto preteso applicazione di tale principio, la Corte ha escluso la configurabilità del reato riferimento alla condotta dell’imputato, persona invalida, che, al fine di otte l’erogazione delle provvidenze pubbliche di cui aveva già goduto in passato, aveva minacciato il sindaco di denuncia per assenteismo ed abuso di ufficio). Nel caso i esame ciò che la sentenza di appello evidenzia è proprio l’assenza di correlazione f l’esercizio della facoltà legittima e le finalità esorbitante che l’agente pros costituente male ingiusto. Il motivo è, pertanto, manifestamente infondato;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, co condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Considerato che le parti civili hanno concluso, per altro tardivamente, chiedendo rigettarsi o dichiararsi inammissibile il ricorso ma, in applicazione di tale condi principio di diritto, costantemente enunciato in riferimento a tutte le forme di giudi camerale non partecipato, la liquidazione delle spese processali riferibili alla fas legittimità in favore della parte civile non è dovuta, perché essa non ha fornito al contributo, essendosi limitata a richiedere la dichiarazione d’inammissibilità ricorso, od il suo rigetto, con vittoria di spese, senza contrastare specificame motivi di impugnazione proposti (Sez. U, n. 877 ud. 14/07/2022, dep. 12/01/2023, COGNOME, par. 20.3; Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960-03; Sez. 5 n. 34816 del 15/06/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 17544 del 30/03/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 26484 del 09/03/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 34847 del 25/02/2021, COGNOME, non mass.);
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla sulle spese di parte civile.
Così deciso il 10 settembre 2025.