Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1324 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1324 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2024
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 2150/2024
NOME COGNOME
UP Ð 28/11/2024
NOME COGNOME
R.G.N. 32189/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Scandriglia il 4 febbraio 1957;
avverso la sentenza del 17 aprile 2024 della Corte dÕappello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito lÕavv. NOME COGNOME nellÕinteresse del ricorrente, che ha insistito per lÕaccoglimento del ricorso.
Oggetto dellÕimpugnazione è la sentenza con la quale la Corte dÕappello di Roma, confermando la condanna pronunciata in primo grado, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di atti persecutori commessi ai danni di Doci Ardjan.
Il ricorso, proposto nellÕinteresse dellÕimputato, si compone di quattro motivi dÕimpugnazione.
2.1. Il primo deduce la radicale assenza di motivazione in ordine al profilo della contestata procedibilitˆ del reato (alla luce della sopravvenuta remissione di querela); unÕomissione idonea, secondo la difesa, a determinare la nullitˆ della sentenza.
2.2. Il secondo e il terzo deducono, sempre con riferimento al profilo della procedibilitˆ, da un canto, lÕimpossibilitˆ di ritenere legittimamente contestata, in fatto, la fattispecie di cui al secondo comma dellÕart. 612 cod. pen. (condizione necessaria, ai sensi del quarto comma dellÕart. 612, per la procedibilitˆ dÕufficio); dallÕaltro, comunque, lÕinsussistenza dei presupposti per ritenere le condotte minacciose (poste in essere quali modalitˆ esecutive degli atti persecutori) sussumibili anche allÕinterno della fattispecie di cui al secondo comma dellÕart. 612, atteso che lÕarma è stata usato solo quale strumento di danneggiamento di cose, giammai nei confronti delle persone.
2.3. Il quarto, in ultimo, attiene al trattamento sanzionatorio e, in particolare al giudizio di bilanciamento delle circostanze, invocato dalla difesa in termini di prevalenza alla luce dellÕintegrale soddisfazione delle pretese risarcitorie vantate dalle persone offese.
Il primo motivo è, cos’ come formulato, indeducibile, in quanto allega, a sostegno dellÕinvocata nullitˆ della sentenza impugnata, una circostanza irrilevante: lÕomessa motivazione in ordine al profilo della ritenuta procedibilitˆ dÕufficio. Circostanza irrilevante in quanto, qualora sia sottoposta al vaglio del giudice di legittimitˆ la correttezza di una decisione in rito, la Corte è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento offerto per giustificarla e persino nel caso in cui la motivazione sia del tutto assente ( , Sez. 1, n. 22337 del 23/03/2021, COGNOME Giovanni, Rv. 281391).
2. Il secondo e il terzo motivo, invece, sono infondati.
Per come si è detto, il ricorrente deduce: a) lÕimpossibilitˆ di ritenere legittimamente contestata in fatto la fattispecie di cui al secondo comma dellÕart. 612 cod. pen.; b) lÕinsussistenza, comunque, dei relativi presupposti applicativi.
2.1. Ebbene, la prima questione è eccentrica, in quanto nella descrizione del fatto, viene esplicitamente indicato lÕuso delle armi. Per cui la questione in ordine alla necessitˆ che la gravitˆ delle minacce sia oggetto, nell’imputazione, di
specifica contestazione (Sez. 5, n. 3034 del 17/12/2020, Rv. 280258; Sez. 5, n. 9403 del 24/01/2022, B., Rv. 282983) o in ordine al rinvio contenuto nella descrizione della fattispecie normativa (alle ipotesi in cui la minaccia sia stata perpetrata nei solo modi di cui all’art. 339 cod. pen. o a tutte le ipotesi di minaccia grave art. 612, comma 2, cod. pen.) perde ogni rilevanza.
2.2. Quanto al secondo profilo, le minacce poste in essere dall’imputato nei confronti della persona offesa, oltre ad essere state reiterate e gravi, risultano essere state effettuate, come si ricava dallÕesplicita precisazione contenuta nella sentenza impugnata, anche con armi e, in particolare, attraverso lÕuso di un coltello o di una falce, dato fattuale specificamente contestato ed ampiamente documentato dai filmati visionati dalla polizia giudiziaria.
In questo contesto, la circostanza per cui le armi (il coltello e la falce) siano state (direttamente) rivolte contro il patrimonio della persona offesa e non (direttamente) nei confronti della sua persona non esclude la configurabilitˆ dellÕaggravante, in ragione della direzionalitˆ ÒmediataÓ della condotta posta in essere; una condotta in cui il danneggiamento di un bene rappresenta in sŽ (allÕinterno del complessivo contesto delle plurime condotte moleste e minacciose) un comportamento intimidatorio contenente, proprio perchŽ realizzato con armi, la prospettazione implicita di una maggiore potenzialitˆ lesiva.
3. Indeducibile, infine, il quarto motivo.
Deve premettersi che la graduazione della pena presuppone un apprezzamento in fatto e un conseguente esercizio di discrezionalitˆ ed è, quindi, riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimitˆ, ove non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142).
L’obbligo di motivazione deve ritenersi adempiuto allorchŽ il giudice di merito abbia indicato, nel corpo della sentenza, gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Rv. 211582; Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013, dep. 2014, Rv. 258410) ed è tanto meno stringente quanto più la determinazione è prossima al minimo edittale, rimanendo, in ultimo, sufficiente il semplice richiamo al criterio di adeguatezza, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 28852 del 08/052013, Rv. 256464).
Tanto vale anche con riferimento al giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti, esercizio di un potere valutativo riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimitˆ, ove congruamente motivato alla stregua anche
solo di alcuni dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen. (come in concreto avvenuto, alla luce dello specifico riferimento ai profili di danno psicologico arrecato alla persona offesa), senza che occorra un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838).
In questo contesto, invocare una diversa e più rilevante valutazione dellÕintegrale soddisfazione delle pretese risarcitorie vantate dalle persone offese rappresenta unÕinammissibile richiesta di rivalutare il merito del sindacato esercitato dal giudice; attivitˆ che, comÕè noto, è preclusa a questa Corte, chiamata non giˆ a condividere la giustificazione offerta allÕipotizzata ricostruzione dei fatti, ma alla sola verifica di logicitˆ e coerenza delle argomentazioni offerte (cfr., , Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215745).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cos’ deciso il 28 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME