LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Minaccia con arma giocattolo: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per minaccia aggravata. La Corte ha stabilito che la minaccia con arma giocattolo, se il tappo rosso non è visibile, costituisce un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio, anche se la minaccia viene comunicata tramite una terza persona. Ciò che conta è l’apparenza dell’arma e la sua capacità di intimidire.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Minaccia con arma giocattolo: quando è reato grave e non serve la querela

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di minaccia con arma giocattolo, chiarendo due aspetti fondamentali: la validità della minaccia anche se comunicata tramite un intermediario e la sua procedibilità d’ufficio quando l’arma, pur essendo finta, appare vera. Questa decisione sottolinea come, ai fini legali, l’apparenza e l’effetto intimidatorio prevalgano sulla natura reale dell’oggetto utilizzato.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un uomo condannato in primo e secondo grado per il reato di minaccia aggravata (art. 612, comma 2, c.p.). La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza iniziale, sostituendo la pena detentiva con una pecuniaria di 15.000,00 Euro.
L’imputato ha basato il suo ricorso in Cassazione su due motivi principali:

1. La minaccia non era diretta: Sosteneva che la minaccia, pur essendo stata proferita, era stata rivolta a una persona diversa dal destinatario finale, che avrebbe dovuto semplicemente riferirla. Secondo la difesa, questo interrompeva l’effetto intimidatorio diretto.
2. Mancanza della querela: La difesa eccepiva il difetto di querela, ritenendola necessaria per procedere penalmente per il reato di minaccia.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati. Di conseguenza, ha confermato la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, fornendo chiarimenti importanti sulla configurazione del reato di minaccia aggravata.

La minaccia indiretta è pienamente efficace

Sul primo punto, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: non è necessario che le espressioni intimidatorie siano pronunciate direttamente in presenza della vittima. Il reato si configura anche quando la persona offesa ne viene a conoscenza tramite altri (il cosiddetto nuncius o messaggero), a patto che dal contesto emerga la chiara volontà dell’agente di produrre un effetto intimidatorio. Nel caso specifico, l’imputato, minacciando con un’arma giocattolo priva di tappo rosso, aveva gravemente intimorito sia l’intermediario sia il destinatario finale.

La minaccia con arma giocattolo e la procedibilità d’ufficio

Il secondo motivo di ricorso è stato respinto con ancora più fermezza. La Corte ha spiegato che il reato di minaccia grave, come previsto dall’art. 612, comma 2, c.p., che rinvia all’art. 339 c.p., è procedibile d’ufficio. Ciò significa che non è necessaria la querela della persona offesa per avviare l’azione penale.

L’aggravante scatta quando la minaccia è commessa con l’uso di un’arma. La Corte ha precisato che un’arma giocattolo, se privata del tappo rosso o se il tappo viene occultato (anche solo temporaneamente), rientra a pieno titolo in questa categoria. Ciò che conta non è la reale capacità offensiva dell’oggetto, ma la sua apparenza estrinseca e la conseguente capacità di intimidire la vittima. Se l’arma giocattolo appare come un’arma vera, l’aggravante sussiste. È la visibilità del tappo rosso, e non la sua mera esistenza, a escludere l’aggravante.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due lezioni pratiche di grande rilevanza:

1. La forma della minaccia è irrilevante: Minacciare qualcuno tramite un amico, un parente o un messaggero non attenua la gravità del reato. Se l’intento intimidatorio è chiaro, il reato sussiste in pieno.
2. Un’arma finta può avere conseguenze reali: L’uso di una minaccia con arma giocattolo senza tappo rosso visibile trasforma il reato da procedibile a querela a procedibile d’ufficio. La legge punisce l’effetto psicologico sulla vittima, che percepisce un pericolo reale. Pertanto, chi utilizza un’arma finta in modo da farla sembrare vera commette un reato grave, perseguibile dalle autorità senza bisogno di una denuncia formale da parte della vittima.

Una minaccia è valida anche se non è rivolta direttamente alla vittima?
Sì. Secondo la Corte, non è necessario che le espressioni intimidatorie siano pronunciate in presenza della vittima. Il reato si configura anche se la vittima ne viene a conoscenza tramite una terza persona (intermediario o ‘nuncius’), purché sia chiara l’intenzione dell’agente di produrre un effetto intimidatorio.

Quando una minaccia con arma giocattolo è considerata aggravata?
Una minaccia è aggravata quando viene compiuta con un’arma giocattolo il cui tappo rosso non è visibile, perché occultato o rimosso. In questi casi, ciò che rileva è l’apparenza estrinseca dell’arma, ovvero la sua capacità di sembrare vera e di incutere timore, a prescindere dalla sua reale inoffensività.

Per il reato di minaccia aggravata con arma giocattolo è necessaria la querela della persona offesa?
No. La minaccia grave commessa con l’uso di un’arma (anche giocattolo, se appare vera) è un reato procedibile d’ufficio. Questo significa che le autorità possono perseguire il colpevole autonomamente, senza che sia necessaria una formale querela da parte della vittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati