Minaccia Aggravata: La Cassazione Conferma la Condanna e Dichiara il Ricorso Inammissibile
Il reato di minaccia aggravata rappresenta una seria violazione della libertà morale di una persona e la legge prevede pene severe, specialmente quando la minaccia è portata con l’uso di armi. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un caso di questo tipo, stabilendo principi chiari sull’ammissibilità dei ricorsi presentati contro le sentenze di condanna. La decisione sottolinea l’impossibilità di utilizzare il giudizio di legittimità per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti già compiuto dai giudici di merito.
I Fatti di Causa
La vicenda giudiziaria ha origine da un episodio in cui un individuo rivolgeva frasi minacciose all’indirizzo del barista di un locale pubblico. La situazione assumeva contorni più gravi poiché, nel proferire le minacce, l’imputato brandiva anche un’arma da taglio. A seguito di ciò, l’uomo veniva condannato sia in primo grado dal Tribunale di Lecco che in secondo grado dalla Corte d’Appello di Milano per il delitto di minaccia aggravata. Ritenendo ingiusta la condanna, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge riguardo alla sussistenza stessa del reato contestato.
La Decisione della Corte sulla Minaccia Aggravata
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si concentra sulla correttezza formale e sostanziale del ricorso stesso. Secondo i giudici supremi, il motivo presentato dal ricorrente era manifestamente infondato e, soprattutto, mirava a una rivalutazione dei fatti, un’operazione preclusa in sede di legittimità. La Corte ha quindi confermato la condanna e ha aggiunto l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su alcuni punti cardine del diritto processuale penale. In primo luogo, ha evidenziato come la sentenza della Corte d’Appello fosse caratterizzata da una “motivazione immune da vizi logici”. I giudici di secondo grado avevano spiegato in modo chiaro e coerente le ragioni per cui ritenevano provata la colpevolezza dell’imputato, inclusa la circostanza aggravante dell’uso dell’arma.
In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato “versato in fatto”. Questo significa che l’imputato non contestava un errore nell’applicazione della legge (l’unico ambito di competenza della Cassazione), ma tentava di ottenere una nuova valutazione delle prove e della dinamica dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. La Corte Suprema non è un “terzo grado” di giudizio dove si può riesaminare l’intera vicenda, ma un giudice della legittimità, che verifica solo la corretta applicazione delle norme giuridiche.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un pretesto per ridiscutere i fatti accertati nelle sedi di merito, a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia palesemente illogica, contraddittoria o inesistente. Nel caso di specie, la prova della minaccia aggravata era stata solidamente argomentata dalla Corte d’Appello. Di conseguenza, il tentativo di contestare la sussistenza del reato è stato respinto come inammissibile, con le conseguenti sanzioni economiche a carico del ricorrente. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di fondare i ricorsi su vizi di legittimità concreti e non su generiche contestazioni fattuali.
Quando un ricorso in Cassazione per minaccia aggravata può essere dichiarato inammissibile?
Quando è manifestamente infondato, cioè privo di basi legali evidenti, e quando cerca di far riesaminare i fatti del caso (come l’effettivo uso di un’arma) invece di contestare errori di diritto, specialmente se la sentenza impugnata ha una motivazione logica e coerente.
Cosa ha reso la minaccia “aggravata” in questo caso specifico?
La minaccia è stata considerata aggravata perché l’imputato, oltre a pronunciare frasi minacciose, ha brandito un’arma da taglio all’indirizzo della vittima. L’uso di un’arma è una delle circostanze che, secondo la legge, aumenta la gravità del reato.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Oltre alla conferma della decisione impugnata, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della cassa delle ammende, come sanzione per aver inutilmente impegnato la giustizia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10036 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10036 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
-Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 20 settembre 2023 che ha confermato la pronunzia di condanna del Tribunale di Lecco per il delitto di minaccia aggravata di cui all’ art. 612 in relazione all’art.339 cod. pen.
-Ritenuto che il primo e unico motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta violazione di legge quanto alla sussistenza del reato di minaccia è manifestamente infondato, oltre che versato in fatto, atteso che la sentenza impugnata, con motivazione immune da vizi logici, argomenta la sussistenza del reato peraltro aggravato (pag. 3: l’imputato brandiva anche un’arma da taglio nell’utilizzare frasi minacciose all’indirizzo del barista);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 7 febbraio 2024
Il Presidente