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Minaccia aggravata: quando è procedibile d’ufficio

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di minaccia aggravata. La Corte ha ribadito che, quando la minaccia è aggravata dall’uso di un’arma, il reato è procedibile d’ufficio e non necessita di querela. Inoltre, ha sottolineato l’impossibilità di proporre una ricostruzione alternativa dei fatti in sede di legittimità.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Minaccia Aggravata: la Cassazione conferma la Procedibilità d’Ufficio

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di minaccia aggravata, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del ricorso in sede di legittimità e sulla procedibilità del reato. La decisione sottolinea due principi fondamentali: l’impossibilità di rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti davanti alla Suprema Corte e la natura della procedibilità quando la minaccia è commessa con l’uso di un’arma.

I Fatti di Causa

Un individuo, già condannato in primo grado e in appello per il delitto di minaccia, ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sua responsabilità penale. Il ricorso si fondava essenzialmente su due motivi principali, con i quali si contestava sia la valutazione delle prove testimoniali sia un presunto errore di diritto relativo alla procedibilità dell’azione penale.

I Motivi del Ricorso

L’imputato ha contestato la sentenza d’appello lamentando:
1. Insufficienza e contraddittorietà della motivazione: Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero errato nel ritenere attendibile la testimonianza della persona offesa. Si sosteneva che l’interesse economico della vittima, costituitasi parte civile per ottenere un risarcimento, minasse la sua credibilità.
2. Inosservanza della legge sulla procedibilità: Il secondo motivo di ricorso censurava la sentenza per non aver rilevato la mancanza della condizione di procedibilità. La difesa argomentava che il reato di minaccia richiedesse la querela della persona offesa, che in questo caso sarebbe mancata.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi con argomentazioni nette e precise.

Sulla pretesa inattendibilità della testimonianza

In merito al primo motivo, la Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Non è consentito alla Cassazione sovrapporre la propria valutazione dei fatti a quella compiuta dai giudici dei gradi precedenti. Il ricorrente, nel criticare l’attendibilità della vittima, stava di fatto proponendo una ricostruzione alternativa e non consentita dei fatti. I giudici di merito, secondo la Corte, avevano già esaminato la questione e fornito una motivazione logica e giuridicamente corretta per giustificare il loro convincimento, rendendo la doglianza inammissibile.

Sulla procedibilità della minaccia aggravata

Il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha chiarito che il reato contestato era quello di minaccia aggravata dall’uso dell’arma, ai sensi dell’articolo 612, terzo comma, del codice penale. Questa specifica circostanza aggravante rende il reato procedibile d’ufficio. Di conseguenza, non era necessaria alcuna querela da parte della persona offesa per avviare e proseguire l’azione penale. La premessa da cui partiva il ricorrente, ovvero che si trattasse di una minaccia semplice (procedibile a querela), si basava ancora una volta su una ricostruzione dei fatti diversa da quella accertata in sede di merito e, pertanto, non poteva essere accolta.

Conclusioni

La decisione della Cassazione si pone in linea con l’orientamento giurisprudenziale dominante. Essa riafferma due capisaldi del nostro sistema processuale: i confini invalicabili del giudizio di legittimità, che non può trasformarsi in un nuovo esame dei fatti, e la corretta interpretazione delle norme sulla procedibilità dei reati. Per il reato di minaccia aggravata dall’uso di armi, la legge prevede la procedibilità d’ufficio per la maggiore gravità della condotta e il conseguente allarme sociale. L’ordinanza, dichiarando inammissibile il ricorso e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, conferma la validità delle decisioni dei giudici di merito e chiude definitivamente la vicenda processuale.

Quando il reato di minaccia è procedibile d’ufficio?
Secondo la pronuncia, il reato di minaccia è procedibile d’ufficio quando è aggravato, in particolare, come nel caso di specie, dall’uso di un’arma, secondo quanto stabilito dall’art. 612, comma terzo, del codice penale.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti accertata in appello davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti del processo. Il suo ruolo è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, senza sovrapporre una propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito.

L’interesse economico della parte civile rende automaticamente inattendibile la sua testimonianza?
No. L’ordinanza chiarisce che l’interesse economico legato alla costituzione di parte civile non è di per sé sufficiente a rendere inattendibili le dichiarazioni della persona offesa, soprattutto quando il giudice di merito ha esplicitato in modo logico e coerente le ragioni per cui le ha ritenute credibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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