Minaccia Aggravata: Quando Non Serve la Querela per la Procedibilità?
Nel sistema penale italiano, la distinzione tra reati procedibili a querela di parte e quelli procedibili d’ufficio è fondamentale. Mentre per i primi è necessaria la volontà della vittima per avviare l’azione penale, per i secondi lo Stato interviene autonomamente data la loro particolare gravità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un caso di minaccia aggravata, chiarendo in quali circostanze questo reato rientri nella seconda categoria, diventando procedibile d’ufficio.
Il Contesto del Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo, inflitta dalla Corte d’Appello, per il reato di minaccia in concorso con altri soggetti. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per cassazione basandosi su un unico motivo: la presunta mancanza di una condizione di procedibilità, ovvero la querela da parte della persona offesa. Secondo la tesi difensiva, in assenza di querela, l’azione penale non avrebbe potuto essere iniziata, rendendo nulla la condanna.
La Minaccia Aggravata e la Procedibilità d’Ufficio
Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione delle circostanze aggravanti del reato di minaccia. L’articolo 612 del Codice Penale punisce chiunque minacci un ingiusto danno a un altro. La procedibilità è, di regola, a querela della persona offesa. Tuttavia, il quadro cambia radicalmente in presenza di specifiche aggravanti.
Nel caso di specie, il fatto era stato commesso da più persone riunite. Questa circostanza fa scattare l’applicazione dell’aggravante prevista dall’articolo 339, comma 1, del Codice Penale. A sua volta, l’articolo 612 del Codice di Procedura Penale stabilisce che, quando ricorrono tali aggravanti, il delitto di minaccia diventa procedibile d’ufficio. Di conseguenza, la querela della vittima non è più un requisito necessario per l’esercizio dell’azione penale.
La Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, esaminando il ricorso, lo ha ritenuto ‘generico e manifestamente infondato’. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse già correttamente evidenziato la sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite. Questa circostanza, come detto, rende la minaccia aggravata procedibile d’ufficio, vanificando la doglianza dell’imputato. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile. Tale decisione ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di 3.000,00 Euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte Suprema si fonda su un’applicazione chiara e lineare della legge. Il motivo di ricorso è stato qualificato come ‘manifestamente infondato’ perché ignorava un punto centrale già chiarito nel giudizio di merito: la qualificazione del reato come minaccia aggravata ai sensi del combinato disposto degli artt. 612, comma 2, e 339, comma 1, c.p. La presenza di più persone riunite al momento del fatto non è un dettaglio trascurabile, ma l’elemento che trasforma la natura procedurale del reato, autorizzando lo Stato a perseguirlo indipendentemente dalla volontà della vittima. La Cassazione ha quindi ribadito che il ricorso non presentava argomenti validi per mettere in discussione la corretta applicazione delle norme procedurali e sostanziali effettuata dai giudici di secondo grado.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante promemoria sulle conseguenze delle circostanze aggravanti nel diritto penale. Sottolinea come la modalità di commissione di un reato possa alterarne non solo la gravità e la pena, ma anche le regole procedurali che ne governano la persecuzione. Per la vittima di una minaccia, sapere che l’azione penale può procedere d’ufficio se il fatto è commesso da un gruppo di persone rappresenta una maggiore tutela. Per gli operatori del diritto, questa decisione riafferma un principio consolidato: l’analisi delle aggravanti è un passaggio cruciale per determinare la corretta procedura da seguire.
Quando il reato di minaccia è procedibile d’ufficio?
Secondo quanto stabilito nell’ordinanza, il reato di minaccia diventa procedibile d’ufficio quando è aggravato da specifiche circostanze, come l’essere stato commesso da più persone riunite, in applicazione del combinato disposto degli articoli 612, comma 2, e 339, comma 1, del codice penale.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, ossia la mancanza della querela, è stato ritenuto ‘generico e manifestamente infondato’. La Corte territoriale aveva già spiegato che la presenza dell’aggravante delle più persone riunite rendeva il reato procedibile d’ufficio, eliminando la necessità della querela.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del suo ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8809 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8809 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 08/11/1978
avverso la sentenza del 17/06/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Torino, ha parzialmente riformato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di NOME per il delitto di cui agli artt. 110 e 612, comma 2, cod. pen. (capo b), riducendo e rideterminando la pena inflittagli (fatto commesso in Castagnito 1’11 luglio 2018);
– che l’atto di impugnativa consta di un solo motivo;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il proposto motivo, che eccepisce la mancanza di condizione di procedibilità del reato contestato, è generico e manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale spiegato come il delitto di minaccia fosse aggravato ai sensi del combinato disposto degli artt. 612, comma 2, e 339, comma 1, cod. pen., per essere stato il fatto commesso da più persone riunite, tanto comportandone la procedibilità d’ufficio ex art. 612, comma 3, cod. proc. pen. (vedasi pag. 5 della sentenza impugnata);
– rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
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