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Minaccia aggravata procedibilità: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per minaccia aggravata a causa di una modifica legislativa sulla procedibilità. La Corte ha stabilito che la minaccia, sebbene aggravata dall’uso di un fucile ad aria compressa, non è perseguibile d’ufficio ma richiede una querela di parte. Poiché la querela non è stata presentata nei termini previsti dalla nuova legge, la condanna per tale reato è stata annullata, con conseguente riduzione della pena complessiva per l’imputato.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Minaccia aggravata procedibilità: la Cassazione e l’uso di armi non proprie

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità: la minaccia aggravata procedibilità a seguito della Riforma Cartabia. Il caso riguardava una condanna per minaccia commessa puntando un fucile ad aria compressa. La Corte ha chiarito che, anche in presenza di un’arma, se questa non è classificabile come “arma propria”, il reato è procedibile solo a querela di parte. Vediamo i dettagli.

I Fatti di Causa

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per una serie di reati, tra cui resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e minaccia aggravata. Quest’ultima accusa derivava dall’aver puntato un “fucile ad aria compressa, del tutto somigliante ad un’arma da sparo autentica” contro un’altra persona. Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sollevando tre motivi, ma il più importante riguardava proprio il cambio di regime di procedibilità per il reato di minaccia.

In particolare, la difesa sosteneva che, per effetto delle riforme legislative (in primis la Riforma Cartabia), il reato di minaccia aggravata contestato fosse diventato procedibile a querela. Poiché la persona offesa non aveva mai sporto querela entro i termini di legge, l’azione penale non avrebbe potuto proseguire.

L’Analisi della Corte e la minaccia aggravata procedibilità

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso su questo specifico punto, annullando la sentenza limitatamente al reato di minaccia. Il fulcro del ragionamento giuridico risiede nell’interpretazione dell’aggravante dell’uso di armi, prevista dall’art. 339 del Codice Penale e richiamata dall’art. 612 c.p. per la minaccia.

La normativa prevede la procedibilità d’ufficio quando la minaccia è grave o ricorrono circostanze aggravanti specifiche. La questione era stabilire se l’uso di un fucile ad aria compressa rientrasse in queste aggravanti, rendendo il reato perseguibile anche senza la querela della vittima.

La distinzione tra Arma Propria e Arma Impropria

Il Collegio ha sottolineato che la nozione di “arma” ai fini dell’aggravante deve essere interpretata in senso restrittivo. Un’arma (da guerra, comune da sparo, bianca) è tale indipendentemente dal contesto in cui si trova. Un fucile ad aria compressa, invece, non rientra nel novero delle “armi proprie”. Sebbene possa essere utilizzato per minacciare, non perde la sua caratteristica di strumento non nato per l’offesa alla persona. Di conseguenza, il suo impiego non integra l’aggravante specifica che fa scattare la procedibilità d’ufficio.

le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sull’evoluzione normativa. Il D.Lgs. n. 36 del 2018 aveva già reso procedibile a querela il reato di minaccia ex art. 612, secondo comma, c.p., a meno che non fosse commesso con le modalità indicate dall’art. 339 c.p. Successivamente, la Riforma Cartabia (D.Lgs. n. 150 del 2022) ha introdotto la procedibilità d’ufficio solo per ipotesi di minaccia di particolare gravità o quando ricorrono aggravanti a effetto speciale, ma ha lasciato invariata la situazione per i casi come quello in esame.

La Corte ha stabilito che, non essendo il fucile ad aria compressa un’arma propria, il fatto, commesso nel 2016, era divenuto procedibile a querela a partire dal 24 aprile 2018. Poiché la querela non è mai stata presentata, è venuta meno una condizione fondamentale per la prosecuzione dell’azione penale. Per questo motivo, la sentenza è stata annullata senza rinvio per il capo d’imputazione relativo alla minaccia.

le conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, riafferma un’interpretazione restrittiva del concetto di “arma propria” ai fini dell’applicazione delle aggravanti. In secondo luogo, chiarisce l’impatto della Riforma Cartabia sulla minaccia aggravata procedibilità, confermando che l’uso di oggetti che non sono armi proprie, come un fucile ad aria compressa o un’arma giocattolo, non è sufficiente a rendere il reato perseguibile d’ufficio. La conseguenza diretta per l’imputato è stata l’annullamento parziale della condanna e una rideterminazione della pena complessiva, ridotta a sette mesi e venti giorni di reclusione per i restanti reati.

Dopo la Riforma Cartabia, la minaccia fatta con un fucile ad aria compressa è sempre perseguibile d’ufficio?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che un fucile ad aria compressa non è un'”arma propria”. Pertanto, la minaccia commessa con tale strumento non rientra nell’aggravante che rende il reato perseguibile d’ufficio e, a seguito della riforma, richiede la querela della persona offesa.

Cosa succede se un reato diventa procedibile a querela mentre il processo è in corso e la vittima non presenta la querela?
Se la legge cambia e un reato diventa procedibile a querela, e la persona offesa non presenta la querela entro i termini stabiliti dalla legge, l’azione penale non può proseguire. La sentenza ha stabilito che, in assenza della querela, il giudice deve annullare la condanna per quel reato specifico.

Qual è la differenza tra “arma propria” e un fucile ad aria compressa secondo la sentenza?
La sentenza distingue tra “arma propria” (da guerra, comune da sparo, bianca propria), che è creata con lo scopo di offendere la persona, e strumenti come un fucile ad aria compressa, che non rientrano in tale categoria. Questa distinzione è cruciale per determinare se si applicano specifiche aggravanti e, di conseguenza, il regime di procedibilità del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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