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Minaccia aggravata: la remissione di querela è inefficace

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di proscioglimento per il reato di minaccia aggravata. Un individuo aveva minacciato un’altra persona brandendo un ammortizzatore in acciaio. Il tribunale di primo grado aveva erroneamente dichiarato l’estinzione del reato per remissione di querela. La Cassazione ha chiarito che l’uso di un’arma impropria, come l’ammortizzatore, configura una minaccia aggravata, reato procedibile d’ufficio per il quale la querela della vittima è irrilevante.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Minaccia Aggravata con Arma Impropria: Irrilevante la Remissione di Querela

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 15895/2025, offre un importante chiarimento sulla disciplina della minaccia aggravata, specificando quando questo reato diventi procedibile d’ufficio. Il caso analizzato riguarda una minaccia perpetrata con un oggetto non convenzionale, un ammortizzatore d’auto, e la successiva, ma inefficace, remissione di querela da parte della vittima. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: l’uso di qualsiasi strumento atto a offendere trasforma la minaccia in un reato più grave, per il quale lo Stato procede autonomamente.

I Fatti del Caso: una Lite e un Ammortizzatore

La vicenda trae origine da un alterco durante il quale un uomo ha minacciato un’altra persona brandendo un ammortizzatore in acciaio e tentando di colpirla. In seguito a questo episodio, la vittima ha sporto querela. Successivamente, però, le parti si sono riappacificate e la persona offesa ha deciso di ritirare la querela precedentemente presentata.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso del Pubblico Ministero

Il Tribunale di primo grado, prendendo atto della remissione di querela, ha emesso una sentenza di non doversi procedere, dichiarando l’estinzione del reato. Il giudice ha ritenuto che il perdono della vittima fosse sufficiente a chiudere il procedimento penale.

Tuttavia, il Pubblico Ministero ha impugnato questa decisione direttamente in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse commesso un errore di diritto. Secondo l’accusa, il fatto contestato non era una minaccia semplice, bensì una minaccia aggravata ai sensi dell’art. 612, secondo comma, del codice penale, proprio perché commessa con un’arma, sebbene impropria. Questa aggravante, secondo il PM, rende il reato procedibile d’ufficio, rendendo di fatto irrilevante la volontà della vittima di ritirare la querela.

La Procedibilità d’Ufficio nella Minaccia Aggravata

Il cuore della questione giuridica risiede nella distinzione tra reati procedibili a querela di parte e reati procedibili d’ufficio. I primi richiedono un’esplicita richiesta di punizione da parte della vittima. I secondi, considerati più gravi per l’allarme sociale che generano, vengono perseguiti dallo Stato a prescindere dalla volontà della persona offesa. Il reato di minaccia è, di base, procedibile a querela, ma diventa procedibile d’ufficio se ricorrono determinate aggravanti, tra cui, appunto, l’uso di armi.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso del Pubblico Ministero. I giudici supremi hanno chiarito che il concetto di ‘arma’ ai fini dell’aggravante non si limita alle armi da sparo o da taglio (le cosiddette armi proprie), ma include qualsiasi ‘strumento atto ad offendere’, ovvero le armi improprie. Un pesante ammortizzatore in acciaio, brandito con l’intento di colpire una persona, rientra senza dubbio in questa categoria.

Di conseguenza, il reato contestato doveva essere qualificato fin dall’inizio come minaccia aggravata. Tale qualificazione comporta la procedibilità d’ufficio del reato. Pertanto, il Tribunale ha errato nel dichiarare l’estinzione del procedimento basandosi sulla remissione della querela, poiché quest’ultima non aveva alcun effetto giuridico sulla possibilità di proseguire l’azione penale. La sentenza è stata quindi annullata con rinvio al Tribunale per un nuovo giudizio.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale: la gravità di un’azione criminale non dipende solo dall’intenzione, ma anche dagli strumenti utilizzati. L’uso di un qualsiasi oggetto che possa essere impiegato per ferire o intimidire in modo significativo trasforma una minaccia in un fatto di rilievo pubblico. Per i cittadini, la lezione è chiara: la giustizia penale non si ferma con una stretta di mano quando sono in gioco condotte che mettono a serio rischio l’incolumità delle persone. Per gli operatori del diritto, è un monito a qualificare correttamente i fatti fin dall’inizio, riconoscendo le aggravanti che modificano il regime di procedibilità e, di conseguenza, l’intero corso del processo.

Quando una minaccia diventa ‘aggravata’ e procedibile d’ufficio?
Diventa aggravata e procedibile d’ufficio, tra gli altri casi, quando è commessa con l’uso di un’arma, sia essa propria (come una pistola) o impropria (qualunque oggetto usato per offendere, come un ammortizzatore in acciaio).

Un oggetto di uso comune può essere considerato un’arma ai fini della legge?
Sì. Secondo la sentenza, un oggetto come un ammortizzatore, se brandito con l’intento di colpire, è qualificato come ‘strumento atto ad offendere’ e quindi considerato un’arma ai fini dell’applicazione dell’aggravante del reato di minaccia.

Se la vittima di una minaccia aggravata dall’uso di un’arma ritira la querela, il procedimento penale si ferma?
No. La sentenza chiarisce che la minaccia aggravata dall’uso di armi è un reato procedibile d’ufficio. Ciò significa che lo Stato persegue il reato indipendentemente dalla volontà della vittima, e la remissione della querela è giuridicamente inefficace e non estingue il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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