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Minaccia a pubblico ufficiale: quando si configura il reato

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di appello che aveva derubricato il reato di minaccia a pubblico ufficiale a minaccia semplice. Il caso riguardava un detenuto che aveva minacciato un agente penitenziario. La Suprema Corte ha chiarito che, per configurare il reato più grave, è fondamentale accertare il nesso teleologico, ovvero che la minaccia fosse finalizzata a costringere il pubblico ufficiale a compiere o omettere un atto del proprio ufficio. La motivazione della corte di merito è stata giudicata illogica per non aver adeguatamente analizzato tale collegamento.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Minaccia a Pubblico Ufficiale: La Sottile Linea tra Reato e Semplice Minaccia

Quando un’espressione minacciosa rivolta a un agente di polizia diventa reato di minaccia a pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 336 del codice penale? La risposta non è sempre scontata e dipende da un elemento cruciale: il fine della condotta. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha annullato una decisione di merito, riaffermando la necessità di un’analisi rigorosa del cosiddetto ‘nesso teleologico’ tra la minaccia e la funzione pubblica esercitata.

I Fatti del Caso: Minacce in Carcere

Il caso ha origine all’interno di un istituto penitenziario. Due agenti della polizia penitenziaria, durante lo svolgimento del loro servizio, stavano procedendo a far entrare un nuovo detenuto in una cella già occupata. L’occupante della cella reagiva aggredendo verbalmente gli agenti con espressioni ingiuriose e, in particolare, rivolgendo a uno di essi una chiara minaccia: «…io ti conosco, quando esco da qua ti vengo a trovare; dai, apri la cella che vediamo cosa sai fare».

Inizialmente condannato per il reato di cui all’art. 336 c.p., l’imputato vedeva la sua posizione modificata in appello. La Corte territoriale, infatti, aveva riqualificato il fatto in minaccia semplice, dichiarando poi il non doversi procedere per mancanza della necessaria querela.

Il Percorso Giudiziario e l’Errata Valutazione in Appello

La Corte d’appello aveva motivato la sua decisione sostenendo che mancasse un collegamento finalistico tra la minaccia proferita dal detenuto e l’atto d’ufficio che gli agenti stavano compiendo (il trasferimento di un altro carcerato). Secondo i giudici di secondo grado, la condotta dell’imputato era stata una mera reazione verbale, slegata dalla volontà di interferire con l’operato dei pubblici ufficiali. Questa interpretazione, tuttavia, è stata ritenuta viziata dal Procuratore Generale, che ha proposto ricorso in Cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione.

L’Importanza del Nesso Teleologico nella Minaccia a Pubblico Ufficiale

Il punto centrale della questione giuridica risiede nella corretta interpretazione dell’art. 336 del codice penale. Questo reato non punisce qualsiasi minaccia rivolta a un pubblico ufficiale, ma solo quella specificamente finalizzata a costringerlo a compiere un atto contrario ai propri doveri o a omettere un atto del suo ufficio. È questo il ‘nesso teleologico’ che deve essere provato.

La Corte di Cassazione ha evidenziato come la sentenza d’appello avesse operato una lettura frammentaria delle prove, sganciando in modo illogico la minaccia dall’atto d’ufficio in corso. La motivazione era carente su un punto fondamentale: non spiegava se l’aggressione verbale fosse avvenuta per interferire con il trasferimento del nuovo detenuto o se tale operazione si fosse, invece, già conclusa.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, ritenendo la motivazione della sentenza impugnata illogica e omissiva. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la Corte d’Appello non ha chiarito perché la condotta minacciosa fosse stata una semplice reazione e non, piuttosto, un tentativo di ostacolare l’attività degli agenti. Per distinguere tra il reato di minaccia a pubblico ufficiale e quello di minaccia semplice (eventualmente aggravata dalla qualità della persona offesa), è indispensabile comprendere se il comportamento aggressivo fosse diretto a incidere sulla funzione pubblica. La sentenza di merito non ha fornito gli elementi per comprendere se l’azione dell’imputato avesse questa finalità specifica o se costituisse solo un’espressione di volgarità e atteggiamento genericamente minaccioso, privo di una finalizzazione concreta.

Le Conclusioni: Annullamento con Rinvio

Sulla base di queste argomentazioni, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata. Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte di appello di Catanzaro per un nuovo giudizio. I nuovi giudici avranno il compito di colmare le lacune motivazionali evidenziate, analizzando in modo approfondito il contesto dei fatti per stabilire se esistesse o meno quel nesso finalistico che qualifica la condotta come minaccia a pubblico ufficiale. La decisione riafferma un principio fondamentale: la valutazione di un reato deve basarsi su un’analisi completa e logica di tutti gli elementi fattuali, senza omissioni che possano compromettere la corretta applicazione della legge.

Quando una minaccia a un agente penitenziario configura il reato di minaccia a pubblico ufficiale?
Configura il reato previsto dall’art. 336 c.p. quando la minaccia è specificamente finalizzata a costringere l’agente a compiere un atto contrario ai propri doveri o a omettere un atto del suo ufficio. È necessario dimostrare questo collegamento finalistico (nesso teleologico).

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di appello in questo caso?
La Cassazione ha annullato la sentenza perché la motivazione era illogica e omissiva. La Corte d’appello non aveva spiegato in modo convincente perché la minaccia del detenuto fosse slegata dall’atto d’ufficio in corso, né aveva chiarito se tale atto fosse già concluso o ancora in svolgimento.

Qual è la differenza tra minaccia a pubblico ufficiale e minaccia semplice aggravata?
La minaccia a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.) richiede l’intento specifico di interferire con la funzione pubblica. La minaccia semplice, anche se aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale della vittima, è un’intimidazione generica che non ha questo scopo specifico e, a differenza della prima, è procedibile solo a seguito di querela della persona offesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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