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Minaccia a pubblico ufficiale: quando il ricorso è nullo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due ristoratori condannati per il reato di minaccia a pubblico ufficiale. I ricorrenti contestavano la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, ma la Corte ha ribadito che tali questioni, definite ‘doglianze di fatto’, non possono essere esaminate in sede di legittimità. La decisione conferma anche il diniego delle attenuanti generiche e della causa di non punibilità per tenuità del fatto, data la gravità e la durata della condotta aggressiva tenuta nei confronti degli agenti durante un controllo.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Minaccia a Pubblico Ufficiale: la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso Basato su Fatti

Affrontare un procedimento penale è un percorso complesso, e comprendere i limiti di ogni grado di giudizio è fondamentale. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre uno spunto prezioso sul reato di minaccia a pubblico ufficiale e, soprattutto, sui motivi per cui un ricorso può essere dichiarato inammissibile. Il caso analizzato riguarda la condanna di due persone per comportamenti aggressivi e minacciosi tenuti verso le forze dell’ordine durante un controllo. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, non entrando nel merito dei fatti, ma sottolineando un principio cardine del nostro sistema processuale.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine durante un accertamento da parte delle autorità presso un’attività di ristorazione. I due gestori, un uomo e una donna, reagivano al controllo in modo aggressivo e violento. La condotta, protrattasi per oltre tre ore, includeva l’uso di espressioni volgari, minacce dirette agli operatori e gesti violenti. In particolare, la donna lanciava un piatto di ceramica in direzione di un agente e strappava una cartelletta dalle mani di un altro. L’uomo, dal canto suo, rivolgeva minacce agli agenti intenti a verificare la tracciabilità di alcuni prodotti.
A seguito di questi eventi, entrambi venivano condannati nei primi due gradi di giudizio per il reato di violenza e minaccia a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 336 del codice penale.

La Decisione della Corte e la minaccia a pubblico ufficiale

Giunti dinanzi alla Corte di Cassazione, i due imputati hanno proposto ricorso, contestando principalmente due aspetti: l’idoneità della loro condotta a configurare il reato e l’elemento psicologico. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili.
La decisione si fonda su un principio cruciale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che il suo compito non è quello di ricostruire nuovamente i fatti o di offrire una valutazione delle prove alternativa a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo ruolo è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e priva di vizi.
Le contestazioni dei ricorrenti sono state qualificate come ‘mere doglianze in punto di fatto’, ovvero tentativi di rimettere in discussione l’accaduto, attività preclusa in sede di legittimità.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile

La Corte ha spiegato in modo chiaro perché i motivi del ricorso fossero infondati. I giudici hanno sottolineato che le argomentazioni degli imputati si basavano su una ‘alternativa valutazione delle risultanze di prova’, in particolare delle dichiarazioni rese dagli agenti verbalizzanti. Questo tipo di contestazione non è ammissibile in Cassazione.
Inoltre, l’ordinanza ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello anche su altri due punti cruciali:

1. Esclusione della Causa di Non Punibilità (art. 131-bis c.p.): La richiesta di applicare l’istituto della ‘particolare tenuità del fatto’ è stata respinta. La gravità della condotta – protrattasi per oltre tre ore e rivolta a più agenti – è stata considerata ostativa a un giudizio di minore gravità.
2. Diniego delle Attenuanti Generiche: Anche il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è stato ritenuto correttamente motivato. Per la donna, ha pesato la violenza concreta delle sue azioni (il lancio del piatto e lo strappo della cartellina). Per l’uomo, sono stati determinanti i suoi precedenti penali.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque si approcci a un ricorso per Cassazione: è inutile e controproducente tentare di far rivalutare i fatti. Il ricorso deve concentrarsi esclusivamente su vizi di legge o difetti logici della motivazione. Insistere su una diversa lettura delle prove porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Tale esito comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per i ricorrenti di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna al pagamento di tremila euro.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare i fatti o fornire una diversa valutazione delle prove. Le contestazioni devono riguardare errori di diritto o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto nel caso di minaccia a pubblico ufficiale?
Non è stata applicata perché la condotta è stata ritenuta grave. Le modalità, come la durata di oltre tre ore e il fatto che fosse rivolta contro più agenti, sono state considerate ostative alla configurazione di un’offesa di ‘particolare tenuità’.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna definitiva del ricorrente, il quale è inoltre tenuto a pagare le spese processuali e una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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