Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20056 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20056 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso Corte di appello di Perugia nel procedimento a carico di:
NOME, nato a Sesto San NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/02/2023 della Corte di appello di Perugia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore di NOME, che ha chiesto il rigetto o l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO di Perugia impugna la sentenza della Corte di appello di Perugia con cui, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Spoleto, previa riqualificazione della contestata condotta di violenza o minaccia a pubblico ufficiale in quella di cui all’art. 612, secondo comma, cod. pen., ha assolto NOME COGNOME perché il fatto non è punibile per la particolare tenuità del fatto.
A fronte di una contestata ipotesi di violenza o minaccia a pubblico ufficiale ex art. 336 cod. pen., a mente della quale il COGNOME si sarebbe reso responsabile di minacce il 17 novembre 2016 nei confronti di NOME COGNOME, impiegata dell’Ufficio Anagrafe RAGIONE_SOCIALE Comune di Gualdo Cattaneo, incaricata della notifica di una atto, la Corte di appello aveva ritenuto che, in assenza di competenze attribuite alla dipendente in ordine alla notifica di un atto, la condotta del COGNOME che aveva certamente minacciato la COGNOME, integrasse l’ipotesi di minaccia aggravata e, ritenendo il fatto di scarsa offensività, ha applicato la causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen..
Avverso la citata decisione il AVV_NOTAIO ricorrente deduce due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si deducono vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in ordine alla riqualificazione del delitto di violen pubblico ufficiale ex art. 336 cod. pen. in quello di minacce aggravate.
Si osserva come l’intervenuta riqualificazione della condotta nella differente ipotesi di reato, in ordine alla quale è intervenuta sentenza di assoluzione ex art. 131-bis cod. pen., non terrebbe conto del precedente episodio verificatosi il 14 novembre 2016, occasione in cui la messa notificatrice NOME COGNOME, nel tentativo di notificare l’atto a NOME COGNOME, ebbe a subire minacce dal medesimo; proprio la degenerazione della vicenda aveva spinto la COGNOME a richiedere l’intervento del tenente NOME COGNOME che, preoccupatosi della condotta del NOME, aveva interloquito con costui recandosi nell’ufficio della messa notificatrice.
La mancata valutazione unitaria dei due episodi, idonei a far emergere come la complessiva condotta del NOME fosse finalizzata ad impedire la notifica dell’atto, non ha consentito alla Corte di appello di qualificare i fatti del 17 novembre 2016 ex art. 336 cod. pen..
Qualora l’iniziativa della COGNOMECOGNOME COGNOME aveva chiamato il COGNOME COGNOME andasse in ufficio (presso il quale svolgeva la sua attività lavorativa quale addetto alle pulizie), al fine di fargli compilare un “atto di rifiuto di ricevere la notific previa telefonata con cui lo si invitava alla calma, fosse stata correttamente apprezzata, si sarebbe esclusa l’ipotizzata attività di intermediazione a titolo d cortesia, invece dell’effettiva attività rientrante in quella d’ufficio in qu delegatale dalla messa notificatrice.
Integra – assume il AVV_NOTAIO ricorrente – il vizio di travisamento della prova, in quanto introduce un inesistente elemento ritenuto rilevante, la condivisa versione resa dalla COGNOME, che aveva riferito di aver compiuto un atto di cortesia, in contrasto con le dichiarazioni rese dalla messa notificatrice che aveva riferito dell’incarico delegato alla dipendente dell’Ufficio Anagrafe.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in ordine all’esclusa minaccia indiretta e tramite ter nei confronti del pubblico ufficiale.
Poiché è indubbio, a prescindere dalla regolarità formale, che alla COGNOME fosse stata richiesta la collaborazione nell’attività di notifica da parte della RAGIONE_SOCIALE pur non essendo delegabile detta attività ex art. 1, comma 160 I. n. 296/2006, la Corte di appello non ha ritenuto che la minaccia rivolta alla dipendente comunale fosse finalizzata a raggiungere la messa notificatrice che aveva tentato, invano, la esecuzione della notifica dell’atto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, in quanto manifestamente infondato e teso a diversamente ricostruire il fatto che, in tal modo risulta difforme con la specifica contestazione deve essere dichiarato inammissibile.
La Corte di appello, analizzando la vicenda che aveva ritenuto l’imputato, sulla base della decisione di primo grado, responsabile del delitto di cui all’art. 336 cod. pen. per aver minacciato la dipendente dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Gualdo Cattaneo, NOME COGNOME, a cui sarebbe stato intimato di non notificare un atto a lui destinato, rilevava come detta minaccia non fosse attinente alla funzione o servizio svolti dalla citata dipendente che, invero, si era adoperata solo perché compulsata dalla messa notificatrice (NOME COGNOME), a contattare il NOME COGNOME si facesse notificare l’atto.
Proprio tale elemento ha impedito di ipotizzare che la minaccia rivolta alla dipendente comunale addetta all’Ufficio Anagrafe, che aveva assunto un mero ruolo di mediazione richiestole da NOME COGNOME, fosse funzionale a costringere la prima a compiere un atto contrario al proprio ufficio o ad omettere un atto dell’ufficio.
A fronte di motivazione giuridicamente corretta e conforme al principio di diritto di questa Corte di legittimità che statuisce come, ai fini della configurabil del reato di minaccia a pubblico ufficiale di cui all’art. 336 cod. pen., le azio intimidatorie devono essere atte ad ostacolare l’esercizio del complesso di competenze e funzioni del pubblico ufficiale (quanto ad ambito delle funzioni, cfr. Sez. 6, n. 14883 del 09/02/2017, Marotta, Rv. 269380), manifestamente infondato si rivela il ricorso che vorrebbe far discendere effetti sulla decisione dall prospettata omessa valutazione di fatti avvenuti alcuni giorni prima, nei confronti di altro soggetto, non ricompresi nella contestazione.
In tale direzione va l’evocata vicenda che avrebbe GLYPH riguardato in prima persona NOME COGNOME, messa notificatrice, che tre giorni prima sarebbe stata minacciata dal NOME e che – si afferma – assegnerebbe al fatto contestato una valenza unitaria non presa in esame dalla Corte di appello.
L’affermazione non considera la precisa contestazione del fatto di reato, su cui è stato calibrato il giudizio di merito, che fa riferimento ed individua la persona offesa direttamente attinta dalle minacce nella dipendente comunale in servizio all’Ufficio Anagrafe del Comune, NOME COGNOME, che, come ammesso dallo stesso AVV_NOTAIO ricorrente, ai sensi dell’art. 1, comma 160, I. n. 296 del 2006, non poteva essere destinataria di alcuna delega da parte della messa notificatrice che, invero, non può, in detta attività, farsi sostituire o rappresentare da alcuno.
Nessun errore, pertanto, vi è stato da parte della Corte di appello, che – si assume – non avrebbe preso in considerazione i fatti avvenuti alcuni giorni prima e che hanno riguardato NOME COGNOME che era stata minacciata dal COGNOME che gli intimava di non notificargli l’atto; la vicenda in questione risulta estranea e distante rispetto alla precisa contestazione che imputava al COGNOME di aver minacciato la COGNOME intimandole di non notificare un atto che, invero, la medesima non era funzionalmente competente ad effettuare neppure attraverso una specifica delega o incarico, non consentito dalla legge.
Né alcun effetto riverbera sulla citata valutazione il dedotto contrasto – che si afferma sia stato travisato – tra le dichiarazioni della messa notificatrice, che aveva dichiarato di aver delegato la COGNOME, e quella di COGNOME, che aveva invece parlato di un’opera di mediazione svolta su richiesta del messo: sia che si voglia credere all’una o all’altra versione, rimane incontestato il fatto che, da un canto, l COGNOME non avrebbe potuto eseguire la notifica in ordine alla quale subiva la minaccia, dall’altro, la condotta violenta e minacciosa posta in essere nei confronti della messa notificatrice NOME COGNOME risulta estranea al perimetro della contestazione ed allo stesso processo che ha riguardato distinta vicenda.
3. Il tentativo di spostare l’attenzione su una vicenda estranea al perimetro della contestazione sotto ogni profilo (dato cronologico e persona offesa), ma ancor più, il tentativo di porre rimedio ad una imputazione che risulta inconferente rispetto all’astratta condotta di minaccia e violenza a pubblico ufficiale ex art. 336 cod. pen., ricondotta dalla Corte di appello ad ipotesi di minaccia aggravata (evidentemente ex art. 612, secondo comma, cod. pen.), fa ritenere manifestamente infondata anche la dedotta violazione di legge che si sarebbe realizzata attraverso l’omesso apprezzamento di una minaccia indirettamente rivolta al soggetto qualificato (messa notificatrice) attraverso la condotta minacciosa attuata ai danni della dipendente dell’Ufficio Anagrafe.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 18/04/2024.