Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6261 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6261 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Piacenza nel procedimento a carico di NOME COGNOME, nato in Bosnia Erzegovina il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 04/09/2023 dal Tribunale di Piacenza;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della decisione; lette le conclusioni del difensore dell’indagato, AVV_NOTAIO, che ha visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Piacenza impugna l’ordinanza del medesimo Tribunale del 4 settembre scorso, che non ha convalidato l’arresto del cittadino bosniaco NOME COGNOME per il delitto di resistenza a pubblico
ufficiale, a lui addebitato per aver minacciato alcuni carabinieri con un coltello, brandendolo al loro indirizzo e dicendo loro: «voglio andare in carcere, o ci pensate voi o vi devo fare del male».
Il giudice ha giustificato la sua decisione, ravvisando nei fatti gli estremi non della resistenza a pubblico ufficiale, bensì della minaccia aggravata, ai sensi degli artt. 612 e 61, n. 10), cod. pen., per la quale non è consentito l’arresto in flagranza.
Secondo l’ordinanza, al momento della minaccia non risultava in corso, da parte dei militari, un’attività d’ufficio, essendo costoro impegnati soltanto a tentare bonariamente di dissuadere l’indagato dai manifestati propositi aggressivi, in attesa dell’intervento del personale sanitario, richiesto dagli stessi carabinieri; costui, dunque, non avrebbe agito allo scopo di impedire od ostacolare un atto del loro ufficio, né per costringerli ad ometterlo, bensì, semmai, per indurli a compiere un atto conforme ai loro doveri.
Tale ragionamento, secondo l’autorità ricorrente, sarebbe viziato da violazione di legge e manifesta illogicità, perché: a) indiscussa è la formulazione di una minaccia, peraltro con l’ostensione di un coltello per un tempo non breve e con intenti non puramente dimostrativi; b) nella prima fase del loro intervento, poiché chiamati dallo stesso COGNOME per un’accesa lite ch’egli riferiva di aver avuto con una terza persona ignota, i militari stavano verificando l’esistenza di fatti di possibile rilevanza penale, essendo perciò impegnati in un’attività d’ufficio; c) non si comprende quale sia l’atto conforme ai doveri d’ufficio che costui avrebbe intimato ai carabinieri di compiere, tale non potendo certo ritenersi il proprio arresto, in assenza, da un canto, dell’accertamento della lite ed in presenza, invece, secondo lo stesso giudice, di un reato – quello di minaccia – che non avrebbe consentito un tale provvedimento; d) la condotta minacciosa dell’indagato ha comunque condizionato l’attività di quei pubblici ufficiali, influendo sull’esercizio dei relativi poteri discrezionali.
Ha depositato requisitoria scritta il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, concludendo per l’annullamento della decisione, con rinvio al giudice di merito per nuovo giudizio.
Ha depositato conclusioni scritte la difesa dell’indagato, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorso è fondato.
Indiscussa la minaccia, erra il giudice nel ritenere che non fosse in corso un’attività d’ufficio da parte dei carabinieri, essendo questi ultimi intervenuti sul posto a sèguito della segnalazione di un fatto astrattamente suscettibile di rilievo penale, e quindi nell’esercizio dell’attività tipicamente affidata loro dall’art. 55, cod. proc. pen..
Non v’è dubbio, comunque, che, in quanto proveniente da un oggetto in stato di grave alterazione psicologica e commessa mediante un oggetto atto all’offesa, la minaccia fosse idonea ad influire sulle determinazioni dei pubblici ufficiali, oltre che espressamente diretta a tal fine, nel senso di indurli a tradurlo in carcere e non a disporne un trattamento sanitario. Ne discende che, quand’anche si fosse voluta escludere la contestualità di essa con il compimento di un atto dell’ufficio da parte dei carabinieri, la condotta del COGNOME avrebbe integrato la fattispecie della minaccia a pubblico ufficiale: la quale – a norma dell’art. 381, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. – consente l’arresto facoltativo in flagranza anche nell’ipotesi del secondo comma dell’art. 336, cod. pen., quella, cioè, del fatto commesso anche soltanto per condizionare l’operato dell’agente pubblico. Ipotesi, questa, del tutto preternnessa dal provvedimento impugnato.
Il ricorso merita, dunque, di essere accolto.
Dal che conseguono l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e la declaratoria di legittimità dell’arresto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dichiara legittimo l’arresto. Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2024.