Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25377 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25377 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CROTONE il 06/03/1989
avverso l’ordinanza del 30/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CATANZARO
visti gli atti, letto il provvedimento impugnato e i ricorsi degli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME e la memoria;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni di cui alla requisitoria del Pubblico ministero nella persona della Sostituta P.G. NOME
Ricorsi trattati in camera di consiglio con rito cartolare.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo dei difensori di fiducia e con due distinte impugnazioni, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro del 30/12/2024, con la quale è stata confermata la misura cautelare del divieto di dimora nel comune di Isola Capo Rizzuto, emessa dal Gip del Tribunale di Crotone, in ordine ad un’ipotesi di tentata estorsione aggravata dall’uso di arma impropria (un bastone).
Ricorso dell’avv. NOME COGNOME
2.1. Omessa e/o illogicità della motivazione con riguardo ai motivi depositati ex art. 309 cod. proc. pen. e riferiti all’inattendibilità della persona offesa NOME COGNOME e del teste citato a conferma COGNOME COGNOME segnalandosi le discrasie quanto al contenuto delle frasi pronunciate dalla ricorrente e alla data in cui sarebbe avvenuto il fatto. Peraltro, si evidenzia come i due soggetti che ricoprivano posizioni di rilievo nelle società direttamente coinvolte nella gestione del Villaggio, da cui dipendevano anche la locazione degli spazi destinati agli eventi – i quali pure avevano riferito di avere appreso dalla persona offesa delle minacce che avrebbe subito in quei luoghi da COGNOME Antonio – nulla, invece, avevano dichiarato a proposito di episodi che avessero riguardato la ricorrente. Tanto si sottolinea a dimostrazione dell’illogicità della motivazione, considerato che il COGNOME, se fosse stato effettivamente intimorito dalle minacce della ricorrente, si sarebbe profuso, come nell’altra occasione, nel comunicarlo ai
2.2. Erronea applicazione della legge penale con riguardo alla qualificazione giuridica del fatto, sul rilievo dell’assenza di idoneità intimidatoria della frase che la ricorrente avrebbe pronunciato “tu te ne devi andare da qua questa è casa mia”, priva sia di coercizione che da condizionare la possibilità di autodeterminazione della persona offesa al fine di indurla a desistere dal continuare ad organizzare eventi nel Villagio di Baia degli Dei.
2.3. Erronea applicazione della legge penale e omessa motivazione con riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari del pericolo di reiterazione e di inquinamento probatorio.
Si lamenta che il pericolo era stato fatto discendere dalla gravità dei fatti per come complessivamente riferiti ai diversi indagati, al cospetto, invece, del dato che la ricorrente è accusata di un solo ed isolato episodio presuntivamente commesso tra aprile e maggio 2024. Da qui anche, in assenza di altri comportamenti, l’assenza dell’attualità del pericolo di reiterazione. Si deduce, infine, la natura meramente assertiva del pericolo di inquinamento probatorio, privo dell’indicazione di alcun elemento fattuale di sostegno.
2.4. Omessa motivazione con riguardo alle ragioni relative al termine di
deposito dell’ordinanza impugnata, laconicamente indicate in 45 giorni, senza addurre alcuna argomentazione a fronte di un’unica posizione non complessa, con conseguente nullità dell’ordinanza impugnata e perdita di efficacia della misura.
Ricorso dell’avv. NOME COGNOME
3.1. Con il primo motivo si denuncia la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla direzione finalistica della condotta, ovvero della volontà della ricorrente di costringere il COGNOME, con la condotta asseritamente minacciosa, ad non organizzare più alcun evento presso la sala ricevimenti della struttura “INDIRIZZO“, affinché potesse operare indisturbata e in via esclusiva, tenuto conto che la stessa persona offesa si era espressa in termini presuntivi e i soggetti titolari degli spazi del Villagio Baia degli Dei altre fonti di prova (Casuscelli e Romani) non avevano fornito elementi decisivi per ricondurre a detta causale il fine ultimo perseguito dall’indagata. Né la condotta della ricorrente poteva ritenersi riconducibile al disegno perseguito dal COGNOME NOME, posto che i comportamenti minacciosi di quest’ultimo si erano verificati in un contesto temporale differente e non coinvolgono la ricorrente. Con la conseguenza che difettava, in conclusione, il requisito dell’ingiusto profitto (organizzare eventi al posto del Maiolo) che deve caratterizzare la condotta estorsiva.
3.2. Con il secondo motivo si lamenta il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. Il Tribunale del riesame aveva assolto all’obbligo di motivazione ricorrendo ad una mera formula di stile, a fronte, peraltro, di un fatto estemporaneo e circoscritto nella sua dinamica commerciale in relazione al quale era dunque necessario indicare le ragioni per le quali si possa concretamente ritenere altamente probabile la reiterazione del reato, ossia che l’occasione dei contatti commerciali con la p.o. possa ripetersi.
La P.G. presso questa Corte (NOME COGNOME, con requisitoria del 15 maggio 2025, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Con memoria del 30/05/2025, la difesa dell’indagata (avv. COGNOME nel replicare alla requisitoria della P.G., ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi – che possono trattarsi unitariamente anche in ragione della natura omogena delle censure – sono inammissibili.
Secondo la ricostruzione in fatto che si ricava dall’ordinanza impugnata, COGNOME NOME, amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE è stato vittima di
reiterate minacce estorsive provenienti da diversi appartenenti della famiglia COGNOME (NOME, NOME e NOME) che si sono susseguite in un periodo compreso tra aprile e ottobre 2024, volte a costringere la p.o. a non organizzare più eventi presso il Villagio “INDIRIZZO” di Isola Capo Rizzuto, così da consentire alla famiglia COGNOME di operare, come fatto in passato, in via esclusiva presso la struttura con altre società ad essi riconducibili.
Peraltro, con riguardo alla posizione di COGNOME Antonio, si è anche precisato che la minaccia estorsiva fu inizialmente destinata a costringere la p.o. a versare il 20% dell’incasso degli eventi che organizzava all’interno della suddetta struttura.
Le estorsioni sono state tutte contestate nella forma tentata agli appartenenti alla famiglia COGNOME in relazione ai diversi segmenti temporali che li hanno visti coinvolti e per i quali sono state elevate distinte imputazioni: COGNOME NOME risponde in concorso con COGNOME NOME in relazione all’episodio del 4 ottobre 2014; COGNOME NOME risponde singolarmente per un episodio verificatosi tra aprile e maggio 2024; COGNOME NOME risponde singolarmente per diversi episodi accaduti il 25 maggio 2024, il 17 luglio 2024 e, in concorso con NOME, il 4 ottobre 2024.
3. Benché si sia al cospetto di differenti contestazioni, tanto il Gip che il Tribunale del riesame hanno ricondotto le minacce di cui è stato reiteratamente destinatario il COGNOME all’unitario interesse della famiglia COGNOME a rientrare in possesso dell’esclusiva relativa all’organizzazione di eventi in quel del Villagio Baia degli Dei che avevano perduto in conseguenza del fallimento delle loro società, seppur al COGNOME NOME è contestato anche il tentativo – avente carattere alternativo ma sempre volto a costringere la p.o. ad una corresponsione non dovuta – di ottenere una percentuale sugli incassi dell’attività commerciale ivi svolta.
In tale disegno si colloca, secondo i giudici della cautela, la condotta della ricorrente. La circostanza che le minacce profferite dall’indagata all’indirizzo del COGNOME avessero la finalità di organizzare eventi al posto di quest’ultimo lo si è ricavato dal fatto che la COGNOME è indicata come titolare di una società idonea ad organizzare tali iniziative, che avesse inoltrato a nome di tale società la richiesta per poter organizzare eventi all’interno della struttura ricettiva (v. pagg. 7-8 non numerate dal Tribunale), che la famiglia COGNOME aveva in passato esercitato in quel luogo attività di impresa e che ai COGNOME era stata data la possibilità di organizzare eventi a far data dai mesi di febbraio/marzo 2024, così entrando in rotta di collisione con la programmazione già intrapresa dalla società del RAGIONE_SOCIALE. Del resto, se si ha riguardo al contenuto delle minacce di volta in volta rivolte contro la persona offesa e contestate a ciascuno dei ricorrenti se ne ricava un comune determinatore, ossia quello di allontanare in via definitiva la società del
COGNOME, così potendo riconquistare gli spazi in passato ricoperti. E sul punto, va anche sottolineato che, sulla scorta della ricostruzione che emerge dall’ordinanza impugnata, non si è al cospetto di una lite volta a conseguire con la violenza e/o minaccia una regolamentazione commerciale di pretese che si ritengono più o meno legittime, bensì di estromettere del tutto il COGNOME, pena ritorsioni dirette alla persona, dalla gestione di spazi affidati alla sua società. Sul punto, infatti, è lo stesso Gip a precisare che il COGNOME operava all’interno della struttura in virtù di regolare contratto stipulato con la “RAGIONE_SOCIALE” e gli indagati non avevano alcun titolo non solo per avanzare richieste di denaro, seppur in termini di percentuale rispetto a quanto incassato dal COGNOME, ovvero per intimargli di non organizzare più eventi presso la predetta struttura, al fine di acquisire una posizione di esclusiva pure esclusa dalla stessa possibilità che era stata riconosciuta dai gestori alla società della COGNOME COGNOME Da qui l’estorsione tentata.
Così individuata la direzione finalistica della condotta dell’indagata, l’idoneità della minaccia si coglie tutta dalle sue modalità. Il Maiolo riferisce che l’intimazione ad andarsene non è stata rivolta solo expressis verbis, ma è stata preceduta brandendo un bastone. Nessuna incertezza o plausibilità rispetto al movente si ricava, poi, dalle sue denunzie, considerato che sono legate all’attività commerciale espletata all’interno del Villaggio (v. pag. 4 dell’ordinanza impugnata). Del resto, anche coloro che hanno assistito ai fatti ovvero riferito delle preoccupazioni o lamentele ricevute dalla persona offesa hanno comunque posto l’accento sul tema di fondo che caratterizza la contestata estorsione, ossia l’interesse della famiglia COGNOME a vedersi assegnati nuovamente all’interno del Villagio spazi commerciali che erano stati, successivamente al fallimento delle loro aziende, occupati con esclusività dal Maiolo.
5. Il fatto, poi, che il teste di riferimento abbia riferito, nel collocare l’accaduto, una data differente di quella affermata dalla persona offesa (un mese prima), non si rivela decisivo ai fini della contraddittorietà della motivazione in ordine al giudizio di attendibilità della persona offesa, che risulta essere stato condotto alla luce degli altri elementi di conferma, anche di carattere documentale e logico, che il Tribunale del riesame ha passato puntualmente in rassegna.
La circostanza, infine, che il COGNOME non abbia messo al corrente i titolari della struttura dell’accaduto relativo alle minacce della ricorrente, a differenza di quella subite da COGNOME Antonio, non determina alcun vizio della motivazione in punto di credibilità cautelare della persona offesa, in quanto se si ha riguardo anche ai differenti capi di imputazione elevati, l’episodio che riguarda la ricorrente si colloca per primo, con la conseguenza che non affatto manifestamente illogico è che il COGNOME si sia in tale direzione determinato allorché le minacce divennero ripetute.
Il secondo motivo in ordine alle esigenze cautelari è inammissibile.
Nessun decisivo rilievo assume, ai fini dell’esclusione dell’attualità delle esigenze cautelari di cui alla lettera c) dell’art. 274 cod. proc. pen., il fatto che l’unico episodio attribuito alla ricorrente sia datato nell’aprile o maggio 2024.
Invero, a parte l’assenza di uno iato temporalmente apprezzabile rispetto al momenti di adozione dell’ordinanza genetica, la Corte di legittimità ha più volte affermato che, in tema di misure coercitive, l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e la concretezza delle condotte criminose, onde il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso in cui esse siano risalenti nel tempo, ove persistano atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato (Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, Rv. 267785 – 01).
Quanto, poi, all’ulteriore esigenza cautelare di cui alla lettera a) dell’art. 274 cod. proc. pen. ostativa, a pena di nullità ex art. 292, comma 3-bis cod. proc. pen., al contraddittorio anticipato con l’indagata, dalla lettura dell’ordinanza impugnata risulta che il pericolo su cui è stata fondata detta esigenza cautelare è stato ricavato dal riferimento alla possibilità che la ricorrente, in assenza di presidio cautelare, possa avvicinare il COGNOME per costringerlo a ritirare le sue dichiarazioni. E tanto si è ricavato dalla circostanza che il COGNOME, nonostante sia stato sentito più volte, non ha inteso sporgere denunzia, quale comportamento sintomatico dell’esistenza di un metus nutrito in conseguenza della sottoposizione a reiterate minacce che, seppur ascrivibili iure proprio a ciascun membro della famiglia COGNOME, sono unite dall’unico disegno di spossessamento della persona offesa dal Villagio in cui esercita in modo esclusivo la sua attività commerciale.
Si è dunque richiamato un dato di fatto non manifestamente illogico a sostegno del pericolo evocato, in sintonia con l’orientamento di legittimità secondo cui, in tema di misure cautelari personali, la valutazione del pericolo di inquinamento probatorio può essere effettuata con riferimento sia alle prove da acquisire, sia alle fonti di prova già acquisite, a nulla rilevando lo stato avanzato delle indagini o la loro conclusione, in quanto l’esigenza di salvaguardare la genuinità della prova non si esaurisce all’atto della chiusura delle indagini preliminari, specie nel caso in cui il pericolo sia stato in concreto correlato alla protezione delle fonti dichiarative, in vista della loro assunzione dibattimentale. (Sez. 2, n. 3135 del 09/12/2022, dep. 2023, Forte, Rv. 284052 – 01. Conf.: Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, Rv. 199396-01).
Manifestamente infondato è anche l’ultimo motivo di ricorso, non confrontandosi la ricorrente con l’orientamento consolidato di legittimità secondo
cui in tema di riesame, il tribunale che per la stesura della motivazione di un’ordinanza di misura cautelare di tipo coercitivo adotti un termine superiore ai
trenta giorni a norma dell’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., ha solo l’onere di indicarlo nel dispositivo, senza necessità di particolari formule che diano atto della
scelta effettuata in relazione alla particolare complessità della motivazione (Sez.
6, n. 11737 del 31/01/2024, I, Rv. 286203 – 01; Sez. 1, n. 11166 del 22/12/2015, dep. 2016, Pardo, Rv. 266211 – 01).
4. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso, 1’11 giugno 2025.