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Mezzo fraudolento e furto: la Cassazione chiarisce

Tre donne vengono condannate per furto aggravato in un’area di servizio. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32068/2024, conferma la loro responsabilità penale ma esclude l’aggravante del mezzo fraudolento furto. La Corte chiarisce che il semplice occultamento della merce in una borsa non integra tale aggravante, che richiede un’azione più astuta e insidiosa. Il caso viene rinviato alla Corte d’Appello per la sola rideterminazione della pena.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mezzo fraudolento furto: Quando nascondere la merce non basta

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 32068 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande interesse pratico: la configurabilità dell’aggravante del mezzo fraudolento furto nei casi di taccheggio. La pronuncia offre importanti chiarimenti, stabilendo che il semplice occultamento della merce in una borsa non è sufficiente per applicare un aumento di pena, essendo necessario un quid pluris in termini di astuzia e scaltrezza.

I fatti del processo: un furto in area di servizio

Il caso trae origine dalla condanna, confermata in appello, di tre donne per il reato di furto aggravato. Le imputate erano state sorprese dopo aver sottratto merce dagli scaffali di un esercizio commerciale self-service situato in un’area di servizio, nascondendola all’interno delle proprie borse. Le aggravanti contestate erano due: l’esposizione della merce alla pubblica fede e, appunto, l’uso di un mezzo fraudolento.

I motivi del ricorso in Cassazione

Le imputate, tramite il loro difensore, hanno presentato ricorso per Cassazione affidandosi a tre motivi principali:
1. Vizio di notifica: una delle ricorrenti lamentava la nullità della sentenza d’appello per omessa notifica del decreto di citazione presso il domicilio dichiarato.
2. Errata qualificazione del reato: si contestava la condanna per furto anziché per ricettazione e l’utilizzabilità della testimonianza di un agente di P.G. che aveva sentito le donne parlare del furto.
3. Insussistenza dell’aggravante del mezzo fraudolento: si sosteneva che nascondere la merce in una borsa non costituisse un’azione fraudolenta ai sensi di legge.

Le motivazioni della Corte: focus sul mezzo fraudolento furto

La Suprema Corte ha rigettato i primi due motivi di ricorso ma ha accolto il terzo, offrendo un’analisi dettagliata e dirimente sulla nozione di frode nel reato di furto.

La questione della notifica: una nullità non assoluta

Sul primo punto, i giudici hanno chiarito che la notifica al difensore di fiducia, anziché al domicilio eletto dall’imputata, non integra una nullità assoluta e insanabile, bensì una nullità a regime intermedio. Tale vizio, per essere rilevante, deve aver concretamente impedito all’imputato di conoscere l’atto, pregiudicando il suo diritto di difesa. Nel caso di specie, la difesa è stata regolarmente esercitata dal legale di fiducia, e la ricorrente non ha fornito prova di un reale pregiudizio.

L’aggravante del mezzo fraudolento furto: non basta nascondere la merce

Il cuore della decisione risiede nell’accoglimento del terzo motivo. La Cassazione, richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite (in particolare la sentenza ‘Sciuscio’ n. 40354/2013), ha ribadito che l’aggravante del mezzo fraudolento furto richiede una condotta dotata di marcata efficienza offensiva, caratterizzata da insidiosità, astuzia e scaltrezza. Deve trattarsi di un’azione idonea a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure di sorveglianza.

Il semplice occultamento della merce in una borsa o sulla persona, in un esercizio self-service, non possiede queste caratteristiche. Si tratta di un accorgimento banale e ordinario, privo di quella particolare ingegnosità che la norma intende punire più severamente. La frode, per essere tale, deve concretizzarsi in uno stratagemma che vada oltre la mera sottrazione e che eluda attivamente la vigilanza (ad esempio, l’uso di borse schermate, la rimozione di placche antitaccheggio con strumenti appositi, o la dissimulazione della propria identità).

Le conclusioni: annullamento con rinvio per la pena

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente all’aggravante del mezzo fraudolento, escludendola. Di conseguenza, ha rinviato il caso ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Napoli per la sola rideterminazione del trattamento sanzionatorio, che dovrà essere ricalcolato al netto dell’aggravante eliminata. La responsabilità delle imputate per il reato di furto è, invece, divenuta definitiva. Questa sentenza consolida un principio di garanzia, evitando un’applicazione eccessivamente estensiva di un’aggravante che deve rimanere confinata a condotte di particolare scaltrezza.

Quando il semplice occultamento di merce in una borsa costituisce l’aggravante del mezzo fraudolento nel furto?
Secondo la Corte di Cassazione, il semplice occultamento non è di per sé sufficiente a integrare l’aggravante del mezzo fraudolento. È necessaria un’azione aggiuntiva, caratterizzata da astuzia o scaltrezza, idonea a sorprendere la volontà del detentore e a vanificare le sue difese.

Una notifica errata all’imputato causa sempre la nullità assoluta della sentenza?
No. La sentenza chiarisce che una notifica effettuata in un luogo diverso da quello eletto (in questo caso, al difensore di fiducia anziché al domicilio eletto in appello) integra una nullità a regime intermedio. Per diventare assoluta, deve risultare che tale errore abbia concretamente impedito all’imputato di conoscere l’atto, cosa che nel caso di specie non è stata provata.

La testimonianza di un agente di polizia che ha sentito per caso una conversazione tra gli imputati è utilizzabile in processo?
Sì. La Corte ha ritenuto tale testimonianza pienamente utilizzabile. Il divieto di testimoniare sulle dichiarazioni rese dall’imputato (art. 62 c.p.p.) si applica solo alle dichiarazioni rese “nel corso del procedimento” a soggetti istituzionali. Una conversazione privata, ascoltata casualmente fuori da un contesto procedimentale, è considerata un fatto storico che il teste può legittimamente riferire.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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