Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15181 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15181 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 357/2025
Relatore –
UP – 18/03/2025
R.G.N. 1651/2025
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CAMPAGNA il 13/07/1971 COGNOMENOME nato a SALERNO il 29/05/1977
avverso la sentenza del 06/12/2024 della CORTE d’APPELLO di SALERNO Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Salerno, con la sentenza emessa il 6 dicembre 2024, ha confermato quella del Tribunale salernitano, che aveva accertato la responsabilità penale di NOME COGNOME e NOME COGNOME , in ordine al delitto previsto dall’ art. 611 , aggravato dall’art. 416 -bis 1 cod. pen., in danno di NOME COGNOME, consumato in data 7 marzo 2016.
La sentenza di primo grado dichiarava il non doversi procedere quanto al delitto di sequestro di persona per difetto di querela, a seguito delle modifiche alla
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 208fd89dbf9eae42 – Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 340242aac01b804f
Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 24db4a81d8f2880d
procedibilità apportate dal d.lgs. 150 del 2022, nonché per il delitto di minaccia, a seguito della esclusione del l’aggravante speciale citata . Dichiarava, altresì, insussistente il delitto di intralcio alla giustizia.
Quanto alla residua condotta di cui all’art. 611 cod. pen., aggravata come indicato e contestata al capo b), gli imputati erano accusati di aver agito in più persone riunite, usando violenza e minaccia – consistente nel privare COGNOME Cosimo della libertà personale per un apprezzabile lasso di tempo costringendolo a salire sull’auto, e conducendolo contro la sua volontà fuori dal centro abitato, in località isolata e montuosa del comune di Campagna, ove lo attendevano altre due persone non identificate, che con marcato accento partenopeo lo minacciavano dicendogli: “se non ritratti nei confronti di NOME queste dichiarazioni ti tagliamo le gambe, ti sfondiamo la testa ti facciamo saltare in aria il cervello, ti facciamo camminare sulla sedia a rotelle” . Agli imputati veniva contestato l’ avere con più azioni costretto la persona offesa «a ritrattare le dichiarazioni rese nell’ambito del proc. pen. 10288/14 mod. 21» e «a denunciare falsamente il comandante della Stazione di Campagna, che aveva redatto gli atti, di aver verbalizzato false dichiarazioni».
Quanto all’aggravante del metodo mafioso, la stessa veniva ritenuta per essersi gli imputati avvalsi «delle condizioni di cui all’articolo 416bis 1 cod. pen. e più precisamente facendo leva sulla forza di intimidazione e sulla condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, originata dalla riconosciuta caratura criminale di COGNOME già condannato nell’anno 2007 per il delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, e di Cerrone NOME, sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari nell’ambito del procedimento 16133/11/21 per il delitto di tentato omicidio, poi derubricato in quello di lesioni volontarie con l’uso di arma da fuoco, in danno di Corsano Mauro, avvenuto in Campagna il 29.2.2012, ed essendo entrambi già indagati nell’anno 2014 per il delitto di associazione a delinquere di stampo camorristico finalizzata al compimento di una pluralità di delitti di estorsione aggravata consumata e tentata e di danneggiamento seguito da incendio con l’aggravante del metodo mafioso proprio nell’ambito del procedimento 12208/14/21 (posizioni definite in udienza preliminare con sentenza di non doversi procedere)».
I ricorsi per cassazione sono proposti da ll’avvocato NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME, nonché dall’avvocato NOME COGNOME nell’interesse di entrambi gli imputati. I relativi motivi saranno enunciati a seguire nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il ricorso proposto dall’avvocato COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME, è articolato in quattro motivi.
3.1 Il primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto utilizzabili i contenuti delle intercettazioni, pur a fronte della doglianza della difesa di inesistenza dei decreti autorizzativi delle intercettazioni.
Lamentano i ricorrenti che tali decreti non esistono né nel fascicolo delle indagini preliminari né nel fascicolo del dibattimento, cosicché la motivazione impugnata sul punto è apparente.
3.2 Il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 192 cod. proc. pen.
Il motivo deduce l’inutilizzabilità delle intercettazioni e la natura reticente delle dichiarazioni di COGNOME.
3.3 Il terzo motivo denuncia i medesimi vizi già prospettati con riferimento all ”assurdo motivazionale’ relativo al contesto camorristico indicato dalla Corte di appello.
3.4 Il quarto motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle circostanze attenuanti generiche, non risultando offerta alcuna motivazio ne in ordine al diniego dell’attenuazione della pena, senza confrontarsi la sentenza impugnata con l’atto di appello.
Il ricorso nell’interesse del solo NOME COGNOME, proposto dall’avvocato NOME COGNOME è articolato in un unico motivo, che lamenta violazione di legge in relazione all’art. 416 -bis 1 cod. pen. e vizio di motivazione.
La Corte di appello, in modo illogico, avrebbe sostenuto che l’aggravante sia motivata dalle condotte di sequestro di persona con conduzione della vittima in luogo isolato in montagna e con altre due persone. Osserva la difesa che il dato è in contraddizione con il proscioglimento per difetto di querela dai reati di sequestro di persona e di minaccia, per i quali l’aggravante a effetto speciale è stata esclusa. Inoltre, i precedenti penali del COGNOME non risulterebbero logicamente adeguati a comprovare il metodo mafioso, tanto più che la persona offesa a sua volta è pregiudicata.
I ricorsi sono stati trattati senza l’intervento delle parti, ai sensi del rinnovato art. 611 cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022 e successive integrazioni.
6. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria e conclusioni scritte con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Il primo e il secondo motivo del ricorso dell’avv. COGNOME risultano proporre motivi non consentiti, oltre che manifestamente infondati.
Indubbia è la circostanza che le intercettazioni siano state svolte nel presente procedimento, per quanto emerge dal fol. 62 della sentenza di primo grado, che rende conto di come le captazioni siano seguite alle informazioni confidenziali rese dalla persona offesa ai Carabinieri. Proprio tali informazioni determinarono gli investigatori , all’insaputa della vittima, alle intercettazioni in occasione della sua convocazione in caserma.
I ricorrenti, a fronte della corretta valutazione della Corte di appello, quanto alla circostanza che i decreti di intercettazione non devono essere contenuti nel fascicolo per il dibattimento, replicano con il ricorso che la deduzione d’appello non era stata compresa dal Collegio territoriale, in quanto con la stessa si lamentava l’ inesistenza assoluta dei decreti, non solo l’ assenza degli stessi dal fascicolo per il dibattimento.
A riguardo, però, deve richiamarsi il consolidato e autorevole principio per cui non compete alla Corte di cassazione, in mancanza di specifiche deduzioni, verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti del procedimento che non appaiano manifeste, in quanto implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente. (Sez. Un., n. 39061 del 16/07/2009 – dep. 08/10/2009, COGNOME, Rv. 244328). Infatti, nel caso in cui una parte deduca il verificarsi di cause di nullità o inutilizzabilità collegate ad atti non rinvenibili nel fascicolo processuale (perché appartenenti ad altro procedimento o anche – qualora si proceda con le forme del dibattimento – al fascicolo del pubblico ministero), al generale onere di precisa indicazione che incombe su chi solleva l’eccezione si accompagna l’ulteriore onere di formale produzione delle risultanze documentali – positive o negative – addotte a fondamento del vizio processuale. (Sez. Un., n. 39061 del 16/07/2009 – dep. 08/10/2009, COGNOME, Rv. 244329).
Tale principio, dunque, onera i ricorrenti in questa Sede dell’ allegazione della prova della inesistenza delle autorizzazioni nel fascicolo del pubblico ministero,
anche a mezzo attestazioni di segreteria, onere non adempiuto e che rende non consentita la doglianza mossa con i primi due motivi in esame.
Ad ogni buon conto, deve osservarsi come questa Corte, vertendosi in tema di error in procedendo nella forma della dedotta inutilizzabilità, accedendo agli atti, come richiesto da Sez. U. 31 ottobre 2001, Policastro, Rv. 220092, ha verificato l’assoluta infonda tezza della doglianza difensiva. Infatti, nel fascicolo della misura cautelare risulta sia dall’indice , che dal compact disk in atti (cfr. copia del cd. Tiap) che i provvedimenti autorizzativi delle intercettazioni sono contenuti nella cartella n. 18395 Tiap che, fra l’altro, contiene il decreto genetico n. 127/2016 Rit emesso dal G.i.p. il 2 aprile 2016 e depositato il 4 aprile 2016.
Pertanto, l’esistenza dei provvedimenti autorizzativi risulta pienamente comprovata e sono manifestamente infondati, oltre che non consentiti, i motivi qui in esame.
Quanto al secondo motivo, lo stesso registra una caduta di comprensibilità argomentativa, derivante verosimilmente dalla mancanza di almeno una pagina. Ciò emerge dall’esame del ricorso in originale, come pure da quello trasmesso, su richiesta di questa Corte, nuovamente dalla Corte di appello di Salerno in data 14 marzo 2025.
Quanto ai profili comprensibili del motivo, quello relativo alla inutilizzabilità trova risposta in quanto evidenziato a proposito del primo motivo. In ordine alla doglianza di reticenza del COGNOME, la stessa è assolutamente generica.
Il motivo, come formulato, non è quindi consentito.
Il terzo motivo del ricorso dell’avv ocato COGNOME e il motivo unico del ricorso dell’avvocato COGNOME attinenti all’aggravante speciale, vanno trattati congiuntamente.
La Corte di appello, con motivazione non manifestamente illogica e corretta, evidenzia come le modalità della minaccia per indurre a commettere il reato siano state quelle «di un vero e proprio sequestro di persona, con conduzione della vittima in luoghi isolati, in montagna, e con l’intervento di altre due persone non conosciute, tutti elementi, soprattutto quest’ultimo evocativi agli occhi della vittima … di contesti camorristici o comunque di criminalità organizzata’.
L’argomentazione spesa non è affetta da vizi logici e per altro va letta congiuntamente ai principi richiamati nella sentenza di primo grado, allorquando si affermava correttamente che non è necessario, perché sia integrato il metodo mafioso, che sussista la prova del l’esistenza della associazione mafiosa.
Le doglianze difensive sono sul punto reiterative e non si confrontano con gli argomenti spesi dalle sentenze di merito. Inoltre, sono in parte aspecifiche,
quando si concentrano sui precedenti penali degli imputati, non richiamati dalla motivazione impugnata.
Diversamente, la sentenza impugnata fa riferimento alle modalità della condotta (sequestro di persona e minaccia ad opera di due persone sconosciute in luogo isolato), in modo non manifestamente illogico ritenute evocative dell’esistenza di una organizzazione criminale, anche esterna a quel contesto territoriale, che spalleggiava gli attuali imputati.
Tale motivazione è in linea con il principio per cui la contestazione dell’aggravante dell’utilizzazione del “metodo mafioso”, prevista dall’art. 416 -bis 1 cod. pen. – e in precedenza dall’art. 7, d.l. 13 maggio 1991, n. 152 (conv. in legge 12 luglio 1991, n. 203) – non presuppone necessariamente un’associazione di tipo mafioso costituita, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia assumano veste tipicamente mafiosa (Sez. 2, Sentenza n. 36431 del 02/07/2019, Bruzzese, Rv. 277033).
Nel caso che qui interessa la condotta – di sequestro di persona operata in danno della vittima, con il trasferimento in luogo isolato e al cospetto di due sconosciuti, che minacciavano la persona offesa nei termini indicati – senza manifesta illogicità e in sintonia con i principi in materia è stata ritenuta integrare dalla Corte di appello un comportamento oggettivamente idoneo ad esercitare sulla vittima del reato la particolare coartazione psicologica evocata dalla norma menzionata (cfr. fra le altre, Sez. 2, Sentenza n. 45321 del 14/10/2015, COGNOME, Rv. 264900).
Anche la deduzione di contraddittorietà fra l’esclusione dell’aggravante per la condotta di minaccia e la ritenuta sussistenza per il delitto ex art. 611 cod. pen. -è aspecifica, perché non si confronta con la sentenza di primo grado.
Infatti, il metodo mafioso veniva escluso, in ossequio alla natura oggettiva della aggravante in esame, in forza della corretta valutazione per la quale le condotte devono apparire mafiose in sé, il che non avveniva in quei casi, in quanto invece gli incontri furono occasionali e prevaleva un risentimento di tipo personale.
Manifestamente infondata è la doglianza sul diverso trattamento fra il delitto di sequestro di persona quello previsto dall’art. 611 cod. pen. Infatti, l’aggravante contestata non ha impedito la dichiarazione di non doversi procedere in ordine al delitto di sequestro di persona, in quanto il comma quinto dell’art. 416 -bis 1 cod. pen. – che prevede che per i delitti aggravati dal metodo mafioso si procede sempre di ufficio – è stato introdotto tardivamente rispetto alla riforma Cartabia. Difatti l’art. 605, comma quinto, che prevede la procedibilità a querela per il sequestro di persona, è entrato in vigore il 30 dicembre 2022, introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. d) d.lgs. 150 del 2022. Solo con l’art. 1, comma 2 della l. 60 del 24 maggio 2023 è stata introdotta la procedibilità di ufficio per i reati aggravati
dal metodo mafioso. Pertanto, correttamente è stata applicata la legge penale più favorevole, in vigore medio tempore fra le due riforme.
Il che non vale per il delitto ex art. 611 cod. pen.
Q uanto al quarto motivo del ricorso dell’avv ocato COGNOME, il diniego delle circostanze attenuanti generiche è correttamente motivato rispetto a un motivo di appello che faceva riferimento al comportamento processuale, ritenuto ‘anodino’ dalla Corte di appello. Dunque generica era già la deduzione di appello sul punto, il che è rilevabile anche da questa Corte di legittimità (cfr. Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME Rv. 268823).
D’altro canto, lo stesso mo tivo del presente ricorso lamenta genericamente motivazione apparente, senza argomentare e confrontarsi in ordine alla affermazione della irrilevanza del comportamento processuale.
Ne consegue la natura non consentita del motivo.
Pertanto, vanno dichiarati inammissibili i ricorsi e condannati i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18/03/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME