Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9046 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9046 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/07/2023 del TRIB. LIBERTA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
1(1e/sentite le conclusioni del COGNOME NOME COGNOME
Il P.G. conclude chiedendo il RIGETTO dei ricorsi.
udito il difensore
AVV_NOTAIO‘avvocato COGNOME del foro di NAPOLI in difesa di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME conclude riportandosi ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale della libertà di Napoli, investito delle richieste di riesame ex art.309 cod. proc. pen. proposte dagli indagati, ha confermato le ordinanze del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città emesse il 7 ed il 14 luglio 2023, con le quali era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in quanto gravemente indiziati dei delitti (commessi in concorso tra loro) di tentato omicidio, detenzione e porto in luogo pubblico di un’arma comune da sparo, tutti aggravati ai sensi dell’art.416bis.l. cod. pen., commessi in Napoli il giorno 29 settembre 2022.
1.1. La vicenda che ha origiNOME il presente procedimento è stata ricostruita nei seguenti termini. Intorno alle ore 19:00 del 29 settembre 2022 presso l’ospedale Pellegrini di Napoli si erano presentati separatamente i fratelli NOME COGNOME (classe DATA_NASCITA, soggetto diverso dall’omonimo indagato) e NOME COGNOME, entrambi con ferite multiple da arma da taglio al torace.
In particolare, NOME presentava alla regione sternale ‘ferite da punta e taglio emitorace dx parete anteriore ed arto superiore sx’, mentre NOME presentava ‘ferite lacero contuse emilato dx del petto’. Il secondo veniva dimesso dopo pochi giorni con prognosi di 21 giorni, mentre per il primo la prognosi era riservata e si rendeva necessario trasferirlo presso il reparto di chirurgia toracica dell’ospedale del Mare di Napoli.
1.2. Dagli accertamenti effettuati dalla polizia giudiziaria emergeva che i feriti annoveravano vari precedenti di polizia e che erano figli di NOME COGNOME, affiliato da anni al RAGIONE_SOCIALE egemone in vari quartieri della città di Napoli; inoltre, si accertava che il ferimento dei due era avvenuto in INDIRIZZO (una delle zone in cui agisce il predetto sodalizio criminoso) dove, intorno alle ore 18:50 della stessa giornata vi era stata una rissa originata da un contrasto tra alcune donne, nel corso della quale erano poi intervenuti degli uomini di cui uno armato di pistola, di modo che poi la rissa aveva coinvolto una decina di individui. Stante la reticenza di NOME COGNOME (l’unico sentito dagli investigatori viste le condizioni di salute del fratello), il quale aveva dichiarato d non conoscere chi lo avesse accoltellato, e tenuto conto dello spessore criminale dei due feriti e della loro famiglia, gli inquirenti avevano acquisito le immagini
degli impianti di videosorveglianza esistenti sul luogo della rissa ed avevano disposto intercettazioni nella stanza di ospedale dove era ricoverato NOME COGNOME per captare le conversazioni (diffusamente riportate nell’ordinanza genetica) tra quest’ultimo ed i famigliari, gli amici ed il fratello NOME nelle more dimesso. Sin dalle prime intercettazioni era sato possibile accertare che entrambe le vittime conoscevano perfettamente – nonostante quanto dichiarato da NOME COGNOME – i loro aggressori, che venivano poi indentificati negli odierni indagati; inoltre, si apprendeva che la rissa era sorta a seguito dell’aggressione in danno della madre dei feriti (NOME COGNOME, supportata da NOME COGNOME suocera di NOME COGNOME) posta in essere da ‘NOME‘ armata con un matterello e da ‘NOME‘ (poi identificate in NOME COGNOME e NOME COGNOME), sorelle di NOME COGNOME e che ad essa avevano poi partecipato vari soggetti indicati per nome di battesimo, legati da vincoli di parentela con i feriti e che coincidevano proprio con gli attuali indagati.
1.3. Tali considerazioni avevano trovano conferma nella visione delle immagini tratte dagli impianti di videosorveglianza esistenti nella zona dove era avvenuto l’episodio per cui si procede, dalle quali era possibile accertare la presenza degli indagati sul luogo ed al momento dei fatti; in particolare, NOME COGNOME e NOME COGNOME erano giunti a bordo di uno scooter modello Honda SH e NOME COGNOME a bordo di un altro scooter dello stesso tipo, mentre NOME COGNOME (figlio di NOME COGNOME) era stato ripreso impugnare una pistola mentre assisteva alla fase iniziale della rissa tra le donne.
Anche le due vittime erano state riprese dalle telecamere e, una volta cessata la rissa tra le donne, era stato possibile notare i quattro indagati sopraggiungere a bordo dei due scooter e recarsi presso il luogo dove poi sarebbe avvenuto l’accoltellamento, che però non era stato ripreso dalle telecamere.
1.4. Altri elementi di carattere indiziario a carico degli indagati sono stati poi desunti dalle conversazioni intercettate e registrate in ospedale e nella sala attesa della Questura di Napoli, intercorse tra le persone offese ed alcuni loro parenti (tra cui la madre NOME COGNOME), nel corso delle quali,riferendosi ai loro aggressory predetti avevano indicato trattarsi di loro parenti aventi lo stesso cognome. Gli stessi indagati, d’altra parte, nel rendere dichiarazioni spontanee nel corso dei rispettivi interrogatori di garanzia non avevano negato di essere
intervenuti dopo la rissa tra le loro congiunte, specificando trattarsi di una disputa familiare e che loro non avevano alcun intento omicidiario.
1.5. Il Tribunale del riesame ha poi condiviso la valutazione operata dal Giudice per le indagini preliminari circa la configurabilità, nella fattispecie, del delitto di tentato omicidio (capo 1 della rubrica provvisoria) in considerazione delle concrete modalità dell’aggressione operata in danno dei due fratelli NOME, dell’arma usata e delle parti del corpo delle vittime attinte dai fendenti; inoltre, ha escluso che potesse sussistere la legittima difesa invocata dagli indagati, tenuto conto, in particolare, che i predetti si erano volontariamente recati sul luogo dove avevano litigato le loro parenti e che, quindi, armati di coltelli e di una pistola si erano diretti, con un chiaro intento aggressivo, verso coloro che ritenevano responsabili dell’azione in danno delle loro congiunte.
1.6. Gli indizi riguardanti il possesso della pistola (capo 2 della imputazione provvisoria) sono stati ricavati sia dalle immagini delle telecamere che avevano ritratto il COGNOME con il braccio destro disteso lungo il fianco, in posa tale da richiamare l’impugnazione di una pistola, sia sulla base di quanto dichiarato da persone informate dei fatti, le quali avevano riferito di avere visto un uomo che indossava una tuta di colore mero (come appunto NOME COGNOME) che impugnava una pistola con la canna rivolta verso il basso. Inoltre, dalle stesse conversazioni delle persone offese (oggetto di captazione) si ricavava la conferma del possesso di almeno un’arma da parte degli aggressori.
1.7. Il Tribunale della libertà, infine, ha condiviso il giudizio contenuto nella ordinanza genetica rispetto alla sussistenza dell’aggravante ex art.416-bis.1. cod. pen., desunta dal numero di persone coinvolte nell’aggressione, dal luogo dei fatti (rientrante in un’area soggetta all’egemonia del citato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), dal fatto che i partecipanti avevano agito a volto scoperto nonostante l’orario di punta e la presenza di numerose persone sul posto, dall’intenso traffico automobilistico al momento dei fatti, nonché dal tipo di armi adoperate nell’occasione.
Tali elementi, complessivamente valutati, a parere del giudice del riesame inducevano a ritenere che gli indagati intendevano porre in essere una vera e propria spedizione punitiva in modo plateale, rivendicando dinanzi agli astanti (già soggiogati dall’egemonia del citato sodalizio RAGIONE_SOCIALE) la paternità dell’azione; particolarmente significativa, al riguardo, è stata considerata
l’ostensione della pistola da parte di NOME COGNOME nell’occasione, per significare ai presenti di non immischiarsi, trattandosi di una questione che coinvolgeva i componenti di una famiglia legata ad ambienti della criminalità organizzata.
1.8. Infine, il Tribunale ha confermato anche il giudizio di adeguatezza della sola misura cautelare della custodia in carcere vista la estrema gravità delle condotte oggetto della imputazione provvisoria e la particolare pericolosità mostrata dagli indagati che non avevano esitato ad attentare alla vita di loro congiunti in un posto affollato ed in orario pomeridiano.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo p l’annullamento del provvedimento impugNOME.
2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., il vizio di motivazione mancante, contraddittoria ed illogica in ordine alla produzione documentale effettuata dalla difesa alla udienza del 27 luglio 2023, relativa alle fotografie ritraenti ferite da armi da taglio riportate dagl indagati NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME riprova della sussistenza della dedotta legittima difesa; il ricorrente osserva, al riguardo, che il Tribunale – dopo essersi riservato di decidere in ordine alla ammissibilità di tale produzione – non aveva sciolto tale riserva, non aveva dato atto nell’ordinanza di essa né tanto meno aveva motivato sul punto, incorrendo così in una nullità di ordine generale.
2.2. Con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt.110, 56 e 575 cod. pen. per avere ritenuto configurabile il delitto di tentato omicidio pur in assenza dei suoi elementi caratteristici e non avendo, comunque, il ricorrente mai aggredito le persone offese essendosi, al contrario, limitato a chiedere aiuto nel momento in cui aveva visto l’aggressione della madre.
2.3. Con il terzo deduce, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione ed erronea applicazione dell’art.416-bis.1. cod. pen. osservando che, come emerso dalle immagini degli impianti di videosorveglianza, dalle intercettazioni ambientali e dalle dichiarazioni rese dagli indagati in sede di
convalida, si era trattato di una rissa tra familiari e che, quindi, l’aggravante contestata non trovava alcun riscontro negli elementi indiziari.
Avverso la medesima ordinanza anche NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, hanno proposto ricorsi per cassazione affidati a tre motivi, insistendo per l’annullamento della stessa.
3.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., la violazione e falsa applicazione degli artt. 56 e 575 cod. pen. con riferimento agli artt. 192, 273 e 292 del codice di rito ed il relativo vizio di motivazione rispetto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il delitto di tentato omicidio oggetto della imputazione provvisoria. In sostanza, il Tribunale di Napoli avrebbe confermato la configurabilità del tentato omicidio nonostante la mancanza di gravi indizi sul punto in ordine alla idoneità ed univocità degli atti; inoltre, il giudice del riesame, pur avendo fatto riferimento ai colloqui captati in ospedale tra le vittime ed i loro familiari, non si sarebbe confrontato con i dati concreti da essi emergenti.
3.2. Con il secondo motivo deducono, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) c) ed e), cod. proc. pen., la violazione e falsa applicazione degli artt. 110 cod. pen., 10,12,14 1.497/74 in relazione agli artt.192, 273,292 del codice di rito ed il relativo vizio di motivazione rispetto alla sussistenza a loro carico dei gravi indizi di colpevolezza per la violazione della legge armi (concorso nella detenzione illegale e porto in luogo pubblico di una pistola non sequestrata, capo 2 della imputazione provvisoria). Al riguardo osservano che non vi sarebbero elementi indiziari in forza dei quali ritenere che essi avevano contezza della detenzione dell’arma da parte del coindagato NOME COGNOME.
Inoltre, il Tribunale non avrebbe spiegato le ragioni in base alle quali poteva ritenersi sussistente il loro concorso (almeno a titolo morale) nella condotta materialmente commessa dal citato indagato.
3.3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., la violazione e falsa applicazione dell’art.416bis.1. cod. pen. con riferimento agli artt. 192, 273 e 292 del codice di rito ed il relativo vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza rispetto alla aggravante del metodo mafioso. Al riguardo osservano
che la relativa motivazione adottata dal Tribunale sarebbe apodittica non essendo stato spiegato, in modo compiuto, perché l’intenzione degli indagati fosse quella di dimostrare all’esterno la capacità criminale del RAGIONE_SOCIALE; inoltre, la sussistenza dell’aggravante sarebbe stata desunta unicamente su circostanze di carattere ambientale, mentre l’aggravante in parola è configurabile solo nel caso di condotte che presentino un nesso eziologico immediato rispetto all’azione criminosa, in quanto logicamente funzionali alla più agevole ed immediata perpetrazione del crimine.
Infine nella udienza svoltasi in camera di consiglio, ai sensi dell’art.127 cod. proc. pen., le parti hanno concluso nei termini sopra riportati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, basati in parte su motivi infondati ed in parte inammissibili, devono essere respinti.
E’ opportuno ricordare, anzitutto, che in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limit che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828). Inoltre, al fine dell’adozione della misura cautelare, è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità” sulla responsabilità dell’indagato» in ordine ai reati addebitati. In altri termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’ar 192, comma 2, cod. proc. pen.
Ciò posto, il primo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME risulta infondato considerato che la memoria in questione era GLYPH stata depositata tardivamente, vale a dire oltre il termine di cinque giorni prima dell’udienza di cui all’art.127 cod. proc. pen.; inoltre, il ricorrente omette di indicare in modo
specifico la rilevanza rivestita da tale memoria (e di quanto ad essa allegato) ai fini del riconoscimento della invocata legittima difesa, tenuto conto delle argomentazioni sviluppate nell’ordinanza impugnata per escludere la sussistenza di tale scriminante.
Inoltre, va evidenziato che le censure relative alla sussistenza del tentato omicidio, sviluppate con tutte le impugnazioni oggetto del presente procedimento, risultano inammissibili poiché con esse i ricorrenti vorrebbero pervenire ad una differente lettura degli elementi indiziari rispetto a quella non manifestamente illogica del giudice del riesame sul punto.
Al riguardo deve ricordarsi che, come da questa Corte ripetutamente affermato (Sez. 1, n. 35006 del 18/04/2013, COGNOME, Rv. 257208; Sez. 1, n. 30466 del 07/07/2011, COGNOME, Rv. 251014; Sez. 1, n. 39293 del 23/09/2008, COGNOME, Rv. 241339), rispetto all’omicidio tentato la prova del c.d. ‘animus necandi’, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell’imputato, ha natura indiretta, dovendo essere desunta da elementi esterni e, in particolare, da quei dati della condotta che, per la loro non equivoca potenzialità offensiva, siano i più adatti ad esprimere il fine perseguito dall’agente; in quest’ottica assume valore determinante l’idoneità dell’azione, che va apprezzata in concreto, con una prognosi postuma riferita alla situazione che si presentava all’agente sul momento, in base alle condizioni umanamente prevedibili.
4.1. Da tale corretto approccio ermeneutico il Tribunale di Napoli non si è discostato . avendo ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza rispetto all’elemento psicologico contestato sulla base di elementi, quali la potenzialità offensiva dell’arma utilizzata (coltello), il numero dei fendenti, la loro direzione verso una zona sede di organi vitali quale è il torace, elementi tutti ineccepibilmente apprezzati nel ravvisato contesto di dolo omicidiario.
A ragione, infine, si è escluso che l’entità delle lesioni subite dalle persone offese – così come il fatto che queste non si siano trovate, in concreto, in pericolo di vita – fossero circostanze idonee ad influire sulla valutazione della volontà omicida (Cass. Sez. 1, n. 52043 del 10/6/2014, Vaghi, Rv. 261702).
4.2. Inoltre il Tribunale, sempre in modo non manifestamente illogico, ha escluso la legittima difesa, osservando che essa non può essere invocata da
parte di colui che abbia innescato o accettato un duello o una sfida, ovvero abbia attuato una spedizione punitiva nei confronti dei propri avversari, mancando, in tal caso, il requisito della convinzione – sia pure erronea – di dover agire per scopo difensivo. (tra le altre Cass. Sez. 1, Sentenza n. 37289 del 21/06/2018, Rv.273861). In particolare il giudice del riesame ha evidenziato che, come confermato dalle immagini tratte dai sistemi di videosorveglianza, i quattro indagati – una volta cessata la lite tra le donne – si erano diretti verso le persone offese ed avevano dato inizio all’aggressione culminata con il tentato omicidio, di talché ha correttamente escluso l’invocata legittima difesa.
Infondato risulta poi il motivo proposto con i ricorsi di NOME, NOME e NOME COGNOME riguardante il concorso nella detenzione illegale e nel porto in luogo pubblico dell’arma, materialmente impugnata dal COGNOME. Deve infatti rammentarsi che, in tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo, in quanto l’attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo, in tutte o alcune fasi di ideazione, organizzazione od esecuzione, alla realizzazione dell’altrui proposito criminoso, talché assume carattere decisivo l’unitarietà del “fatto collettivo” realizzato, che si verifica quando le condotte dei concorrenti risultino, alla fine, con giudizio di prognosi postumo, integrate in un unico obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli imputati, sicché è sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui (Sez. 2, n. 18745 del 15/1/2013, COGNOME e altri, Rv. 255260 – 01).
5.1. Quindi, per la configurabilità del concorso di persone nel reato è necessario che il concorrente abbia posto in essere un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato (Sez. 5 – , Sentenza n. 43569 del 21/06/2019, Rv. 276990 – 01).
5.2. Il Tribunale del riesame ha fatto corretta applicazione dei principi sopra enunciati, valorizzando coerentemente, nell’ambito ‘di un “fatto collettivo”
indubbiamente unitario (per la contestualità di tempo e di luogo, la simultanea presenza dei quattro indagati, l’unicità del movente sotteso alla volontà di aggredire le persone offese e nella ostentazione dell’arma da parte del COGNOME per scoraggiare l’intervento dei passanti mentre gli altri indagati consumavano il tentato omicidio), il contributo apportato dai tre ricorrenti nella detenzione dell’arma (materialmente impugnata da NOME COGNOME) oggetto della imputazione provvisoria, osservando che essi erano pervenuti assieme a bordo degli scooter sul luogo dove poi sarebbe avvenuto il tentato omicidio, una volta cessata la rissa fra le donne, rafforzando con la loro semplice presenza l’intento delittuoso del coindagato.
6. Infine, risultano infondati anche i motivi (comuni a tutti i ricorsi) riguardanti l’aggravante del metodo mafioso; invero, il Tribunale di Napoli, in puntuale applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, ha desunto gli elementi costitutivi dell’aggravante in parola non dalle ‘caratteristiche soggettive’ degli autori, ma piuttosto dalle modalità esecutive del tentato omicidio, reputandole concretamente idonee ad evocare la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso (Sez. 2, n.22096 del 03/07/2020, COGNOME, Rv. 279771-01; Sez. 2 n.22096 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 276109-01; Sez. 6, n.41772 del 13/06/2017, COGNOME, Rv. 271103; Sez. 1, n.5881 del 04/11/2011, dep. 2012, Giampà, Rv. 251830.01).
Come sopra esposto, il giudice del riesame ha confermato la contestata aggravata sulla base del numero di persone coinvolte nell’aggressione, del luogo dei fatti (rientrante in un’area soggetta all’egemonia del citato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, del fatto che i partecipanti avevano agito alla luce del sole ed a volto scoperto, nonostante sul posto fossero presenti numerose persone), del traffico intenso al momento dei fatti e delle armi adoperate; particolarmente significativa, al riguardo, è stata considerata l’ostensione della pistola da parte di NOME COGNOME, diretta a significare ai presenti di non immischiarsi, trattandosi di una questione che coinvolgeva i componenti di una famiglia legata ad ambienti della criminalità organizzata.
6.1. Come noto, ai fini della configurabilità dell’aggravante in parola, la forza di intimidazione non deve essere necessariamente indirizzata in via diretta sul soggetto passivo, poiché l’art.416-bis.1. cod. pen. nel descrivere l’aggravante del
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metodo mafioso, fa riferimento alla consumazione di reati ‘commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art.416-bis cod. pen.’ sicché è consequenziale ritenere che qualora essa riguardi reati la cui esecuzione prescinda del tutto dall’esercizio di forza di intimidazione indirizzata in via diretta sui soggetti passivi, possa essere integrata da altre condotte, desunte sempre dalle caratteristiche delle modalità esecutive, se funzionali ad una più agevole e sicura consumazione del reato in ragione del diretto immediato collegamento con la forza di intimidazione ordinariamente esercitata sul territorio dai gruppi mafiosi su consociati ed alla conseguenziale condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva.
Pertanto, deve ritenersi sussistente l’aggravante in questione se, come nel caso di specie, gli autori abbiamo consapevolmente sfruttato, ai fini della riuscita del loro intento delittuoso e della riduzione del rischio di essere scoperti, la soggezione delle persone presenti durante l’aggressione determinata, in via diretta ed immediata, proprio dall’evocazione dell’agire mafioso e del conseguente atteggiamento reticente e mafioso.
6.2. Pertanto i ricorrenti, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, suggeriscono una inammissibile lettura alternativa degli elementi indiziari coerentemente valutati dal Tribunale ai fini della conferma dell’aggravante in questione.
In conclusione i ricorsi devono essere respinti ed i ricorrenti vanno, pertanto, condannati al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen.; la cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art.94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2023.